La nuova disciplina della trasparenza (d.lgs. n. 33/2013, recentemente modificato dal d.lgs. n. 97/2016), al dichiarato fine di sottoporre a controllo l’utilizzo delle risorse pubbliche, assottiglia la distinzione tra società pubbliche e pubbliche amministrazioni, comportando nuove problematiche di coordinamento, aggravamento e duplicazione degli adempimenti in materia di pubblicità e trasparenza. Approfondito il principio di trasparenza ed esposta sinteticamente l’evoluzione normativa, saranno oggetto di esame l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina e la perimetrazione degli obblighi riferibili alle società partecipate dalla pubblica amministrazione, concentrandosi in particolare su due disposizioni specifiche (l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013, oggi abrogato e sostituito dall’art. 2bis, e l’art. 22 del cit. d.lgs.), esemplificative delle difficoltà riscontrabili dall’operatore del diritto nell’interpretare e, di conseguenza, nell’applicare una disciplina pensata in origine per le sole pubbliche amministrazioni e progressivamente estesa a realtà distinte, quali sono quelle societarie. L’indagine della normativa e dei suoi limiti sarà l’occasione per ampliare la visuale, attraverso l’approfondimento delle Linee Guida OECD – parametro oggettivo di riferimento a livello internazionale per garantire la corretta esplicazione dell’attività d’impresa, esercitata dalle state-owned companies –, per poi considerare criticamente la disciplina indagata, attraverso la lente dell’internal transparency. Partendo dall’esame di un’esperienza specifica (relativa a quattro diversi progetti di PPP in Olanda) sarà possibile evidenziare come l’internal transparency – quale circolazione delle informazioni a livello interno, tra l’ente pubblico proprietario/controllante e la società partecipata – sia in grado di agevolare le “dinamiche della conoscibilità” dell’attività dell’impresa anche all’esterno, nei confronti della collettività, senza appesantire l’ente societario di inutili e dispendiosi obblighi di external transparency. Obblighi che ad oggi non hanno esplicato in modo adeguato la loro efficacia, in considerazione dei limiti connessi alle disposizioni vigenti in materia di trasparenza ed all’attuale configurazione ancora molto debole del c.d. “controllo sociale”.

La nuova disciplina della trasparenza e le società pubbliche. Alcuni spunti di riflessione critica.

MATTIOLI, GIULIA
2017-01-01

Abstract

La nuova disciplina della trasparenza (d.lgs. n. 33/2013, recentemente modificato dal d.lgs. n. 97/2016), al dichiarato fine di sottoporre a controllo l’utilizzo delle risorse pubbliche, assottiglia la distinzione tra società pubbliche e pubbliche amministrazioni, comportando nuove problematiche di coordinamento, aggravamento e duplicazione degli adempimenti in materia di pubblicità e trasparenza. Approfondito il principio di trasparenza ed esposta sinteticamente l’evoluzione normativa, saranno oggetto di esame l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina e la perimetrazione degli obblighi riferibili alle società partecipate dalla pubblica amministrazione, concentrandosi in particolare su due disposizioni specifiche (l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013, oggi abrogato e sostituito dall’art. 2bis, e l’art. 22 del cit. d.lgs.), esemplificative delle difficoltà riscontrabili dall’operatore del diritto nell’interpretare e, di conseguenza, nell’applicare una disciplina pensata in origine per le sole pubbliche amministrazioni e progressivamente estesa a realtà distinte, quali sono quelle societarie. L’indagine della normativa e dei suoi limiti sarà l’occasione per ampliare la visuale, attraverso l’approfondimento delle Linee Guida OECD – parametro oggettivo di riferimento a livello internazionale per garantire la corretta esplicazione dell’attività d’impresa, esercitata dalle state-owned companies –, per poi considerare criticamente la disciplina indagata, attraverso la lente dell’internal transparency. Partendo dall’esame di un’esperienza specifica (relativa a quattro diversi progetti di PPP in Olanda) sarà possibile evidenziare come l’internal transparency – quale circolazione delle informazioni a livello interno, tra l’ente pubblico proprietario/controllante e la società partecipata – sia in grado di agevolare le “dinamiche della conoscibilità” dell’attività dell’impresa anche all’esterno, nei confronti della collettività, senza appesantire l’ente societario di inutili e dispendiosi obblighi di external transparency. Obblighi che ad oggi non hanno esplicato in modo adeguato la loro efficacia, in considerazione dei limiti connessi alle disposizioni vigenti in materia di trasparenza ed all’attuale configurazione ancora molto debole del c.d. “controllo sociale”.
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