Le opere di Saša Sokolov, dal successo de La scuola degli sciocchi (1976) all'ultimo esperimento ‘proetico’, passato piuttosto in sordina, Triptich (2011), sviluppano, ognuna a suo modo, la particolare linea poetica perseguita dall’autore. Sokolov, puntando a fare un'arte di pura lingua, una izjaščaja slovesnost', nella sua produzione ha continuativamente eroso il sjužet, lasciando davanti al lettore un magma indefinito di voci di narratori del tutto inaffidabili, immerse in atmosfere sospese. Tutta la narrazione sokoloviana si muove così per fermi immagine, fotogrammi, quadri, scattati, smontati e ricomposti, secondo la stessa tecnica cinematografica del montaggio di Sergej Ejzenštejn. La presente analisi intende sottolineare come anche il principio ekphrastico, impiegato nel secondo romanzo di Sokolov, Meždu sobakoj i volkom (1980) in relazione all'opera di Pieter Bruegel il Vecchio, risponda a tale poetica, accrescendo la pluridimensionalità del romanzo, già di per sé composito e caratterizzato da un generale senso di indeterminatezza. L'importanza funzionale della componente ekphrastica nel testo è doppiamente sottolineata dal titolo stesso di alcune sezioni dell'opera, Kartinki s vystavki (Quadri da una mostra). L'edizione «OGI» del 2014 è stata inoltre finemente accompagnata da illustrazioni artistiche realizzate da Galja Popova, che a loro volta giocano sul testo e ripropongono la complessità del quadro ‘proetico’ sokoloviano. L'ekphrasis, infine, assieme al principio di meta-scrittura, continuamente suggerito nei testi di Sokolov, approfondisce i livelli narrativi, universalizza la narrazione, e, non da ultimo, distrugge ogni pretesa tradizionale di suspension of disbelief.

Il principio ekphrastico nel quadro proetico di Saša Sokolov

Martina Napolitano
2018-01-01

Abstract

Le opere di Saša Sokolov, dal successo de La scuola degli sciocchi (1976) all'ultimo esperimento ‘proetico’, passato piuttosto in sordina, Triptich (2011), sviluppano, ognuna a suo modo, la particolare linea poetica perseguita dall’autore. Sokolov, puntando a fare un'arte di pura lingua, una izjaščaja slovesnost', nella sua produzione ha continuativamente eroso il sjužet, lasciando davanti al lettore un magma indefinito di voci di narratori del tutto inaffidabili, immerse in atmosfere sospese. Tutta la narrazione sokoloviana si muove così per fermi immagine, fotogrammi, quadri, scattati, smontati e ricomposti, secondo la stessa tecnica cinematografica del montaggio di Sergej Ejzenštejn. La presente analisi intende sottolineare come anche il principio ekphrastico, impiegato nel secondo romanzo di Sokolov, Meždu sobakoj i volkom (1980) in relazione all'opera di Pieter Bruegel il Vecchio, risponda a tale poetica, accrescendo la pluridimensionalità del romanzo, già di per sé composito e caratterizzato da un generale senso di indeterminatezza. L'importanza funzionale della componente ekphrastica nel testo è doppiamente sottolineata dal titolo stesso di alcune sezioni dell'opera, Kartinki s vystavki (Quadri da una mostra). L'edizione «OGI» del 2014 è stata inoltre finemente accompagnata da illustrazioni artistiche realizzate da Galja Popova, che a loro volta giocano sul testo e ripropongono la complessità del quadro ‘proetico’ sokoloviano. L'ekphrasis, infine, assieme al principio di meta-scrittura, continuamente suggerito nei testi di Sokolov, approfondisce i livelli narrativi, universalizza la narrazione, e, non da ultimo, distrugge ogni pretesa tradizionale di suspension of disbelief.
2018
978-88-3293-116-7
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