L’opera Il grano (“dipinto murale su intonaco applicato a masonite”, cm 249x434, Pinacoteca del Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona) viene realizzata da Pietro Gaudenzi nel 1940 per la seconda edizione del Premio Cremona istituito da Roberto Farinacci nel 1939, a seguito della necessità di rafforzare il mercato e le quotazioni d’arte attraverso mostre e premi che richiamassero i valori dell’ideologia fascista in campo artistico. I cartoni preparatori degli affreschi eseguiti da Gaudenzi a Rodi, raccolti nella recente mostra (2015) Pietro Gaudenzi: gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi [1], ritenuti l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano la Sala del pane e la Sala della famiglia del Castello - ricostruito dagli italiani dal 1936 al 1940 - evocano il trittico che vincerà il premio Cremona nel 1940. Diversamente dalle tecniche sperimentali che hanno caratterizzato molte delle opere del ritorno alla tradizione decorativa murale, Gaudenzi dipinge il trittico su un intonaco composto da un aggregato silicatico e calce. Il disegno è stato eseguito tramite incisioni dirette da cartoni preparatori, successivamente ripassate con un tratto bruno, i colori sono stati scelti tra quelli tradizionalmente usati per questo tipo di pittura, unitamente a pigmenti inorganici minerali sintetici in uso a partire dal XIX secolo. L’opera, realizzata su pannelli rigidi (masonite), risulta – sul fondo – impermeabile al vapore acqueo che, in situazioni di variazione dei parametri microclimatici ambientali e a causa delle frequenti movimentazioni del dipinto, provoca sollevamenti localizzati di forme tondeggianti (a bolla). La pellicola pittorica, resa leggermente plastica dalla vernice, si rigonfia distaccandosi dal supporto in quantità talvolta, estese. I conseguenti necessari interventi di manutenzione, mirati al consolidamento dei sollevamenti, risultano particolarmente complessi per l’impossibilità di intervenire dal retro: la necessità di attraversare il film protettivo e penetrare la pellicola pittorica in assenza di crettature ha evidenziato l’estrema fragilità sia del film pittorico che della materia sottostante. Lo studio presenta alcune metodologie di intervento utilizzate, nel tempo, per consolidare il trittico. La possibilità di poter analizzare alcuni microframmenti ha richiesto l’applicazione di una strategia analitica basata sull’uso di microscopi e microsonde. La successione degli strati tecnici è stata definita in microscopia ottica (OM) ed elettronica a scansione (SEM), su “cross section”. Le tessiture e la composizione chimica dei leganti e dei pigmenti dei singoli strati sono state determinate utilizzando un sistema di microanalisi in dispersione di energia (EDS) e in spettrofotometria FT-IR. Questi dati integrano le informazioni ottenute con le tecniche non invasive d’immagine (luminescenza UV, riflettografia IR e riprese IR in falso colore) e puntuali (XRF) realizzate in situ.

Il Grano di Pietro Gaudenzi. Stato di conservazione e problematiche di intervento

Cadetti A.;
2016-01-01

Abstract

L’opera Il grano (“dipinto murale su intonaco applicato a masonite”, cm 249x434, Pinacoteca del Museo Civico “Ala Ponzone” di Cremona) viene realizzata da Pietro Gaudenzi nel 1940 per la seconda edizione del Premio Cremona istituito da Roberto Farinacci nel 1939, a seguito della necessità di rafforzare il mercato e le quotazioni d’arte attraverso mostre e premi che richiamassero i valori dell’ideologia fascista in campo artistico. I cartoni preparatori degli affreschi eseguiti da Gaudenzi a Rodi, raccolti nella recente mostra (2015) Pietro Gaudenzi: gli affreschi perduti del Castello dei Cavalieri a Rodi [1], ritenuti l’ultima testimonianza rimasta delle pitture murali che occupavano la Sala del pane e la Sala della famiglia del Castello - ricostruito dagli italiani dal 1936 al 1940 - evocano il trittico che vincerà il premio Cremona nel 1940. Diversamente dalle tecniche sperimentali che hanno caratterizzato molte delle opere del ritorno alla tradizione decorativa murale, Gaudenzi dipinge il trittico su un intonaco composto da un aggregato silicatico e calce. Il disegno è stato eseguito tramite incisioni dirette da cartoni preparatori, successivamente ripassate con un tratto bruno, i colori sono stati scelti tra quelli tradizionalmente usati per questo tipo di pittura, unitamente a pigmenti inorganici minerali sintetici in uso a partire dal XIX secolo. L’opera, realizzata su pannelli rigidi (masonite), risulta – sul fondo – impermeabile al vapore acqueo che, in situazioni di variazione dei parametri microclimatici ambientali e a causa delle frequenti movimentazioni del dipinto, provoca sollevamenti localizzati di forme tondeggianti (a bolla). La pellicola pittorica, resa leggermente plastica dalla vernice, si rigonfia distaccandosi dal supporto in quantità talvolta, estese. I conseguenti necessari interventi di manutenzione, mirati al consolidamento dei sollevamenti, risultano particolarmente complessi per l’impossibilità di intervenire dal retro: la necessità di attraversare il film protettivo e penetrare la pellicola pittorica in assenza di crettature ha evidenziato l’estrema fragilità sia del film pittorico che della materia sottostante. Lo studio presenta alcune metodologie di intervento utilizzate, nel tempo, per consolidare il trittico. La possibilità di poter analizzare alcuni microframmenti ha richiesto l’applicazione di una strategia analitica basata sull’uso di microscopi e microsonde. La successione degli strati tecnici è stata definita in microscopia ottica (OM) ed elettronica a scansione (SEM), su “cross section”. Le tessiture e la composizione chimica dei leganti e dei pigmenti dei singoli strati sono state determinate utilizzando un sistema di microanalisi in dispersione di energia (EDS) e in spettrofotometria FT-IR. Questi dati integrano le informazioni ottenute con le tecniche non invasive d’immagine (luminescenza UV, riflettografia IR e riprese IR in falso colore) e puntuali (XRF) realizzate in situ.
2016
978-88-404-4458-1
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