L’intervento ricostruisce per quanto possibile la vicenda del recinto cimiteriale della Brigata Arezzo progettato dall’architetto futurista Antonio Sant’Elia nei giorni immediatamente precedenti la sua morte in battaglia nell’ottobre 1917. Dopo aver sinteticamente delineato il contesto culturale e normativo nel quale, sugli opposti fronti, si inserisce la realizzazione delle migliaia di luoghi di sepoltura allestiti durante il primo conflitto mondiale (e, come nel caso in questione, in massima parte dismessi negli anni seguenti), l’approfondimento sul recinto eretto all’interno di uno dei cimiteri di guerra di Monfalcone è basato sul reperimento di documentazione grafica inedita (alcuni schizzi di studio dell’architetto per il monumento posto al centro del recinto, che vanno ad aggiungersi all’unico finora noto, così come le planimetrie del recinto rilevate nel 1917/18 dal distaccamento dell’esercito austro-ungarico all’uopo preposto) e delle fotografie d’epoca, in parte inedite, disponibili. In questo modo è stato possibile fornire qualche ulteriore elemento alla ancora incompleta conoscenza della fase ideativa e dedurre un’idea abbastanza precisa di quanto effettivamente costruito. I rigorosi principi d’ordine geometrici riscontrabili negli schizzi di studio come nell’opera realizzata avvalorano l’ipotesi che l’ispirazione del giovane architetto, celebrato dalla retorica nazionalista del dopoguerra come l’iniziatore della “rivoluzione mondiale dell’architettura”, attinga, qui come in altri casi, più alla formazione accademica e all’influsso della Wagnerschule piuttosto che alle sue visionarie prefigurazioni della città futurista, a conferma di una ricerca progettuale che va sì oltre ogni nozione precostituita di stile, ma attraverso un percorso non lineare.

Cimiteri di guerra. L’ultima opera di Antonio Sant’Elia

Stefano Zagnoni
2018-01-01

Abstract

L’intervento ricostruisce per quanto possibile la vicenda del recinto cimiteriale della Brigata Arezzo progettato dall’architetto futurista Antonio Sant’Elia nei giorni immediatamente precedenti la sua morte in battaglia nell’ottobre 1917. Dopo aver sinteticamente delineato il contesto culturale e normativo nel quale, sugli opposti fronti, si inserisce la realizzazione delle migliaia di luoghi di sepoltura allestiti durante il primo conflitto mondiale (e, come nel caso in questione, in massima parte dismessi negli anni seguenti), l’approfondimento sul recinto eretto all’interno di uno dei cimiteri di guerra di Monfalcone è basato sul reperimento di documentazione grafica inedita (alcuni schizzi di studio dell’architetto per il monumento posto al centro del recinto, che vanno ad aggiungersi all’unico finora noto, così come le planimetrie del recinto rilevate nel 1917/18 dal distaccamento dell’esercito austro-ungarico all’uopo preposto) e delle fotografie d’epoca, in parte inedite, disponibili. In questo modo è stato possibile fornire qualche ulteriore elemento alla ancora incompleta conoscenza della fase ideativa e dedurre un’idea abbastanza precisa di quanto effettivamente costruito. I rigorosi principi d’ordine geometrici riscontrabili negli schizzi di studio come nell’opera realizzata avvalorano l’ipotesi che l’ispirazione del giovane architetto, celebrato dalla retorica nazionalista del dopoguerra come l’iniziatore della “rivoluzione mondiale dell’architettura”, attinga, qui come in altri casi, più alla formazione accademica e all’influsso della Wagnerschule piuttosto che alle sue visionarie prefigurazioni della città futurista, a conferma di una ricerca progettuale che va sì oltre ogni nozione precostituita di stile, ma attraverso un percorso non lineare.
2018
9788833380384
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1142788
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