Nato a Gorizia in una famiglia ebraica di origini tedesche, Alberto (Abram) Michelstaedter (1850-1929) interpretò in maniera esemplare il tipo dell’ebreo emancipato e addirittura assimilato, incarnando con animo generoso, laborioso e sobrio l’ideale borghese della Bildung e della rispettabilità. Ferventi spiriti liberali e patriottici trapelano dalla sua attività di giornalista e conferenziere, mentre la sua produzione poetica ne riflette la capacità di distacco ironico e il temperamento gioviale, saldo anche a fronte dei noti eventi luttuosi che coinvolsero il figli Gino e Carlo. Anche dai profili biografici post mortem traspare l’immagine di una personalità capace di coniugare l’arte e l’erudizione con il commercio e il lavoro assiduo. Per comprendere in modo approfondito la figura di Alberto Michelstaedter è dunque necessario prendere in esame sia le sue origini ebraiche, tanto cruciali quanto problematiche, sia i suoi sentimenti di italianità, presupposto per una reale integrazione culturale, sia la pratica della scrittura friulana, che costituisce un vero e proprio potenziamento dell’assimilazione, dal momento che nella Gorizia a cavallo fra i due secoli l’affermazione dell’identità friulana veniva strumentalizzata ai fini del nazionalismo italiano. Ma anche altri tratti sembrano avvicinare Alberto al tipo dell’intellettuale mitteleuropeo di stirpe ebraica. Se per un verso è stato colto il contrasto tra l’aspetto sereno, forte e positivo della sua maschera pubblica e le sofferenze nascoste nel groviglio della sua interiorità, non si è mai parlato della coesistenza in lui di due anime, forse in conflitto tra loro, sicuramente in ricerca di equilibrio: lo spirito contemplativo dell’intellettuale e lo spirito pratico dell’uomo d’affari. In questo dualismo, che il figlio ha percepito e ricondotto alla “rettorica” e alle convenzioni dei salotti borghesi, si può riconoscere non soltanto una più ampia crisi della figura dell’intellettuale, ma anche il tramonto di una precisa tradizione culturale che aveva saputo coniugare senza imbarazzo due ambiti apparentemente distanti, se non addirittura opposti.
Una vita «non eccezionale». L’ironia e la rettorica di Alberto Michelstaedter
ZANELLO G
2017-01-01
Abstract
Nato a Gorizia in una famiglia ebraica di origini tedesche, Alberto (Abram) Michelstaedter (1850-1929) interpretò in maniera esemplare il tipo dell’ebreo emancipato e addirittura assimilato, incarnando con animo generoso, laborioso e sobrio l’ideale borghese della Bildung e della rispettabilità. Ferventi spiriti liberali e patriottici trapelano dalla sua attività di giornalista e conferenziere, mentre la sua produzione poetica ne riflette la capacità di distacco ironico e il temperamento gioviale, saldo anche a fronte dei noti eventi luttuosi che coinvolsero il figli Gino e Carlo. Anche dai profili biografici post mortem traspare l’immagine di una personalità capace di coniugare l’arte e l’erudizione con il commercio e il lavoro assiduo. Per comprendere in modo approfondito la figura di Alberto Michelstaedter è dunque necessario prendere in esame sia le sue origini ebraiche, tanto cruciali quanto problematiche, sia i suoi sentimenti di italianità, presupposto per una reale integrazione culturale, sia la pratica della scrittura friulana, che costituisce un vero e proprio potenziamento dell’assimilazione, dal momento che nella Gorizia a cavallo fra i due secoli l’affermazione dell’identità friulana veniva strumentalizzata ai fini del nazionalismo italiano. Ma anche altri tratti sembrano avvicinare Alberto al tipo dell’intellettuale mitteleuropeo di stirpe ebraica. Se per un verso è stato colto il contrasto tra l’aspetto sereno, forte e positivo della sua maschera pubblica e le sofferenze nascoste nel groviglio della sua interiorità, non si è mai parlato della coesistenza in lui di due anime, forse in conflitto tra loro, sicuramente in ricerca di equilibrio: lo spirito contemplativo dell’intellettuale e lo spirito pratico dell’uomo d’affari. In questo dualismo, che il figlio ha percepito e ricondotto alla “rettorica” e alle convenzioni dei salotti borghesi, si può riconoscere non soltanto una più ampia crisi della figura dell’intellettuale, ma anche il tramonto di una precisa tradizione culturale che aveva saputo coniugare senza imbarazzo due ambiti apparentemente distanti, se non addirittura opposti.File | Dimensione | Formato | |
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