Il saggio considera, in un quadro d’insieme, il lavoro di allestitore di Marco Zanuso. In primo luogo, appare evidente come l’architetto riesca a portare la propria indagine di designer all’interno degli spazi espositivi, dando agli elementi di supporto la medesima dignità formale degli oggetti che sostengono e con i quali collaborano attivamente nella costruzione dello spazio. Al disegno degli apparati espositivi, Zanuso sembra affidare talvolta un messaggio autobiografico – quando evoca, ad esempio, nei profili delle bacheche della Mostra delle stampe nella Pinacoteca di Brera (1958) la sezione di un capannone industriale – oppure rimarcare le loro potenzialità combinatorie attraverso particolari scelte tecniche, come negli incastri dei supporti incurvati, con integrato il sistema d’illuminazione, della Mostra dei Pionieri dell’aviazione civile a Milano (1960) o nei sostegni componibili dei tavoli del Salone del Bambino (1960). In questi e in altri allestimenti l’architetto sembra amplificare, didatticamente, un concetto: quando un elemento è progettato con un intrinseco valore estetico, tecnico e materiale, la sua ripetizione non porta al logoramento della forma che lo caratterizza, ma ne rafforza il messaggio espressivo. Se questo principio è usuale (e indispensabile) nel campo del disegno industriale, non è affatto scontato ritrovarlo in uno spazio espositivo. Un secondo aspetto che affiora con forza è l’ampiezza dell’universo culturale che Zanuso porta con sé, basti qui citare il totem di ruote della Fiera del ciclo e del motociclo (1959) concepito come una specie di licht-raum modulator che filtra suggestioni dall’Arte Spaziale e forse dal cinema, ma le cui proiezioni ricordano anche i disegni di macchine di Leonardo o Francesco di Giorgio.

"intelligente del suo tempo". Il ruolo dell'allestimento nella ricerca di Marco Zanuso

orietta lanzarini
2020-01-01

Abstract

Il saggio considera, in un quadro d’insieme, il lavoro di allestitore di Marco Zanuso. In primo luogo, appare evidente come l’architetto riesca a portare la propria indagine di designer all’interno degli spazi espositivi, dando agli elementi di supporto la medesima dignità formale degli oggetti che sostengono e con i quali collaborano attivamente nella costruzione dello spazio. Al disegno degli apparati espositivi, Zanuso sembra affidare talvolta un messaggio autobiografico – quando evoca, ad esempio, nei profili delle bacheche della Mostra delle stampe nella Pinacoteca di Brera (1958) la sezione di un capannone industriale – oppure rimarcare le loro potenzialità combinatorie attraverso particolari scelte tecniche, come negli incastri dei supporti incurvati, con integrato il sistema d’illuminazione, della Mostra dei Pionieri dell’aviazione civile a Milano (1960) o nei sostegni componibili dei tavoli del Salone del Bambino (1960). In questi e in altri allestimenti l’architetto sembra amplificare, didatticamente, un concetto: quando un elemento è progettato con un intrinseco valore estetico, tecnico e materiale, la sua ripetizione non porta al logoramento della forma che lo caratterizza, ma ne rafforza il messaggio espressivo. Se questo principio è usuale (e indispensabile) nel campo del disegno industriale, non è affatto scontato ritrovarlo in uno spazio espositivo. Un secondo aspetto che affiora con forza è l’ampiezza dell’universo culturale che Zanuso porta con sé, basti qui citare il totem di ruote della Fiera del ciclo e del motociclo (1959) concepito come una specie di licht-raum modulator che filtra suggestioni dall’Arte Spaziale e forse dal cinema, ma le cui proiezioni ricordano anche i disegni di macchine di Leonardo o Francesco di Giorgio.
2020
9788833670515
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