Sulla base delle carte appartenute al cardinale Cornelio Bentivoglio d'Aragona, conservate presso l'Archivio di stato di Ferrara, entro l’imponente e ancora per la gran parte inesplorato Fondo Bentivoglio, il volume ricostruisce l’attività e gli interessi letterari dell'autorevole prelato ferrarese, mettendone in luce la più genuina predilezione per il teatro. Che va considerato un fatto di famiglia, potendo vantare i Bentivoglio d’Aragona una fama riconosciuta di mecenati, organizzatori e promotori di spettacoli, nonché di autori. E anche quando, nel 1726, con la traduzione della Tebaide di Stazio, la vocazione di Cornelio sembra cedere all’epica, in realtà è quest’ultima a mantenersi entro un riconoscibile orizzonte drammatico, di un gusto e di un lessico forgiati sugli autori tutelari del genere tragico e pastorale, Tasso e Guarini in primis. In proposito, il lavoro propone l’edizione critica e commentata della Pulcheria, tradotta dall'originale di Pierre Corneille, l’unica prova che ci resta delle riduzioni del Bentivoglio dal teatro francese. Per la sua datazione alta, che precede il periodo in cui Bentivoglio fu nunzio a Parigi (1712-1719), essa rappresenta una testimonianza della prima stagione poetica del cardinale: allineato con la prassi delle traduzioni in prosa in voga agli inizi del sec. XVIII, ma a differenza di quelle animato da un intento letterario, evidente nella resa retoricamente sostenuta, in concorrenza con l’originale, ben distanziata dalle versioni usuali, quelle letterali, scorciate e contaminate alla ‘maniera d’Italia'.

Cornelio Bentivoglio d’Aragona e il teatro a Ferrara tra Sei e Settecento (con l’edizione critica della Pulcheria)

Renzo Rabboni
2020-01-01

Abstract

Sulla base delle carte appartenute al cardinale Cornelio Bentivoglio d'Aragona, conservate presso l'Archivio di stato di Ferrara, entro l’imponente e ancora per la gran parte inesplorato Fondo Bentivoglio, il volume ricostruisce l’attività e gli interessi letterari dell'autorevole prelato ferrarese, mettendone in luce la più genuina predilezione per il teatro. Che va considerato un fatto di famiglia, potendo vantare i Bentivoglio d’Aragona una fama riconosciuta di mecenati, organizzatori e promotori di spettacoli, nonché di autori. E anche quando, nel 1726, con la traduzione della Tebaide di Stazio, la vocazione di Cornelio sembra cedere all’epica, in realtà è quest’ultima a mantenersi entro un riconoscibile orizzonte drammatico, di un gusto e di un lessico forgiati sugli autori tutelari del genere tragico e pastorale, Tasso e Guarini in primis. In proposito, il lavoro propone l’edizione critica e commentata della Pulcheria, tradotta dall'originale di Pierre Corneille, l’unica prova che ci resta delle riduzioni del Bentivoglio dal teatro francese. Per la sua datazione alta, che precede il periodo in cui Bentivoglio fu nunzio a Parigi (1712-1719), essa rappresenta una testimonianza della prima stagione poetica del cardinale: allineato con la prassi delle traduzioni in prosa in voga agli inizi del sec. XVIII, ma a differenza di quelle animato da un intento letterario, evidente nella resa retoricamente sostenuta, in concorrenza con l’originale, ben distanziata dalle versioni usuali, quelle letterali, scorciate e contaminate alla ‘maniera d’Italia'.
2020
978-88-3383-052-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1190807
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