Il linguaggio viene in genere acquisito con apparente facilità e naturalezza (Kuhl, 2010). Ciononostante, alcuni bambini possono avere difficoltà nello sviluppo delle abilità linguistiche rimanendo indietro rispetto alle attese traiettorie di sviluppo, e questo potrebbe avvenire in assenza di sordità, ritardo mentale, lesioni cerebrali e disturbi cognitivi. Tradizionalmente, questi bambini ricevono una diagnosi di Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL; Roos e Weismer, 2008). Si consideri tuttavia che numerose evidenze sperimentali suggeriscono che tale disturbo sia tutt’altro che specifico. In effetti, oltre ai disturbi linguistici non di rado questi bambini hanno anche altre difficoltà che ne possono di volta in volta condizionare le abilità di memoria procedurale (Lum et al., 2011), il controllo motorio (ad esempio Finlay e McPhillips, 2013), la memoria di lavoro fonologica (Duinmeijer e coll., 2012) e le funzioni esecutive (Marini, 2017). Per questi motivi, nuove etichette diagnostiche sono state introdotte in un recente dibattito sulla natura di questi disturbi: “Disturbo Primario del Linguaggio” (DPL; Reilly et al., 2014 ) o, più semplicemente, “Disturbi di Linguaggio” (ad esempio American Psychiatric Association, 2014). In ambito anglosassone, è stato recentemente raggiunto un accordo sull’uso del termine “Developmental Language Disorders” (DLDs; Kay-Raining Bird e coll., 2016; Snowling et al., 2017). Per chiarezza, nel presente capitolo si farà riferimento a questi bambini usando l’etichetta diagnostica scelta nel corso dei lavori per la Consensus Conference in Italia: Disturbo Primario del Linguaggio. Nello specifico, l’attenzione verrà concentrata su alcune problematiche relative alla identificazione del DPL in bambini bilingui e alle loro caratteristiche linguistiche e cognitive.

Disturbo Primario del Linguaggio in bambini bilingui

Andrea Marini
Primo
Supervision
2019-01-01

Abstract

Il linguaggio viene in genere acquisito con apparente facilità e naturalezza (Kuhl, 2010). Ciononostante, alcuni bambini possono avere difficoltà nello sviluppo delle abilità linguistiche rimanendo indietro rispetto alle attese traiettorie di sviluppo, e questo potrebbe avvenire in assenza di sordità, ritardo mentale, lesioni cerebrali e disturbi cognitivi. Tradizionalmente, questi bambini ricevono una diagnosi di Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL; Roos e Weismer, 2008). Si consideri tuttavia che numerose evidenze sperimentali suggeriscono che tale disturbo sia tutt’altro che specifico. In effetti, oltre ai disturbi linguistici non di rado questi bambini hanno anche altre difficoltà che ne possono di volta in volta condizionare le abilità di memoria procedurale (Lum et al., 2011), il controllo motorio (ad esempio Finlay e McPhillips, 2013), la memoria di lavoro fonologica (Duinmeijer e coll., 2012) e le funzioni esecutive (Marini, 2017). Per questi motivi, nuove etichette diagnostiche sono state introdotte in un recente dibattito sulla natura di questi disturbi: “Disturbo Primario del Linguaggio” (DPL; Reilly et al., 2014 ) o, più semplicemente, “Disturbi di Linguaggio” (ad esempio American Psychiatric Association, 2014). In ambito anglosassone, è stato recentemente raggiunto un accordo sull’uso del termine “Developmental Language Disorders” (DLDs; Kay-Raining Bird e coll., 2016; Snowling et al., 2017). Per chiarezza, nel presente capitolo si farà riferimento a questi bambini usando l’etichetta diagnostica scelta nel corso dei lavori per la Consensus Conference in Italia: Disturbo Primario del Linguaggio. Nello specifico, l’attenzione verrà concentrata su alcune problematiche relative alla identificazione del DPL in bambini bilingui e alle loro caratteristiche linguistiche e cognitive.
2019
978-88-590-2005-9
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