La società contemporanea è interessata da grandi trasformazioni. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2017, a luglio di quell’anno i migranti nel mondo erano 253 milioni. Di questi, le persone che sono emigrate nel corso del 2017 in Paesi a sviluppo avanzato sono state 2,3 milioni. Per quanto riguarda l’Italia, al 31 dicembre 2016 il numero di cittadini stranieri residenti nel Paese si attestava ad oltre 5 milioni di individui, di cui 3,5 milioni emigrati da Paesi non appartenenti alla UE (cfr. Capitolo 3). Si osservi, comunque, che, secondo le anagrafi consolari, anche gli italiani all’estero sono oltre 5 milioni contribuendo in tal modo alla diffusione della lingua italiana nel mondo. Questi dati demografici sono senz’altro indicativi di una società, quella contemporanea, sempre più multietnica (e non solo nel nostro Paese) all’interno della quale le lingue usate nelle quotidiane interazioni comunicative sono numerose: recenti stime indicano la presenza di 6909 lingue in appena 196 Paesi (Lewis, 2009) . Viviamo dunque in società complesse anche da un punto di vista linguistico. Società in cui il bi-/plurilinguismo, lungi dall’essere un’eccezione, si configura come la norma. Partendo da queste constatazioni, colpisce osservare che, allo stato attuale, non è ancora disponibile una definizione universalmente condivisa di cosa sia una competenza bi-/plurilingue (Marini et al., 2012). Il concetto di competenza fa qui riferimento all’insieme di conoscenze, implicite ed esplicite, che permettono di fare qualcosa (Marini, 2018). In linea di principio, dunque, la competenza bi-/plurilingue può essere definita come l’insieme di conoscenze implicite (cioè automatiche) e/o esplicite (ovvero consapevoli) che permettono ad un individuo di usare due o più lingue per comunicare. Questo capitolo si occupa di introdurre ai correlati cognitivi e neurobiologici di questa complessa competenza.
Correlati cognitivi e neurali della competenza bi-/plurilingue
Andrea Marini
Primo
Supervision
2019-01-01
Abstract
La società contemporanea è interessata da grandi trasformazioni. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione 2017, a luglio di quell’anno i migranti nel mondo erano 253 milioni. Di questi, le persone che sono emigrate nel corso del 2017 in Paesi a sviluppo avanzato sono state 2,3 milioni. Per quanto riguarda l’Italia, al 31 dicembre 2016 il numero di cittadini stranieri residenti nel Paese si attestava ad oltre 5 milioni di individui, di cui 3,5 milioni emigrati da Paesi non appartenenti alla UE (cfr. Capitolo 3). Si osservi, comunque, che, secondo le anagrafi consolari, anche gli italiani all’estero sono oltre 5 milioni contribuendo in tal modo alla diffusione della lingua italiana nel mondo. Questi dati demografici sono senz’altro indicativi di una società, quella contemporanea, sempre più multietnica (e non solo nel nostro Paese) all’interno della quale le lingue usate nelle quotidiane interazioni comunicative sono numerose: recenti stime indicano la presenza di 6909 lingue in appena 196 Paesi (Lewis, 2009) . Viviamo dunque in società complesse anche da un punto di vista linguistico. Società in cui il bi-/plurilinguismo, lungi dall’essere un’eccezione, si configura come la norma. Partendo da queste constatazioni, colpisce osservare che, allo stato attuale, non è ancora disponibile una definizione universalmente condivisa di cosa sia una competenza bi-/plurilingue (Marini et al., 2012). Il concetto di competenza fa qui riferimento all’insieme di conoscenze, implicite ed esplicite, che permettono di fare qualcosa (Marini, 2018). In linea di principio, dunque, la competenza bi-/plurilingue può essere definita come l’insieme di conoscenze implicite (cioè automatiche) e/o esplicite (ovvero consapevoli) che permettono ad un individuo di usare due o più lingue per comunicare. Questo capitolo si occupa di introdurre ai correlati cognitivi e neurobiologici di questa complessa competenza.File | Dimensione | Formato | |
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