«Spiritus intus alit totamque infusa per artus / mens agitat molem et magno se corpore miscet» (Aen. 6, 726-727) sono i versi del sesto libro dell’Eneide che aprono il discorso di Anchise ad Enea sulla natura e sul destino delle anime. Essi costituiscono un preambolo cosmologico, ispirato alla fisica stoica, dell’escatologia pitagorico-platonica sul ciclo di vita, morte e reincarnazione delle anime individuali. La loro fortuna nella storia del pensiero occidentale è vastissima e questa monografia ne tenta una ricostruzione, sia documentando in numerosissimi autori la diffusione del passo virgiliano dalla tarda antichità all’Illuminismo sia esaminando i temi filosofici che sono intrecciati alla ricezione del passo, in particolare il dinamismo e l’ordine della natura e l’animazione cosmica. L’indagine è concentrata sulla presenza del topos in età moderna, con particolare approfondimento sul pensiero inglese. A questa parte centrale della ricerca sono premessi due capitoli introduttivi, il primo sulla cosmologia filosofica del discorso di Anchise e il secondo sulla ricezione tardoantica e medievale del passo. L’indagine sulla ricezione di lungo periodo dell’adagio virgiliano è ancorata al significato che i versi avevano nell’opera del poeta latino, tenendo conto dei risultati consolidati degli studi specialistici in merito. L’esposizione della fortuna del passo nella tarda antichità e nel Medioevo è anch’essa indispensabile per comprendere la trasmissione del topos in età moderna, condizionata dalla concezione platonico-cristiana di spiritus, che sottraeva questa nozione alla connotazione materialistica dello pneuma nello stoicismo. La ricerca illustra una varietà notevole nell’impiego dei versi virgiliani, interpretati da prospettive diverse, anche contrapposte, per lo più funzionali, di volta in volta, ai testi in cui furono inseriti. Insieme con l’uso poliedrico e strumentale del topos, emergono nella ricezione del passo motivi di continuità tematica, legata alla storia della dottrina platonica e neoplatonica dell’anima del mondo e, in misura minore, alla persistenza della teologia naturale stoica. In età moderna permane l’assimilazione del topos all’interno della filosofia platonico-cristiana, ma si profilano anche rifiuti e critiche motivati da argomenti teologici o scientifici nonché interpretazioni naturalistiche più conformi al significato originario delle sentenze virgiliane. La progressiva desacralizzazione scientifica della natura in età moderna ha innegabilmente privato l’adagio virgiliano della sua millenaria suggestione, ma non ha perciò confinato in un passato irrecuperabile i contenuti di quei versi: lo spiritus/mens che pervade e agita dall’interno la massa dell’universo è un modo antico e poetico di intendere l’unità di materia, energia e ordine razionale che connota anche oggi la nostra immagine della natura.

"Spiritus intus alit..." La ricezione di un luogo filosofico virgiliano nel pensiero moderno.

Brunello Lotti
2021-01-01

Abstract

«Spiritus intus alit totamque infusa per artus / mens agitat molem et magno se corpore miscet» (Aen. 6, 726-727) sono i versi del sesto libro dell’Eneide che aprono il discorso di Anchise ad Enea sulla natura e sul destino delle anime. Essi costituiscono un preambolo cosmologico, ispirato alla fisica stoica, dell’escatologia pitagorico-platonica sul ciclo di vita, morte e reincarnazione delle anime individuali. La loro fortuna nella storia del pensiero occidentale è vastissima e questa monografia ne tenta una ricostruzione, sia documentando in numerosissimi autori la diffusione del passo virgiliano dalla tarda antichità all’Illuminismo sia esaminando i temi filosofici che sono intrecciati alla ricezione del passo, in particolare il dinamismo e l’ordine della natura e l’animazione cosmica. L’indagine è concentrata sulla presenza del topos in età moderna, con particolare approfondimento sul pensiero inglese. A questa parte centrale della ricerca sono premessi due capitoli introduttivi, il primo sulla cosmologia filosofica del discorso di Anchise e il secondo sulla ricezione tardoantica e medievale del passo. L’indagine sulla ricezione di lungo periodo dell’adagio virgiliano è ancorata al significato che i versi avevano nell’opera del poeta latino, tenendo conto dei risultati consolidati degli studi specialistici in merito. L’esposizione della fortuna del passo nella tarda antichità e nel Medioevo è anch’essa indispensabile per comprendere la trasmissione del topos in età moderna, condizionata dalla concezione platonico-cristiana di spiritus, che sottraeva questa nozione alla connotazione materialistica dello pneuma nello stoicismo. La ricerca illustra una varietà notevole nell’impiego dei versi virgiliani, interpretati da prospettive diverse, anche contrapposte, per lo più funzionali, di volta in volta, ai testi in cui furono inseriti. Insieme con l’uso poliedrico e strumentale del topos, emergono nella ricezione del passo motivi di continuità tematica, legata alla storia della dottrina platonica e neoplatonica dell’anima del mondo e, in misura minore, alla persistenza della teologia naturale stoica. In età moderna permane l’assimilazione del topos all’interno della filosofia platonico-cristiana, ma si profilano anche rifiuti e critiche motivati da argomenti teologici o scientifici nonché interpretazioni naturalistiche più conformi al significato originario delle sentenze virgiliane. La progressiva desacralizzazione scientifica della natura in età moderna ha innegabilmente privato l’adagio virgiliano della sua millenaria suggestione, ma non ha perciò confinato in un passato irrecuperabile i contenuti di quei versi: lo spiritus/mens che pervade e agita dall’interno la massa dell’universo è un modo antico e poetico di intendere l’unità di materia, energia e ordine razionale che connota anche oggi la nostra immagine della natura.
2021
978-88-9366-258-1
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1215750
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