Le Alpi sono un paesaggio di frontiera dove i limiti politici si sono sovrapposti a quelli geomorfologici. Anche se le linee di confine si sono spostate, il senso di frontiera permane. Ciò avviene principalmente nelle valli secondarie a orografia complessa, terre alte senza fondovalle, in cui la modernizzazione è un processo in corso e nuovi segni marginali affiancano quelli consolidati in crisi o del tutto obliterati, rifiuti e residui necessari per lo sviluppo in altre aree più forti. Si tratta di materiali poveri, segni deboli, relitti ordinari, illeggibili o inaccessibili, che occorre decifrare tra le pieghe del paesaggio. Per farlo occorre «rovesciarne il corpo come guanti molteplici», andare di là dal determinismo che lega queste terre all’immagine di oasi ecologica o di patrimonio di natura e di tracce auliche della memoria. L’ipotesi è che tale condizione possa essere assunta come tema di progetto. Ciò corrisponde al lavoro sulla misura per dare peso al vuoto, sulle regole per abitarlo poeticamente, sui percorsi percettivi tra cose e sguardi. Lavorare sui vuoti, sulle distanze, sugli intervalli della visione, sui margini, rimanda a strategie e tattiche militari. Attraverso lo sguardo del progettista-geografo militare, i paesaggi di confine possono essere riconsiderati entro un armamentario di segni meticci e fragili che li possano rendere intelligibili.

Anatomia di parti. Vuoti, misure, relazioni per un paesaggio di confine

Zecchin, L.
2020-01-01

Abstract

Le Alpi sono un paesaggio di frontiera dove i limiti politici si sono sovrapposti a quelli geomorfologici. Anche se le linee di confine si sono spostate, il senso di frontiera permane. Ciò avviene principalmente nelle valli secondarie a orografia complessa, terre alte senza fondovalle, in cui la modernizzazione è un processo in corso e nuovi segni marginali affiancano quelli consolidati in crisi o del tutto obliterati, rifiuti e residui necessari per lo sviluppo in altre aree più forti. Si tratta di materiali poveri, segni deboli, relitti ordinari, illeggibili o inaccessibili, che occorre decifrare tra le pieghe del paesaggio. Per farlo occorre «rovesciarne il corpo come guanti molteplici», andare di là dal determinismo che lega queste terre all’immagine di oasi ecologica o di patrimonio di natura e di tracce auliche della memoria. L’ipotesi è che tale condizione possa essere assunta come tema di progetto. Ciò corrisponde al lavoro sulla misura per dare peso al vuoto, sulle regole per abitarlo poeticamente, sui percorsi percettivi tra cose e sguardi. Lavorare sui vuoti, sulle distanze, sugli intervalli della visione, sui margini, rimanda a strategie e tattiche militari. Attraverso lo sguardo del progettista-geografo militare, i paesaggi di confine possono essere riconsiderati entro un armamentario di segni meticci e fragili che li possano rendere intelligibili.
2020
9788831352475
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