Fantasmologia e fantasmatica come ampi dispositivi capaci, anche oggi, di indagare e distinguere i simulacri dagli eventi stessi. Utili, se non necessari, al confronto di lemmi come spirito e zoo, architettura effimera e monumentale, teatro e deriva, psicogeografie e happening, gabbie e pareidolie. Come un miraggio, lo zoo torna a popolarsi. Lo spazio torna a essere ripartito da gabbie effimere, giochi di luci, ombre, specchi e trappole. Fino alla fine degli anni Ottanta il parco esibiva specie animali differenti, in un gioco perverso il progetto ribalta il fulcro di attrazione: non sono più gli animali, con la loro rassegnata follia, la ragione del vecchio zoo bensì gli umani. Il reale e l’immaginario, il fantastico e il concreto, trovano luogo a ridosso delle mura monumentali e attivano percezione, spazio, tempo, forme e dimensioni dislocando continuamente i punti di vista. Lo zoo torna a popolarsi e il suo spazio torna a essere ripartito da gabbie effimere, giochi di luci, ombre, specchi e trappole. In lontananza sembrano apparire, al di sopra della cinta muraria, nuove forme di dimensioni sovrumane, quasi impossibili da concepire se non negli echi di quei vecchi elefanti o giraffe che con la loro mole potevano destare stupore. Elementi differenti dal consueto, mobili ed effimeri, oggetti sorprendenti che compaiono e scompaiono mossi da forze invisibili, animati da luci imprevedibili, generatori di effetti sonori che rimbombano nella memoria delle generazioni passate.
Pareidolie
P. Barbarewicz
Co-primo
Membro del Collaboration Group
;M. Zambon
Co-primo
Membro del Collaboration Group
;J. Bonat
Co-primo
Membro del Collaboration Group
;I. Iuri
Co-primo
Membro del Collaboration Group
2023-01-01
Abstract
Fantasmologia e fantasmatica come ampi dispositivi capaci, anche oggi, di indagare e distinguere i simulacri dagli eventi stessi. Utili, se non necessari, al confronto di lemmi come spirito e zoo, architettura effimera e monumentale, teatro e deriva, psicogeografie e happening, gabbie e pareidolie. Come un miraggio, lo zoo torna a popolarsi. Lo spazio torna a essere ripartito da gabbie effimere, giochi di luci, ombre, specchi e trappole. Fino alla fine degli anni Ottanta il parco esibiva specie animali differenti, in un gioco perverso il progetto ribalta il fulcro di attrazione: non sono più gli animali, con la loro rassegnata follia, la ragione del vecchio zoo bensì gli umani. Il reale e l’immaginario, il fantastico e il concreto, trovano luogo a ridosso delle mura monumentali e attivano percezione, spazio, tempo, forme e dimensioni dislocando continuamente i punti di vista. Lo zoo torna a popolarsi e il suo spazio torna a essere ripartito da gabbie effimere, giochi di luci, ombre, specchi e trappole. In lontananza sembrano apparire, al di sopra della cinta muraria, nuove forme di dimensioni sovrumane, quasi impossibili da concepire se non negli echi di quei vecchi elefanti o giraffe che con la loro mole potevano destare stupore. Elementi differenti dal consueto, mobili ed effimeri, oggetti sorprendenti che compaiono e scompaiono mossi da forze invisibili, animati da luci imprevedibili, generatori di effetti sonori che rimbombano nella memoria delle generazioni passate.File | Dimensione | Formato | |
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