Tra il 1945 e la metà degli anni Sessanta circa viene promossa in Italia una capillare azione di riforma dei musei per trasformarli in efficienti strumenti educativi a servizio del grande pubblico. Protagonisti di questa operazione, accanto a direttori e funzionari, sono gli architetti, incaricati di dare un’immagine aggiornata ai musei, spesso ospitati in edifici preesistenti di pregio storico-artistico. Le strategie adottate da maestri come Franco Albini, Studio BBPR, Franco Minissi, Carlo Scarpa, e molti altri, avevano delle finalità precise. Il museo doveva presentarsi come un luogo vitale, integrato nella quotidianità dei visitatori, i quali, una volta entrati nelle sale, venivano stimolati, grazie ai dispositivi di allestimento, ad avvicinarsi alle opere e a capirne il significato, per poi portare con sé le conoscenze acquisite una volta usciti dal museo. Se questi articolati meccanismi di interazione tra spazio museale, oggetti esposti e pubblico, possono essere applicati con efficienza e rapidità in decine di musei italiani è dovuto, principalmente, a una ragione: la loro messa a punto era avvenuta già durante gli anni Trenta, in occasione delle mostre realizzate sotto l’egida del fascismo. Una liaison dangereuse dalla quale non si può prescindere per capire un fenomeno tanto complesso.
Le mostre degli anni Trenta e la museografia postbellica in Italia. Les Liaisons dangereuses
O. lanzarini
2023-01-01
Abstract
Tra il 1945 e la metà degli anni Sessanta circa viene promossa in Italia una capillare azione di riforma dei musei per trasformarli in efficienti strumenti educativi a servizio del grande pubblico. Protagonisti di questa operazione, accanto a direttori e funzionari, sono gli architetti, incaricati di dare un’immagine aggiornata ai musei, spesso ospitati in edifici preesistenti di pregio storico-artistico. Le strategie adottate da maestri come Franco Albini, Studio BBPR, Franco Minissi, Carlo Scarpa, e molti altri, avevano delle finalità precise. Il museo doveva presentarsi come un luogo vitale, integrato nella quotidianità dei visitatori, i quali, una volta entrati nelle sale, venivano stimolati, grazie ai dispositivi di allestimento, ad avvicinarsi alle opere e a capirne il significato, per poi portare con sé le conoscenze acquisite una volta usciti dal museo. Se questi articolati meccanismi di interazione tra spazio museale, oggetti esposti e pubblico, possono essere applicati con efficienza e rapidità in decine di musei italiani è dovuto, principalmente, a una ragione: la loro messa a punto era avvenuta già durante gli anni Trenta, in occasione delle mostre realizzate sotto l’egida del fascismo. Una liaison dangereuse dalla quale non si può prescindere per capire un fenomeno tanto complesso.File | Dimensione | Formato | |
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