Nel 1763 al Dottor Domenico Alessandro Cicci veniva rifiutata l'ammissione al nobiltà toscana “per non aver avute in pronto nel termine prescritto” le pergamene comprovanti le benemerenze cittadine dei suoi antenati. In realtà documenti sui Cicci di Fucecchio esistono eccome: nel 1899 un illustre professore tedesco, Wilhelm Meyer, acquistava da un antiquario fiorentino un documento sulla rendizione di un Paolo di Giovanni di Paolo di Baronto Cicci da Pisa all'ordine cavalleresco dei frati o Basiliani in Pisa nel 1266. Nello stesso anno la famiglia di Paolo viene esentato da ogni imposta per servigi resi all'arcivescovo Federico Visconti, secondo uno strano documento volgare scoperto (ma non sappiamo dove) dal filologo Ignazio Baldelli. Un frate Giovanni di Dato Cicci era vescovo di Cagliari nel 1264, stando ad un documento pure in volgare all'Archivio di Stato di Firenze: che anzi raccoglie due fondi quasi tutti costituiti da carte dei Cicci. Essi risultano citati tra i primi consoli pisani e poi tra i maggiori magistrati della città per tre secoli, e figurano aver dato ai Cavalieri di Rodi ben dieci membri (di cui sette morti con la spada in mano) entro il 1300. Ma le cento pergamene fiorentine (datate tra il 1100 e il 1450 e vendute da due antiquari a fine ’800) sono tutte della stessa mano, i Basiliani non sono mai stati un ordine guerriero e i Cavalieri hanno preso Rodi solo nel 1307. Insomma i documenti sui Cicci se li è scritti Domenico Cicci: la prova della gigantesca falsificazione è il registro delle pergamene da lui consegnato al Comune di Pisa per la seconda, e stavolta felice, domanda di nobilitazione nel 1770 (oggi all'Archivio di Stato di Pisa). Sono centinaia di atti, tutti falsi, in parte coincidenti con quelli conservati a Firenze, che tutti insieme raccontano una storia fantastica: in cui i Cicci ricoprono tutte le maggiori magistrature pisane ma, per il disdegno per le lotte fazionarie del Trecento, si ritirano in volontario esilio nella natia Fucecchio. Tra le infinite occasioni in cui le scritture generano scritture per copia, falso, citazione, estratto, riscrittura, plagio, poche vicende sono documentate come quella delle carte della famiglia Cicci di Fucecchio.

L’avventura di un filologo. Le carte dei Cicci di Fucecchio

Andrea Bocchi
2023-01-01

Abstract

Nel 1763 al Dottor Domenico Alessandro Cicci veniva rifiutata l'ammissione al nobiltà toscana “per non aver avute in pronto nel termine prescritto” le pergamene comprovanti le benemerenze cittadine dei suoi antenati. In realtà documenti sui Cicci di Fucecchio esistono eccome: nel 1899 un illustre professore tedesco, Wilhelm Meyer, acquistava da un antiquario fiorentino un documento sulla rendizione di un Paolo di Giovanni di Paolo di Baronto Cicci da Pisa all'ordine cavalleresco dei frati o Basiliani in Pisa nel 1266. Nello stesso anno la famiglia di Paolo viene esentato da ogni imposta per servigi resi all'arcivescovo Federico Visconti, secondo uno strano documento volgare scoperto (ma non sappiamo dove) dal filologo Ignazio Baldelli. Un frate Giovanni di Dato Cicci era vescovo di Cagliari nel 1264, stando ad un documento pure in volgare all'Archivio di Stato di Firenze: che anzi raccoglie due fondi quasi tutti costituiti da carte dei Cicci. Essi risultano citati tra i primi consoli pisani e poi tra i maggiori magistrati della città per tre secoli, e figurano aver dato ai Cavalieri di Rodi ben dieci membri (di cui sette morti con la spada in mano) entro il 1300. Ma le cento pergamene fiorentine (datate tra il 1100 e il 1450 e vendute da due antiquari a fine ’800) sono tutte della stessa mano, i Basiliani non sono mai stati un ordine guerriero e i Cavalieri hanno preso Rodi solo nel 1307. Insomma i documenti sui Cicci se li è scritti Domenico Cicci: la prova della gigantesca falsificazione è il registro delle pergamene da lui consegnato al Comune di Pisa per la seconda, e stavolta felice, domanda di nobilitazione nel 1770 (oggi all'Archivio di Stato di Pisa). Sono centinaia di atti, tutti falsi, in parte coincidenti con quelli conservati a Firenze, che tutti insieme raccontano una storia fantastica: in cui i Cicci ricoprono tutte le maggiori magistrature pisane ma, per il disdegno per le lotte fazionarie del Trecento, si ritirano in volontario esilio nella natia Fucecchio. Tra le infinite occasioni in cui le scritture generano scritture per copia, falso, citazione, estratto, riscrittura, plagio, poche vicende sono documentate come quella delle carte della famiglia Cicci di Fucecchio.
2023
978 88 5495 590 5
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