Lo studio ha ad oggetto gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Le proprietà pubbliche sono comprese tra i beni e interessi che l’art. 9 Cost. protegge, nel paesaggio, nel patrimonio storico-artistico della Nazione e, ora, nell’ambiente, nella biodiversità e negli ecosistemi. Esse sono connesse al godimento di diritti costituzionali di libertà e di prestazione, se si pensa alle strade e alle ferrovie per la libertà di circolazione, alle piazze per la libertà di riunione, agli edifici scolastici per il diritto all’istruzione e agli ospedali per il diritto alla salute. Le proprietà pubbliche, inoltre, coinvolgono beni immateriali che i Costituenti non potevano immaginare, le frequenze per la libertà di comunicazione, le attività finanziarie, come i crediti e le partecipazioni. Le proprietà pubbliche, dunque, animano diversi luoghi della Costituzione, ma è difficile darne una ricostruzione unitaria, perché in ciascuno di questi luoghi esse si diversificano per oggetto, destinatari e fini costituzionali. La norma-base relativa alle proprietà pubbliche è l’art. 42, comma 1, Cost. Essa non indica oggetti determinati, né fini costituzionali propri, è stata scarsamente praticata nella giurisprudenza costituzionale e ha mostrato una bassa intensità normativa. L’art. 42, comma 1, Cost. si compone di due poli normativi, «la proprietà è pubblica o privata» e «i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati». Per lungo tempo i due poli si sono attratti, sulla scia della tradizione francese che associa regime amministrativo speciale dei beni ad appartenenza pubblica. Per effetto delle privatizzazioni, tuttavia, e della reazione oppostavi dalle dottrine sui beni comuni, i due poli dell’art. 42, comma 1, Cost. sono entrati in fibrillazione, determinando una oscillazione tra regime oggettivo e appartenenza che ancora oggi percorre trasversalmente gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Il polo relativo all’appartenenza, inoltre, si è aperto a soggettività plurime, comprendendo le proprietà e i diritti di godimento collettivi, quale riflesso di un ordinamento costituzionale democratico e pluralista. Nel tempo presente, soprattutto in relazione all’ambiente, per reagire alla pressione di cambiamenti che paiono irreversibili, gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche sono accostati a “doveri” dei pubblici poteri, tratti direttamente dalla Costituzione. Tradizionalmente, tuttavia, i doveri costituzionali sono rivolti alle persone e non agli enti. L’analisi si spinge, quindi, a ragionare dell’ammissibilità della categoria dei doveri costituzionali istituzionali. Le conclusioni cui lo studio giunge possono essere così riassunte. Nella Costituzione si radicano distinti statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Alcuni sono qualificati, perché attengono a beni relativi a utilità costituzionali maggiormente identificate negli oggetti e nei fini, quali il paesaggio, i beni culturali e l’ambiente; la maggior parte sono impliciti, e si ricavano dalla connessione tra l’art. 42, comma 1, Cost. e altre disposizioni costituzionali. Il contenuto di questi statuti impliciti varia a seconda delle disposizioni costituzionali con cui l’art. 42, comma 1, Cost. si collega. In linea generale, possono darsi due modi di costruzione degli statuti costituzionali impliciti delle proprietà pubbliche, un modello sostantivo e un modello procedimentale. Il dilemma tra regime oggettivo e appartenenza dei beni non è risolvibile internamente all’art. 42, comma 1, Cost., ma esternamente, entro le singole dimensioni di libertà o di prestazione cui le proprietà pubbliche accedono, e che riflettono le complesse intelaiature, storicamente variabili, attraverso cui l’ordinamento svolge il rapporto tra pubblico e privato. L’ampiezza e i limiti della discrezionalità legislativa correlata agli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche non si misurano nell’art. 42, comma 1, Cost., ma entro le singole dimensioni di libertà e di prestazione. Gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche, inoltre, posso essere letti attraverso la categoria giuridica dei doveri costituzionali istituzionali. Essi, infatti, comprendono doveri costituzionali istituzionali rivolti ai soggetti pubblici o che esercitano funzioni pubbliche. L’art. 42, comma 1, Cost. esprime un grado di doverosità molto basso, ridotto alla doverosità primaria della Costituzione come norma giuridica. Puntuali obblighi giuridici devono essere ricercati, ancora una volta, non nell’art. 42, comma 1, Cost., ma nelle posizioni soggettive costituzionali connesse. L’intensità di questi obblighi varia a seconda della singola posizione costituzionale e dipende dal rispettivo oggetto, fine costituzionale, e dal grado di inveramento che essi hanno avuto nell’ordinamento. La diversa maturazione ordinamentale dei correlati principi, pertanto, spiega il diverso grado di doverosità costituzionale che assiste i diversi statuti costituzionali delle proprietà pubbliche e tiene aperta la strada per una loro futura, progressiva modulazione.

Profili costituzionali delle proprietà pubbliche

Alessia-Ottavia Cozzi
2024-01-01

Abstract

Lo studio ha ad oggetto gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Le proprietà pubbliche sono comprese tra i beni e interessi che l’art. 9 Cost. protegge, nel paesaggio, nel patrimonio storico-artistico della Nazione e, ora, nell’ambiente, nella biodiversità e negli ecosistemi. Esse sono connesse al godimento di diritti costituzionali di libertà e di prestazione, se si pensa alle strade e alle ferrovie per la libertà di circolazione, alle piazze per la libertà di riunione, agli edifici scolastici per il diritto all’istruzione e agli ospedali per il diritto alla salute. Le proprietà pubbliche, inoltre, coinvolgono beni immateriali che i Costituenti non potevano immaginare, le frequenze per la libertà di comunicazione, le attività finanziarie, come i crediti e le partecipazioni. Le proprietà pubbliche, dunque, animano diversi luoghi della Costituzione, ma è difficile darne una ricostruzione unitaria, perché in ciascuno di questi luoghi esse si diversificano per oggetto, destinatari e fini costituzionali. La norma-base relativa alle proprietà pubbliche è l’art. 42, comma 1, Cost. Essa non indica oggetti determinati, né fini costituzionali propri, è stata scarsamente praticata nella giurisprudenza costituzionale e ha mostrato una bassa intensità normativa. L’art. 42, comma 1, Cost. si compone di due poli normativi, «la proprietà è pubblica o privata» e «i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati». Per lungo tempo i due poli si sono attratti, sulla scia della tradizione francese che associa regime amministrativo speciale dei beni ad appartenenza pubblica. Per effetto delle privatizzazioni, tuttavia, e della reazione oppostavi dalle dottrine sui beni comuni, i due poli dell’art. 42, comma 1, Cost. sono entrati in fibrillazione, determinando una oscillazione tra regime oggettivo e appartenenza che ancora oggi percorre trasversalmente gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Il polo relativo all’appartenenza, inoltre, si è aperto a soggettività plurime, comprendendo le proprietà e i diritti di godimento collettivi, quale riflesso di un ordinamento costituzionale democratico e pluralista. Nel tempo presente, soprattutto in relazione all’ambiente, per reagire alla pressione di cambiamenti che paiono irreversibili, gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche sono accostati a “doveri” dei pubblici poteri, tratti direttamente dalla Costituzione. Tradizionalmente, tuttavia, i doveri costituzionali sono rivolti alle persone e non agli enti. L’analisi si spinge, quindi, a ragionare dell’ammissibilità della categoria dei doveri costituzionali istituzionali. Le conclusioni cui lo studio giunge possono essere così riassunte. Nella Costituzione si radicano distinti statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Alcuni sono qualificati, perché attengono a beni relativi a utilità costituzionali maggiormente identificate negli oggetti e nei fini, quali il paesaggio, i beni culturali e l’ambiente; la maggior parte sono impliciti, e si ricavano dalla connessione tra l’art. 42, comma 1, Cost. e altre disposizioni costituzionali. Il contenuto di questi statuti impliciti varia a seconda delle disposizioni costituzionali con cui l’art. 42, comma 1, Cost. si collega. In linea generale, possono darsi due modi di costruzione degli statuti costituzionali impliciti delle proprietà pubbliche, un modello sostantivo e un modello procedimentale. Il dilemma tra regime oggettivo e appartenenza dei beni non è risolvibile internamente all’art. 42, comma 1, Cost., ma esternamente, entro le singole dimensioni di libertà o di prestazione cui le proprietà pubbliche accedono, e che riflettono le complesse intelaiature, storicamente variabili, attraverso cui l’ordinamento svolge il rapporto tra pubblico e privato. L’ampiezza e i limiti della discrezionalità legislativa correlata agli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche non si misurano nell’art. 42, comma 1, Cost., ma entro le singole dimensioni di libertà e di prestazione. Gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche, inoltre, posso essere letti attraverso la categoria giuridica dei doveri costituzionali istituzionali. Essi, infatti, comprendono doveri costituzionali istituzionali rivolti ai soggetti pubblici o che esercitano funzioni pubbliche. L’art. 42, comma 1, Cost. esprime un grado di doverosità molto basso, ridotto alla doverosità primaria della Costituzione come norma giuridica. Puntuali obblighi giuridici devono essere ricercati, ancora una volta, non nell’art. 42, comma 1, Cost., ma nelle posizioni soggettive costituzionali connesse. L’intensità di questi obblighi varia a seconda della singola posizione costituzionale e dipende dal rispettivo oggetto, fine costituzionale, e dal grado di inveramento che essi hanno avuto nell’ordinamento. La diversa maturazione ordinamentale dei correlati principi, pertanto, spiega il diverso grado di doverosità costituzionale che assiste i diversi statuti costituzionali delle proprietà pubbliche e tiene aperta la strada per una loro futura, progressiva modulazione.
2024
978-88-243-2892-0
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