Sin dalla prima pubblicazione del Castello dei destini incrociati nel 1969, il rigore della struttura ha catalizzato l’attenzione della critica a discapito dell’analisi dei contenuti e della loro relazione con l’impalcatura combinatoria. Mettere a fuoco unicamente l’esibita geometria e l’uso del «gioco dei tarocchi come creazione d’intrecci» – per riprendere il titolo di un celebre articolo di Maria Corti – rischia tuttavia di offuscare la fisionomia complessiva dell’opera, confinandola nei territori remoti e felici della pura astrazione e del gioco fine a sé stesso. Muovendo dall’assunto che il discorso sul Castello non possa prescindere dalla considerazione della sua vicenda editoriale – la prima versione viene pubblicata come testo di accompagnamento al volume Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York nella preziosa collana I segni dell’uomo dell’editore Franco Maria Ricci; la seconda esce per Einaudi nel ‘73 e presenta, oltre a svariati interventi sul testo, l’aggiunta della Taverna dei destini incrociati – l’intervento mira a ricostruire la riflessione di Calvino sull’opera attraverso l’analisi degli autocommenti. L’obiettivo è mostrare in che modo, proprio attraverso gli autocommenti, Calvino abbia tentato di rifunzionalizzare l’opera, di sottrarla all’accusa di mero gioco combinatorio che da parte di alcuni viene sollevata, e infine di inserirla coerentemente nel proprio percorso di scrittore.
«Un libro scritto per l’oggi»: il Castello dei destini incrociati attraverso gli autocommenti di Italo Calvino
Paolo Cerutti
Primo
2025-01-01
Abstract
Sin dalla prima pubblicazione del Castello dei destini incrociati nel 1969, il rigore della struttura ha catalizzato l’attenzione della critica a discapito dell’analisi dei contenuti e della loro relazione con l’impalcatura combinatoria. Mettere a fuoco unicamente l’esibita geometria e l’uso del «gioco dei tarocchi come creazione d’intrecci» – per riprendere il titolo di un celebre articolo di Maria Corti – rischia tuttavia di offuscare la fisionomia complessiva dell’opera, confinandola nei territori remoti e felici della pura astrazione e del gioco fine a sé stesso. Muovendo dall’assunto che il discorso sul Castello non possa prescindere dalla considerazione della sua vicenda editoriale – la prima versione viene pubblicata come testo di accompagnamento al volume Tarocchi. Il mazzo visconteo di Bergamo e New York nella preziosa collana I segni dell’uomo dell’editore Franco Maria Ricci; la seconda esce per Einaudi nel ‘73 e presenta, oltre a svariati interventi sul testo, l’aggiunta della Taverna dei destini incrociati – l’intervento mira a ricostruire la riflessione di Calvino sull’opera attraverso l’analisi degli autocommenti. L’obiettivo è mostrare in che modo, proprio attraverso gli autocommenti, Calvino abbia tentato di rifunzionalizzare l’opera, di sottrarla all’accusa di mero gioco combinatorio che da parte di alcuni viene sollevata, e infine di inserirla coerentemente nel proprio percorso di scrittore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


