Dal Futurismo alla Net.art il cinema ha portato a una ridefinizione dei modi di presenza dell’arte contemporanea e anche dei modi in cui l’arte è esperita, compresa, pensata e teorizzata. Dagli anni Novanta, in una contingenza culturale in cui si fa sempre più marcata l’attitudine transdisciplinare, il cinema assume nel campo delle pratiche artistiche, in molti modi, una centralità inedita che, al contempo, ne radica, enfatizza e nega la specificità linguistica e nondimeno la rilancia, la ri-produce altrove: estendendola in un ambiente, rendendola evento, esasperandone i dispositivi in una installazione, riforgiandola in scultura, decostruendola nella superficie di un quadro, ri-progammandola in un software. In tutti i casi l’arte si riferisce al cinema come a una “lingua” e a un “immaginario”, all’immaginario del Novecento, operazione questa che da un lato lo fa decantare in una sorta di museo del “simbolico” e dall’altro ne definisce intensificandola la dimensione di “archivio” di materiali iconografici, di figure in un “giacimento” di immagini-movimento e di immagini tempo (G. Deleuze, 1983; 1985) da re-interpretare, da ri-enunciare, da ri-programmare (N. Bourriaud, 2004). Sulla base dei percorsi tematici emersi nell’ambito di un programma di ricerca interuniversitario (MAGIS – Gradisca International Film Studies Spring School, “Cinema and contemporary visual arts, 2004-2007) dedicato allo studio del sistema di relazioni che intercorrono tra cinema e arte, il saggio intende introdurre un focus argomentativo che concerne non tanto le “grandi forme” di un “effetto cinema” nell’arte contemporanea (Ph. Dubois, 2006), quanto mira all’osservazione/descrizione della “fenomenologia” cinema-arte e, al contempo, orienta a una riflessione critica circa i “modi di presenza” del cinema nel campo disciplinare dell’arte. Delle pratiche artistiche tali “modi di presenza” evidenziano, da un lato, un carattere di esistenza (che concerne la manifestazione materiale, concettuale e situazionale che l’opera mette in campo tra “immanenza” e “trascendenza” cfr. G. Genette, 1994), dall’altro lato, individuano un carattere formale che concerne la rete di relazioni in formazione (processi di “messa in forma”), le forme relazionali ricorrentemente impiegate (sistema relazionale) e le modalità del loro impiego (forme di funzionamento). La dimensione formale che investe i modi di presenza del cinema nel campo dell’arte è complessa e concerne il dispiegarsi di relazioni (d’intersezione, di interferenza, di traduzione ecc.) a diversi livelli di manifestazione secondo differenti aspetti - “materici” e “testuali” (prelievi e ri-scritture), “segnici” (richiami, rinvii, allusioni, citazioni, plagi), “enunciativi” (costruzioni linguistiche e stili), “migratori” (traduzioni di motivi, temi, figure, stilemi), “meticci” (processi di creolizzazione del linguaggio dell’arte) - in una incessante mobilità ed elaborazione entro le pratiche artistiche. Il rilievo dei modi relazionali attraverso i quali il cinema si presenta in un’“opera” (e nella sua dimensione intrinsecamente transtestuale) o in una “pratica” (e nella sua dimensione teorica e progettuale) insiste, più in generale, sul cambiamento di statuto dell’“opera” (e delle nozioni e delle categorie correlate, prima e dopo R. Barthes, 1971) o più precisamente sulla dissoluzione dello statuto unitario dell’opera evidenziabile, in chiave “culturologica”, tra la storia del cinema sperimentale e d’avanguardia (e non solo) e la storia dell’arte. Di tale cambiamento, dagli anni Novanta e ai primi anni del Duemila, il saggio traccia tra cinema e arte uno dei possibili percorsi.

Cinema re-invented. Cinema's Presence in Contemporary Art

SABA, Cosetta
2007-01-01

Abstract

Dal Futurismo alla Net.art il cinema ha portato a una ridefinizione dei modi di presenza dell’arte contemporanea e anche dei modi in cui l’arte è esperita, compresa, pensata e teorizzata. Dagli anni Novanta, in una contingenza culturale in cui si fa sempre più marcata l’attitudine transdisciplinare, il cinema assume nel campo delle pratiche artistiche, in molti modi, una centralità inedita che, al contempo, ne radica, enfatizza e nega la specificità linguistica e nondimeno la rilancia, la ri-produce altrove: estendendola in un ambiente, rendendola evento, esasperandone i dispositivi in una installazione, riforgiandola in scultura, decostruendola nella superficie di un quadro, ri-progammandola in un software. In tutti i casi l’arte si riferisce al cinema come a una “lingua” e a un “immaginario”, all’immaginario del Novecento, operazione questa che da un lato lo fa decantare in una sorta di museo del “simbolico” e dall’altro ne definisce intensificandola la dimensione di “archivio” di materiali iconografici, di figure in un “giacimento” di immagini-movimento e di immagini tempo (G. Deleuze, 1983; 1985) da re-interpretare, da ri-enunciare, da ri-programmare (N. Bourriaud, 2004). Sulla base dei percorsi tematici emersi nell’ambito di un programma di ricerca interuniversitario (MAGIS – Gradisca International Film Studies Spring School, “Cinema and contemporary visual arts, 2004-2007) dedicato allo studio del sistema di relazioni che intercorrono tra cinema e arte, il saggio intende introdurre un focus argomentativo che concerne non tanto le “grandi forme” di un “effetto cinema” nell’arte contemporanea (Ph. Dubois, 2006), quanto mira all’osservazione/descrizione della “fenomenologia” cinema-arte e, al contempo, orienta a una riflessione critica circa i “modi di presenza” del cinema nel campo disciplinare dell’arte. Delle pratiche artistiche tali “modi di presenza” evidenziano, da un lato, un carattere di esistenza (che concerne la manifestazione materiale, concettuale e situazionale che l’opera mette in campo tra “immanenza” e “trascendenza” cfr. G. Genette, 1994), dall’altro lato, individuano un carattere formale che concerne la rete di relazioni in formazione (processi di “messa in forma”), le forme relazionali ricorrentemente impiegate (sistema relazionale) e le modalità del loro impiego (forme di funzionamento). La dimensione formale che investe i modi di presenza del cinema nel campo dell’arte è complessa e concerne il dispiegarsi di relazioni (d’intersezione, di interferenza, di traduzione ecc.) a diversi livelli di manifestazione secondo differenti aspetti - “materici” e “testuali” (prelievi e ri-scritture), “segnici” (richiami, rinvii, allusioni, citazioni, plagi), “enunciativi” (costruzioni linguistiche e stili), “migratori” (traduzioni di motivi, temi, figure, stilemi), “meticci” (processi di creolizzazione del linguaggio dell’arte) - in una incessante mobilità ed elaborazione entro le pratiche artistiche. Il rilievo dei modi relazionali attraverso i quali il cinema si presenta in un’“opera” (e nella sua dimensione intrinsecamente transtestuale) o in una “pratica” (e nella sua dimensione teorica e progettuale) insiste, più in generale, sul cambiamento di statuto dell’“opera” (e delle nozioni e delle categorie correlate, prima e dopo R. Barthes, 1971) o più precisamente sulla dissoluzione dello statuto unitario dell’opera evidenziabile, in chiave “culturologica”, tra la storia del cinema sperimentale e d’avanguardia (e non solo) e la storia dell’arte. Di tale cambiamento, dagli anni Novanta e ai primi anni del Duemila, il saggio traccia tra cinema e arte uno dei possibili percorsi.
2007
9788845609251
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