Se la condizione della donna in una società multietnica ha una sua specificità, non va comunque disgiunta dall’interazione fra le etnie in toto. Sono frequenti le situazioni in cui le donne si trovano a vivere in contesti multietnici non riuscendo a tagliare il “cordone ombelicale” dalle culture delle loro specifiche etnie, anche se provano un senso di ribellione. Non va dimenticato che anche il movimento femminista- nato con l’auspicio di essere “esportato”- deve spesso ”fare i conti” con identità femminili che rifiutano i suoi sacrosanti assunti di base, sia per il timore di ritorsioni o semplicemente perché alcuni “dogmi” si sono radicati profondamente nella loro identità profonda. La prima fase dell’emancipazione, affrancamento, non può prescindere da un “viaggio interiore” che implica vari passaggi. Il rischio maggiore, al di là di ogni etnia o cultura sono la stasi, la passività, la radicata quiescenza, quel torpore che paralizza. E’ indispensabile una spinta interiore orientata verso una nuova consapevolezza che di fatto diventa una necessità, che coincide con l’esigenza più che giusta, di avere il diritto al rispetto.
"Women in the multiethnic city: Interchange or Barriers?"
BRUNI, Valerio
2008-01-01
Abstract
Se la condizione della donna in una società multietnica ha una sua specificità, non va comunque disgiunta dall’interazione fra le etnie in toto. Sono frequenti le situazioni in cui le donne si trovano a vivere in contesti multietnici non riuscendo a tagliare il “cordone ombelicale” dalle culture delle loro specifiche etnie, anche se provano un senso di ribellione. Non va dimenticato che anche il movimento femminista- nato con l’auspicio di essere “esportato”- deve spesso ”fare i conti” con identità femminili che rifiutano i suoi sacrosanti assunti di base, sia per il timore di ritorsioni o semplicemente perché alcuni “dogmi” si sono radicati profondamente nella loro identità profonda. La prima fase dell’emancipazione, affrancamento, non può prescindere da un “viaggio interiore” che implica vari passaggi. Il rischio maggiore, al di là di ogni etnia o cultura sono la stasi, la passività, la radicata quiescenza, quel torpore che paralizza. E’ indispensabile una spinta interiore orientata verso una nuova consapevolezza che di fatto diventa una necessità, che coincide con l’esigenza più che giusta, di avere il diritto al rispetto.File | Dimensione | Formato | |
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