All’origine della sovranità ripercorre criticamente la complessa e articolata vicenda che porta, nella prima metà del Trecento, alla crisi del sistema gerarchico dionisiano e al concepimento dell’idea moderna di sovranità. Il principio del superiorem non recognoscere si prospetta infatti per la prima volta nell’esperienza giuridica allorché, nel corso della disputa sui due poteri, a coloro che si opponevano alle rivendicazioni pontificie apparve la necessità di elaborare nuovi modelli di ordinamento, alternativi alla rappresentazione ierocratica del sistema gerarchico. Dopo aver preso in considerazione le diverse rappresentazioni dell’ordinamento dionisiano elaborate nell’Europa latina del basso Medioevo (inclusa quella tomistica, alle pp. 63-68), l’Autore si sofferma sui due principali paradigmi che vi si contrapposero: l’organicismo marsiliano che, coniugato con assunti di chiara marca convenzionalista, avrebbe condotto appunto all’affermarsi del principio di sovranità e ad una soggezione totale dei cittadini alla volontà pubblica, e l’umanesimo dantesco che esaltava viceversa la capacità autoregolativa delle persone secondo una legge che è data loro con l’essere e che le ordina tanto alla beatitudo huius vite, quanto e soprattutto alla beatitudo vite ecterne. In questo modo, attraverso le argomentazioni filosofiche dei protagonisti della disputa, il problema della relazione tra i due poteri emerge in tutta la sua drammatica complessità: non trattandosi solo di riconoscere primati o supremazie, autonomie o asservimenti, ma di prendere partito sulla stessa concezione della comunità politica, sul suo principio ordinatore e sulla sua configurazione giuridica, nell’alternativa costituita da Dante e da Marsilio, che caratterizzerà tutta l’esperienza politico-giuridica successiva, fino ai giorni nostri.
All'origine della sovranità. Sistema gerarchico e ordinamento giuridico nella disputa sui due poteri all'inizio del XIV secolo
ANCONA, Elvio
2004-01-01
Abstract
All’origine della sovranità ripercorre criticamente la complessa e articolata vicenda che porta, nella prima metà del Trecento, alla crisi del sistema gerarchico dionisiano e al concepimento dell’idea moderna di sovranità. Il principio del superiorem non recognoscere si prospetta infatti per la prima volta nell’esperienza giuridica allorché, nel corso della disputa sui due poteri, a coloro che si opponevano alle rivendicazioni pontificie apparve la necessità di elaborare nuovi modelli di ordinamento, alternativi alla rappresentazione ierocratica del sistema gerarchico. Dopo aver preso in considerazione le diverse rappresentazioni dell’ordinamento dionisiano elaborate nell’Europa latina del basso Medioevo (inclusa quella tomistica, alle pp. 63-68), l’Autore si sofferma sui due principali paradigmi che vi si contrapposero: l’organicismo marsiliano che, coniugato con assunti di chiara marca convenzionalista, avrebbe condotto appunto all’affermarsi del principio di sovranità e ad una soggezione totale dei cittadini alla volontà pubblica, e l’umanesimo dantesco che esaltava viceversa la capacità autoregolativa delle persone secondo una legge che è data loro con l’essere e che le ordina tanto alla beatitudo huius vite, quanto e soprattutto alla beatitudo vite ecterne. In questo modo, attraverso le argomentazioni filosofiche dei protagonisti della disputa, il problema della relazione tra i due poteri emerge in tutta la sua drammatica complessità: non trattandosi solo di riconoscere primati o supremazie, autonomie o asservimenti, ma di prendere partito sulla stessa concezione della comunità politica, sul suo principio ordinatore e sulla sua configurazione giuridica, nell’alternativa costituita da Dante e da Marsilio, che caratterizzerà tutta l’esperienza politico-giuridica successiva, fino ai giorni nostri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.