La crioconservazione dei gameti femminili è un importante strumento nel trattamento dell'infertilità e rappresenta sicuramente uno dei più promettenti sviluppi nel campo della riproduzione assistita. Gli ovociti subiscono danni morfologici e funzionali durante la crioconservazione. L’entità del danno da congelamento dipende da fattori, quali la ridotta permeabilità della membrana citoplasmatica all’acqua ed ai crioprotettori penetranti, l’elevata sensibilità alle alterazioni biofisiche a cui è soggetta la componente citoplasmatica e la possibile compromissione di specializzati organelli citoplasmatici. Le prospettive migliori in ambito di congelamento ovocitario sembrano offerte negli ultimi anni dalla vitrificazione. Si riferisce ad un metodo di crioconservazione mirato a evitare la solidificazione di ghiaccio intracellulare, inibendo la formazione di siti di nucleazione e la loro crescita. È però una tecnica gravata da due possibili inconvenienti: da un lato l’uso di sistemi aperti porta al rischio di contaminazioni microbiologiche crociate, dall’altro le elevate concentrazioni di crioprotettore espongono le cellule ad un possibile effetto tossico. Di fondamentale importanza è la valutazione dei danni arrecati dai vari protocolli di crioconservazione. Ciò può essere fatto mediante tecniche conservative, come ad esempio l’osservazione morfologica, l’analisi del fuso meiotico e della zona pellucida mediante un microscopio a luce polarizzata (“polscope”), e non conservative, come l’analisi ultrastrutturale di tutte le componenti subcellulari e delle membrane. Il nostro studio si è prefissato di valutare i danni arrecati dalla vitrificazione a seconda del tipo di supporto utilizzato a parità di protocollo utilizzato. La procedura di vitrificazione è stata condotta mediante l’utilizzo delle medesime soluzioni contenenti EG e DMSO ma con due differenti devices, rispettivamente chiuso (Cryotip) e aperto (Cryotop). I dati ultrastrutturali ottenuti sui 28 ovociti vitrificati/devitrificati analizzati (15 con il sistema chiuso e 13 con il sistema aperto) e sui 18 ovociti freschi di controllo ci fan pensare che sarà necessario ottimizzare ulteriormente i protocolli di questa nuova metodica. Il sistema aperto sembra in ogni caso in grado di arrecare all’ovocita danni meno frequenti e di minor intensità.
Ruolo della vitrificazione ovocitaria: aspetti morfologici e risultati
BONETTI, Antonella;
2010-01-01
Abstract
La crioconservazione dei gameti femminili è un importante strumento nel trattamento dell'infertilità e rappresenta sicuramente uno dei più promettenti sviluppi nel campo della riproduzione assistita. Gli ovociti subiscono danni morfologici e funzionali durante la crioconservazione. L’entità del danno da congelamento dipende da fattori, quali la ridotta permeabilità della membrana citoplasmatica all’acqua ed ai crioprotettori penetranti, l’elevata sensibilità alle alterazioni biofisiche a cui è soggetta la componente citoplasmatica e la possibile compromissione di specializzati organelli citoplasmatici. Le prospettive migliori in ambito di congelamento ovocitario sembrano offerte negli ultimi anni dalla vitrificazione. Si riferisce ad un metodo di crioconservazione mirato a evitare la solidificazione di ghiaccio intracellulare, inibendo la formazione di siti di nucleazione e la loro crescita. È però una tecnica gravata da due possibili inconvenienti: da un lato l’uso di sistemi aperti porta al rischio di contaminazioni microbiologiche crociate, dall’altro le elevate concentrazioni di crioprotettore espongono le cellule ad un possibile effetto tossico. Di fondamentale importanza è la valutazione dei danni arrecati dai vari protocolli di crioconservazione. Ciò può essere fatto mediante tecniche conservative, come ad esempio l’osservazione morfologica, l’analisi del fuso meiotico e della zona pellucida mediante un microscopio a luce polarizzata (“polscope”), e non conservative, come l’analisi ultrastrutturale di tutte le componenti subcellulari e delle membrane. Il nostro studio si è prefissato di valutare i danni arrecati dalla vitrificazione a seconda del tipo di supporto utilizzato a parità di protocollo utilizzato. La procedura di vitrificazione è stata condotta mediante l’utilizzo delle medesime soluzioni contenenti EG e DMSO ma con due differenti devices, rispettivamente chiuso (Cryotip) e aperto (Cryotop). I dati ultrastrutturali ottenuti sui 28 ovociti vitrificati/devitrificati analizzati (15 con il sistema chiuso e 13 con il sistema aperto) e sui 18 ovociti freschi di controllo ci fan pensare che sarà necessario ottimizzare ulteriormente i protocolli di questa nuova metodica. Il sistema aperto sembra in ogni caso in grado di arrecare all’ovocita danni meno frequenti e di minor intensità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.