Gian Domenico Bertoli (Mereto di Tomba 13 marzo 1676 - ivi 21 marzo 1763) è conosciuto soprattutto per essere stato il fondatore del Museo lapidario di Aquileia e per la sua opera di erudito e archeologo. Di nobile famiglia, studiò a Venezia nel Collegio dei Somaschi; ritornato in Friuli ricevette gli ordini minori nel 1700 e divenne canonico di Aquileia. Visse appartato, tra Aquileia e Mereto di Tomba, dedicandosi esclusivamente agli studi e al canonicato. Fu nel 1719 che iniziò il lavoro sistematico di raccolta, conservazione e trascrizione delle iscrizioni aquileiesi e nel 1739 licenziò a Venezia, presso Albrizzi, Le antichità d’Aquileia profane e sacre che gli valsero l’accesso all’Accademia Colombaria di Firenze e all’Accademia Etrusca di Cortona e il riconoscimento di una posizione preminente nell'ambito dell’erudizione storico-antiquaria italiana ed europea. Assai ampio, però mai studiato sistematicamente, è l’Epistolario, conservato presso il Museo Archeologico di Aquileia con la segnatura XIII\2\h; si tratta di un copialettere della consistenza di quarantotto volumi, per un totale di circa diecimila carte e con un ricco corredo di disegni. In origine i volumi erano cinquantasette ma, nel 1917, nove di essi (14, 16, 36, 37, 38, 47, 49, 53 e 54) furono trafugati in Austria e dal 1924 non si hanno più notizie. Tra i corrispondenti si trovano gli italiani Ludovico Antonio Muratori, Scipione Maffei, Apostolo Zeno, Giammaria Mazzucchelli, Giusto Fontanini e Anton Maria Zanetti, ma anche degli stranieri come i due celebri antiquari inglesi Richard Pococke e Jeremy Milles. Malgrado l'Epistolario sia noto, nel passato è stato oggetto unicamente di spogli parziali. La consistenza e la ricchezza dell’Epistolario - ma anche i danni che ha sofferto - richiedono uno studio dedicato alla descrizione dei quarantotto volumi, all'edizione delle lettere di maggior rilievo scientifico e alla redazione di regesti delle altre epistole. E a conferma della ricchezza di questo copialettere è segnalato il rinvenimento di un nuovo e prezioso riferimento al fratello Daniele Antonio Bertoli (1677-1743), pittore alla corte di Vienna e figura del bel mondo, e ai suoi rapporti con la corte viennese e con gli intellettuali veneti. Si tratta di uno scambio epistolare e di un piccolo gruppo di sonetti conservati nel volume VII dell'Epistolario. Qui viene giocosamente messo in luce il ruolo di Pattatocco - l’inseparabile cane di Daniele Antonio, ricordato anche da Apostolo Zeno - nel procurare lavori al padrone; e a conclusione di questo scambio, secondo il gusto corrente dei dialoghi tra animali - si trova un lungo frammento inedito che conserva la Lettera di Pattatocco re de’ cani a Falcone re de’ cavalli.
Per l’Epistolario di Gian Domenico Bertoli (1676-1763)
DEL BEN, Andrea;
2011-01-01
Abstract
Gian Domenico Bertoli (Mereto di Tomba 13 marzo 1676 - ivi 21 marzo 1763) è conosciuto soprattutto per essere stato il fondatore del Museo lapidario di Aquileia e per la sua opera di erudito e archeologo. Di nobile famiglia, studiò a Venezia nel Collegio dei Somaschi; ritornato in Friuli ricevette gli ordini minori nel 1700 e divenne canonico di Aquileia. Visse appartato, tra Aquileia e Mereto di Tomba, dedicandosi esclusivamente agli studi e al canonicato. Fu nel 1719 che iniziò il lavoro sistematico di raccolta, conservazione e trascrizione delle iscrizioni aquileiesi e nel 1739 licenziò a Venezia, presso Albrizzi, Le antichità d’Aquileia profane e sacre che gli valsero l’accesso all’Accademia Colombaria di Firenze e all’Accademia Etrusca di Cortona e il riconoscimento di una posizione preminente nell'ambito dell’erudizione storico-antiquaria italiana ed europea. Assai ampio, però mai studiato sistematicamente, è l’Epistolario, conservato presso il Museo Archeologico di Aquileia con la segnatura XIII\2\h; si tratta di un copialettere della consistenza di quarantotto volumi, per un totale di circa diecimila carte e con un ricco corredo di disegni. In origine i volumi erano cinquantasette ma, nel 1917, nove di essi (14, 16, 36, 37, 38, 47, 49, 53 e 54) furono trafugati in Austria e dal 1924 non si hanno più notizie. Tra i corrispondenti si trovano gli italiani Ludovico Antonio Muratori, Scipione Maffei, Apostolo Zeno, Giammaria Mazzucchelli, Giusto Fontanini e Anton Maria Zanetti, ma anche degli stranieri come i due celebri antiquari inglesi Richard Pococke e Jeremy Milles. Malgrado l'Epistolario sia noto, nel passato è stato oggetto unicamente di spogli parziali. La consistenza e la ricchezza dell’Epistolario - ma anche i danni che ha sofferto - richiedono uno studio dedicato alla descrizione dei quarantotto volumi, all'edizione delle lettere di maggior rilievo scientifico e alla redazione di regesti delle altre epistole. E a conferma della ricchezza di questo copialettere è segnalato il rinvenimento di un nuovo e prezioso riferimento al fratello Daniele Antonio Bertoli (1677-1743), pittore alla corte di Vienna e figura del bel mondo, e ai suoi rapporti con la corte viennese e con gli intellettuali veneti. Si tratta di uno scambio epistolare e di un piccolo gruppo di sonetti conservati nel volume VII dell'Epistolario. Qui viene giocosamente messo in luce il ruolo di Pattatocco - l’inseparabile cane di Daniele Antonio, ricordato anche da Apostolo Zeno - nel procurare lavori al padrone; e a conclusione di questo scambio, secondo il gusto corrente dei dialoghi tra animali - si trova un lungo frammento inedito che conserva la Lettera di Pattatocco re de’ cani a Falcone re de’ cavalli.File | Dimensione | Formato | |
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