Fra i vari aspetti della fruizione tattile (aptica) di modelli in scala di beni culturali da parte di persone con disabilità visiva, la presente ricerca tratta il contributo delle discipline geomatiche nelle fasi di rilevamento, elaborazione e stampa 3D di beni archeologici. Fra le nove tipologie di beni culturali definite dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documenta-zione del MiBACT, quelli archeologici hanno caratteristiche specifiche che già ne differenziano il rilevamento geomatico rispetto ai beni immobili architettonici e paesaggistici, di fatto la casistica principale del rilevamento del patrimonio storico-artistico. Si pensi alla particolare morfologia degli scavi archeologici, tipicamente con geometria bidimensionale, spesso assai estesa, variabile con le fasi di scavo, con necessità di rappresentazioni stratigrafiche multi-scala e/o multi-temporali. Questo lavoro dedicato alla fruizione si limita a beni archeologici intesi come elementi museali, prendendo come casi di studio un pavimento musivo (2D) ed una statua mutile (3D), entrambi di epoca romana, cercando di analizzare le diverse problematiche della filiera “dall’oggetto reale all’oggetto replicato”. Il rilevamento del pavimento mosaicato dell’aula meridionale “SudHalle” (IV-VI sec.) del Battistero di Aquileia (di estensione 28,80 x 9,00 m) e della statua mutile (I sec) dell’Imperatore Claudio (alta 201,3 cm) esposta al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia è stato svolto mediante scansione con un laser scanner Faro S120, di cui qui si omettono i dettagli operativi. Seguendo le ben note fasi di elaborazione sono stati ottenuti, rispettivamente, una pianta ortofoto a colori (con pixel size 4,5 mm) e una dettagliata mesh 3D (con 1,6 milioni di triangoli). Qualora i rispettivi DSM venissero riprodotti in scala mediante stampa 3D, non sarebbero ideali, soprattutto il primo, per la fruizione aptica da parte di persone non vedenti, perché “troppo lisci” e quindi privi di informazione tattile. È quindi necessario procedere ad una “modellazione aumentata” in modo da stampare un modello plastico con una superficie contenente un numero “necessario ma non eccessivo” di informazioni geometriche idonee a costruire un immagine mentale del bene in fruizione. Il caso del pavimento è quello più complesso, poiché si tratta di una superficie di fatto bidimensionale, sebbene abbia una variazione complessiva di quota di ben 55 cm, dovuta a fenomeni di subsidenza e alla costruzione di strutture tombali nel medioevo nonché, in misura altimetricamente minore, per le ampie parti (circa il 35%) più basse perché prive di mosaico. Questo bene archeologico deve essere quindi riprodotto con una “mappa tattile in rilievo” che rappresenta principalmente le variazioni cromatiche (i principali disegni realizzati dalle tessere) ma anche tenendo conto di quelle altimetriche. Entra qui in gioco l’aspetto cruciale delle misure della riproduzione solida che, anch’essa, deve avere dimensioni “necessarie ma non eccessive”, non tanto per questioni di costo di stampa ma per non superare la capacità di lettura e memorizzazione. Assumendo una lun-ghezza/larghezza dell’ordine del metro, questa fissa indirettamente la scala del modello e, a sua volta, il massimo livello di dettaglio delle informazioni che possono essere stampate e riconosciute. Si deve infatti tener conto che, sulla base della letteratura tiflologica, le “curve a rilievo” devono avere elevazione e larghezza minima di 0,6 mm ed essere distanti almeno 2 mm. Per il mosaico, questi valori hanno portato ad una mappa in scala 1:25, di dimensioni 115 x 36 cm, con indicazione dei disegni musivi separati da almeno 5 cm: considerando che la dimensione media delle tessere è di 1,2 cm, deve esserci uno spazio “vuoto” di almeno quattro tessere fra due motivi decorativi. Utilizzando Gimp e ImageJ, a partire dall’ortofoto convertita in scala di grigio sono state eseguite una serie di elaborazioni di equalizzazione, filtraggio, posterizzazione, erosione ed infine binarizzazione con la creazione di pixel neri in corrispondenza dei disegni musivi più significativi, essenzialmente motivi geometrici e floreali. L’efficienza della procedura è buona, anche se è stato necessario eliminare manualmente delle linee all’interno di figure geometriche per evitare un eccesso di informazioni. La modellazione aumentata, realizzata con MeshLab, prevede che in corrispondenza dei pixel neri il modello sia quindi elevato di (almeno) 0,6 mm e che anche lo stesso DSM possa essere modificato in quota, p.e. raddoppiandone i valori, per rendere più percepibili le variazioni altimetriche del pavimento. Per quanto la modellazione aumentata della statua mutile (priva di parte del lato sinistro e del braccio destro) dell’Imperatore Claudio, le problematiche sono diverse perché si tratta innanzitutto di un oggetto 3D e poi la sua superficie monocolore rende di fatto inutili le elaborazione sulle immagini. La fruizione aptica riguarda inoltre non più una mappa ma un modello tattile che deve essere leggibile in un continuum tridimensionale: considerando un modello in scala 1:5, quindi di altezza pari a 40,3 cm, il numero di mesh è stato opportunamente ridotto. La leggibilità della superficie è stata aumentata sfruttando una serie di funzioni di MeshLab, fra le quali il filtro “unsharp” che crea una superficie più corrugata, in particolare nel volto e nelle pieghe della veste. Si è infine realizzato un modello integrando le parti mancanti con quelle di un’analoga statua analogo dell’Imperatore Adriano, lasciando invece quest’ultime lisce in modo da percepirne la differenza fra originale e integrazione. In definitiva, con le tecniche geomatiche è possibile non soltanto rilevare nel modo più corretto possibile la geometria (anche) di ben archeologici 2D o 3D ma anche modificare opportunamente i modelli numerici ottenuti per stampare modelli plastici meglio interpretabili tattilmente.

“Modellazione aumentata” di beni archeologici per la loro fruizione tattile: le diverse problematiche per un pavimento musivo e per una statua mutile

VISINTINI, Domenico
2017-01-01

Abstract

Fra i vari aspetti della fruizione tattile (aptica) di modelli in scala di beni culturali da parte di persone con disabilità visiva, la presente ricerca tratta il contributo delle discipline geomatiche nelle fasi di rilevamento, elaborazione e stampa 3D di beni archeologici. Fra le nove tipologie di beni culturali definite dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documenta-zione del MiBACT, quelli archeologici hanno caratteristiche specifiche che già ne differenziano il rilevamento geomatico rispetto ai beni immobili architettonici e paesaggistici, di fatto la casistica principale del rilevamento del patrimonio storico-artistico. Si pensi alla particolare morfologia degli scavi archeologici, tipicamente con geometria bidimensionale, spesso assai estesa, variabile con le fasi di scavo, con necessità di rappresentazioni stratigrafiche multi-scala e/o multi-temporali. Questo lavoro dedicato alla fruizione si limita a beni archeologici intesi come elementi museali, prendendo come casi di studio un pavimento musivo (2D) ed una statua mutile (3D), entrambi di epoca romana, cercando di analizzare le diverse problematiche della filiera “dall’oggetto reale all’oggetto replicato”. Il rilevamento del pavimento mosaicato dell’aula meridionale “SudHalle” (IV-VI sec.) del Battistero di Aquileia (di estensione 28,80 x 9,00 m) e della statua mutile (I sec) dell’Imperatore Claudio (alta 201,3 cm) esposta al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia è stato svolto mediante scansione con un laser scanner Faro S120, di cui qui si omettono i dettagli operativi. Seguendo le ben note fasi di elaborazione sono stati ottenuti, rispettivamente, una pianta ortofoto a colori (con pixel size 4,5 mm) e una dettagliata mesh 3D (con 1,6 milioni di triangoli). Qualora i rispettivi DSM venissero riprodotti in scala mediante stampa 3D, non sarebbero ideali, soprattutto il primo, per la fruizione aptica da parte di persone non vedenti, perché “troppo lisci” e quindi privi di informazione tattile. È quindi necessario procedere ad una “modellazione aumentata” in modo da stampare un modello plastico con una superficie contenente un numero “necessario ma non eccessivo” di informazioni geometriche idonee a costruire un immagine mentale del bene in fruizione. Il caso del pavimento è quello più complesso, poiché si tratta di una superficie di fatto bidimensionale, sebbene abbia una variazione complessiva di quota di ben 55 cm, dovuta a fenomeni di subsidenza e alla costruzione di strutture tombali nel medioevo nonché, in misura altimetricamente minore, per le ampie parti (circa il 35%) più basse perché prive di mosaico. Questo bene archeologico deve essere quindi riprodotto con una “mappa tattile in rilievo” che rappresenta principalmente le variazioni cromatiche (i principali disegni realizzati dalle tessere) ma anche tenendo conto di quelle altimetriche. Entra qui in gioco l’aspetto cruciale delle misure della riproduzione solida che, anch’essa, deve avere dimensioni “necessarie ma non eccessive”, non tanto per questioni di costo di stampa ma per non superare la capacità di lettura e memorizzazione. Assumendo una lun-ghezza/larghezza dell’ordine del metro, questa fissa indirettamente la scala del modello e, a sua volta, il massimo livello di dettaglio delle informazioni che possono essere stampate e riconosciute. Si deve infatti tener conto che, sulla base della letteratura tiflologica, le “curve a rilievo” devono avere elevazione e larghezza minima di 0,6 mm ed essere distanti almeno 2 mm. Per il mosaico, questi valori hanno portato ad una mappa in scala 1:25, di dimensioni 115 x 36 cm, con indicazione dei disegni musivi separati da almeno 5 cm: considerando che la dimensione media delle tessere è di 1,2 cm, deve esserci uno spazio “vuoto” di almeno quattro tessere fra due motivi decorativi. Utilizzando Gimp e ImageJ, a partire dall’ortofoto convertita in scala di grigio sono state eseguite una serie di elaborazioni di equalizzazione, filtraggio, posterizzazione, erosione ed infine binarizzazione con la creazione di pixel neri in corrispondenza dei disegni musivi più significativi, essenzialmente motivi geometrici e floreali. L’efficienza della procedura è buona, anche se è stato necessario eliminare manualmente delle linee all’interno di figure geometriche per evitare un eccesso di informazioni. La modellazione aumentata, realizzata con MeshLab, prevede che in corrispondenza dei pixel neri il modello sia quindi elevato di (almeno) 0,6 mm e che anche lo stesso DSM possa essere modificato in quota, p.e. raddoppiandone i valori, per rendere più percepibili le variazioni altimetriche del pavimento. Per quanto la modellazione aumentata della statua mutile (priva di parte del lato sinistro e del braccio destro) dell’Imperatore Claudio, le problematiche sono diverse perché si tratta innanzitutto di un oggetto 3D e poi la sua superficie monocolore rende di fatto inutili le elaborazione sulle immagini. La fruizione aptica riguarda inoltre non più una mappa ma un modello tattile che deve essere leggibile in un continuum tridimensionale: considerando un modello in scala 1:5, quindi di altezza pari a 40,3 cm, il numero di mesh è stato opportunamente ridotto. La leggibilità della superficie è stata aumentata sfruttando una serie di funzioni di MeshLab, fra le quali il filtro “unsharp” che crea una superficie più corrugata, in particolare nel volto e nelle pieghe della veste. Si è infine realizzato un modello integrando le parti mancanti con quelle di un’analoga statua analogo dell’Imperatore Adriano, lasciando invece quest’ultime lisce in modo da percepirne la differenza fra originale e integrazione. In definitiva, con le tecniche geomatiche è possibile non soltanto rilevare nel modo più corretto possibile la geometria (anche) di ben archeologici 2D o 3D ma anche modificare opportunamente i modelli numerici ottenuti per stampare modelli plastici meglio interpretabili tattilmente.
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