Il presente lavoro è in buona parte frutto di quella spasmodica ricerca di una fonte di conoscenza risolutiva che possa sciogliere i dilemmi dell’arte di giudicare. Non si fa mistero di quanto sia facile per il diritto scivolare verso pratiche elusive della funzione di giustizia, finendo per legittimare piccole e grandi menzogne istituzionali. Di certo, non è un’opzione che pare opportuno assecondare. In un’ottica sempre più proiettata verso un modello integrato di conoscenza giudiziale, può notarsi allora come stiano assumendo un certo credito le tesi favorevoli all’impiego di valutazioni scientifiche fondate sull’adozione di metodi “tecnici” atti a consentire un controllo in merito all’esattezza della percezione dei dichiaranti, alla precisione del loro ricordo, alla loro sincerità. L’interesse di settori di ricerca scientifica, come, ad esempio, quelli della psicologia forense o delle neuroscienze cognitive, ha portato all’elaborazione di nuove e più sofisticate tecniche di “validazione” del contributo dichiarativo. E in effetti, questo è un ambito che interessa anche al diritto: il sistema giudiziario avverte la necessità di metodologie che permettano di valutare e migliorare la validità delle prove orali, necessità che si fa più forte quando le dichiarazioni che devono essere giudicate costituiscono l’unica fonte di prova. Queste soluzioni ovviamente non mancano di sollevare delle perplessità. Si teme che il ricorso a conoscenze scientifiche, tecniche o altrimenti specializzate nel giudizio di attendibilità della prova orale possa spossessare il giudice di competenze tradizionalmente appartenutegli in via esclusiva. Un altro aspetto, particolarmente spinoso, riguarda la tutela delle libertà personali. Ad ogni modo, l’interesse sviluppatosi attorno al tema della diagnostica dell’attendibilità dichiarativa non ha eguali: i risultati della ricerca in questi settori stanno ponendo – sempre più insistentemente – gli operatori del diritto di fronte a nuove opportunità e interrogativi. Il lavoro, dalla forte connotazione interdisciplinare, chiarisce se oggi sussistano le condizioni metodologiche per poter riconoscere – nel rispetto dei presidi di rango costituzionale – un ruolo a quei metodi potenzialmente idonei a verificare e/o promuovere la sincerità di chi renda dichiarazioni processualmente rilevanti. Il primo capitolo, sulla scia dell’esperienza statunitense, ripercorre una serie di nozioni tecnico-giuridiche di base, che sono poi lo stato dell’arte dell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale sui grandi temi della “prova scientifica”. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione degli strumenti di “validazione” del contributo dichiarativo noti alla giurisprudenza italiana e internazionale. Chiarito in che cosa si sostanziano questi presidi, e qual è stata – fino ad oggi – la reazione al loro affacciarsi alla “corte” della giustizia, nel terzo capitolo si affronta, anche per mezzo di un approfondimento comparativo con il sistema giuridico statunitense, il fulcro delle problematiche connesse all’uso processuale di strumenti che si assumono in grado di rilevare il carattere “mendace” [rectius inattendibile] delle dichiarazioni rese in procedimento. La letteratura d’oltreoceano – al pari di quella italiana – offre ancora riflessioni alquanto frammentarie e disorganiche sul possibile ingresso di conoscenze esperte a supporto del giudizio di attendibilità dichiarativa. Questo progetto fa leva, quindi, su un approccio ampiamente teorico, ma proiettato verso un progressivo – altrettanto auspicabile – miglioramento del giudizio di attendibilità. In questo modo, è stato possibile delineare, nel quarto capitolo, delle argomentazioni che nel prossimo futuro potrebbero agevolare l’ingresso, nel nostro ordinamento e in quello statunitense, di alcune delle metodologie considerate. Il quinto capitolo da ampio risalto al contesto dell’investigazione penale, mettendo in primo piano – più in particolare – un profilo ad esso strettamente connesso come quello della sicurezza pubblica nazionale. Il senso capitolo, infine, ripercorre in chiave conclusiva alcune tra le tematiche più rilevanti emerse nel corso della trattazione, assumendo una prospettiva de iure condendo. L’interazione bugiarda fa parte della comunicazione sociale e, in quanto tale, è estremamente frequente anche nel contesto giudiziario. Per Francesco Carnelutti gli effetti della cattiva testimonianza possono essere paragonati a quelli di una malattia infettiva: «ai nostri giudici e ai nostri avvocati nessuno insegna il modo di diagnosticarla e di renderla innocua. Bisogna che questa ignoranza sparisca».

Le frontiere del giudizio di attendibilità dichiarativa: potenzialità e limiti delle neuroscienze in ambito penale / Martina Jelovcich - Udine. , 2017 May 03. 29. ciclo

Le frontiere del giudizio di attendibilità dichiarativa: potenzialità e limiti delle neuroscienze in ambito penale

Jelovcich, Martina
2017-05-03

Abstract

Il presente lavoro è in buona parte frutto di quella spasmodica ricerca di una fonte di conoscenza risolutiva che possa sciogliere i dilemmi dell’arte di giudicare. Non si fa mistero di quanto sia facile per il diritto scivolare verso pratiche elusive della funzione di giustizia, finendo per legittimare piccole e grandi menzogne istituzionali. Di certo, non è un’opzione che pare opportuno assecondare. In un’ottica sempre più proiettata verso un modello integrato di conoscenza giudiziale, può notarsi allora come stiano assumendo un certo credito le tesi favorevoli all’impiego di valutazioni scientifiche fondate sull’adozione di metodi “tecnici” atti a consentire un controllo in merito all’esattezza della percezione dei dichiaranti, alla precisione del loro ricordo, alla loro sincerità. L’interesse di settori di ricerca scientifica, come, ad esempio, quelli della psicologia forense o delle neuroscienze cognitive, ha portato all’elaborazione di nuove e più sofisticate tecniche di “validazione” del contributo dichiarativo. E in effetti, questo è un ambito che interessa anche al diritto: il sistema giudiziario avverte la necessità di metodologie che permettano di valutare e migliorare la validità delle prove orali, necessità che si fa più forte quando le dichiarazioni che devono essere giudicate costituiscono l’unica fonte di prova. Queste soluzioni ovviamente non mancano di sollevare delle perplessità. Si teme che il ricorso a conoscenze scientifiche, tecniche o altrimenti specializzate nel giudizio di attendibilità della prova orale possa spossessare il giudice di competenze tradizionalmente appartenutegli in via esclusiva. Un altro aspetto, particolarmente spinoso, riguarda la tutela delle libertà personali. Ad ogni modo, l’interesse sviluppatosi attorno al tema della diagnostica dell’attendibilità dichiarativa non ha eguali: i risultati della ricerca in questi settori stanno ponendo – sempre più insistentemente – gli operatori del diritto di fronte a nuove opportunità e interrogativi. Il lavoro, dalla forte connotazione interdisciplinare, chiarisce se oggi sussistano le condizioni metodologiche per poter riconoscere – nel rispetto dei presidi di rango costituzionale – un ruolo a quei metodi potenzialmente idonei a verificare e/o promuovere la sincerità di chi renda dichiarazioni processualmente rilevanti. Il primo capitolo, sulla scia dell’esperienza statunitense, ripercorre una serie di nozioni tecnico-giuridiche di base, che sono poi lo stato dell’arte dell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale sui grandi temi della “prova scientifica”. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione degli strumenti di “validazione” del contributo dichiarativo noti alla giurisprudenza italiana e internazionale. Chiarito in che cosa si sostanziano questi presidi, e qual è stata – fino ad oggi – la reazione al loro affacciarsi alla “corte” della giustizia, nel terzo capitolo si affronta, anche per mezzo di un approfondimento comparativo con il sistema giuridico statunitense, il fulcro delle problematiche connesse all’uso processuale di strumenti che si assumono in grado di rilevare il carattere “mendace” [rectius inattendibile] delle dichiarazioni rese in procedimento. La letteratura d’oltreoceano – al pari di quella italiana – offre ancora riflessioni alquanto frammentarie e disorganiche sul possibile ingresso di conoscenze esperte a supporto del giudizio di attendibilità dichiarativa. Questo progetto fa leva, quindi, su un approccio ampiamente teorico, ma proiettato verso un progressivo – altrettanto auspicabile – miglioramento del giudizio di attendibilità. In questo modo, è stato possibile delineare, nel quarto capitolo, delle argomentazioni che nel prossimo futuro potrebbero agevolare l’ingresso, nel nostro ordinamento e in quello statunitense, di alcune delle metodologie considerate. Il quinto capitolo da ampio risalto al contesto dell’investigazione penale, mettendo in primo piano – più in particolare – un profilo ad esso strettamente connesso come quello della sicurezza pubblica nazionale. Il senso capitolo, infine, ripercorre in chiave conclusiva alcune tra le tematiche più rilevanti emerse nel corso della trattazione, assumendo una prospettiva de iure condendo. L’interazione bugiarda fa parte della comunicazione sociale e, in quanto tale, è estremamente frequente anche nel contesto giudiziario. Per Francesco Carnelutti gli effetti della cattiva testimonianza possono essere paragonati a quelli di una malattia infettiva: «ai nostri giudici e ai nostri avvocati nessuno insegna il modo di diagnosticarla e di renderla innocua. Bisogna che questa ignoranza sparisca».
3-mag-2017
Prova dichiarativa; Attendibilità; Neuroscienze; Ammissibilità
Le frontiere del giudizio di attendibilità dichiarativa: potenzialità e limiti delle neuroscienze in ambito penale / Martina Jelovcich - Udine. , 2017 May 03. 29. ciclo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1132643
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