Dairy farming systems in mountain areas play an essential role from the economic, social and environmental point of view. However, extensive mountain farms appear rather unsustainable from an environmental perspective when pollutant emissions are allocated on the quantity of milk produced. Many works carried out using Life Cycle Assessment (LCA) approach and the kilogram of milk as functional unit, lead to this misleading result. LCA is a methodology that allows the evaluation of the environmental impact during all phases of a product or service’s life. It involves the systematic analysis of production system, to account for all inputs and outputs associated with a specific product within a defined system boundary. Researchers have applied LCA to milk production to obtain valid carbon footprint numbers for raw milk, but there is still room for interpretation. In particular, when assessing traditional small-scale farms in mountain areas, it is necessary consider that they are able to use native breeds, to maintain grasslands and their biodiversity and to conserve the traditional landscape. In this way, multifunctional farms deliver, in addition to the co-product meat, also important ecosystem services (ES) to the community to which is important recognizing a cost in terms of emissions. The aim of this thesis is to evaluate environmental impacts of small-scale dairy farms in alpine areas through a LCA approach, tacking also into account their multi-functionality. The thesis consists of three works. The first paper is a review and it describes the evolution and characterization of livestock sector in Italian Alps analyzing the most important factors affecting their environmental sustainability. The review discusses the adoption of LCA to evaluate the environmental impacts and the need to assess also the ES provided by forage-based farms. The aim of the second paper is to estimate the environmental impact of organic and conventional small-scale dairy farms in Eastern Italian Alps. The farms object of this study were assessed for global warming potential, acidification and eutrophication impacts through a LCA approach in two scenario: Baseline Scenario, based on the real farm data, or Milk-Beef production system Scenario, assuming that calves exceeding the culling rate were directly fattened on-farm. Different allocation methods were considered to accounting also for co-product beef (physical allocation) and for ES (economic allocation) provided by farms. Performing no allocation, the average values obtained for global warming potential, acidification and eutrophication per kg of FPCM (Fat Protein Corrected Milk) were respectively 1.43 kg CO2-eq, 25.84 g SO2-eq and 3.99 g PO43--eq within the Baseline Scenario, and respectively 1.64 kg CO2-eq, 29.67 g SO2-eq and 4.10 g PO43--eq within the Milk-Beef production system Scenario. In Baseline Scenario, considering 1 kg of FPCM as functional unit, the reduction of greenhouse gas emissions from no allocation to economic allocation was on average 34.1%, and from physical allocation to economic ones was 21.3%. This study provided a double-folded advice suggesting first, to strengthen beef production in dual-purpose breeds in order to reduce emissions apportioned to milk, and second, to account for multi-functionality considering ES provided by the farms in the LCA. The third paper takes into account the potential of soil carbon sequestration. Two groups of farms were identified on the basis of the Livestock Units (LU): TRADITIONAL farms (< 30 LU), and MODERN ones (> 30 LU). Before considering soil carbon sequestration in LCA, performing no allocation, per kg of FPCM, the value registered for TRADITIONAL farms tended to be higher than the other group (1.94 vs. 1.59 kg CO2-eq/kg FPCM, P ≤ 0.10). When physical allocation was performed, the difference between the two groups became less noticeable because TRADITIONAL farms sold on average more beef respect modern ones stressing more the dual-purpose character of alpine livestock systems. When the contribution from soil carbon sequestration was included in the LCA, performing no allocation, the global warming potential was reduced on average by 29.6% and considering the beef as a co-product of the farm, the percentage of reduction was on average 45.8%. To point out how the presence of grasslands is crucial for small-scale farms carbon footprint, in this study was also applied a simulation for increasing forage self-sufficiency of farms. To produce enough forage for all animals reared, permanent grasslands increase on average of 3.64 ha. This has important implications not only on the reduction of environmental emissions, but also on the maintenance of landscape and biodiversity. This thesis stresses how it is fundamental to apply “systems thinking” to efficiently capture the dynamics between the production of milk, the co-product meat and the provisioning of other services to avoid incorrect assessment of traditional small-scale farms
La zootecnia da latte ha un imprescindibile ruolo economico, sociale e ambientale in territorio montano. Tuttavia le aziende zootecniche estensive di montagna, a causa di numerosi e diversi vincoli, appaiono poco sostenibili dal punto di vista ambientale qualora le emissioni totali di inquinanti vengano ripartite solo sulla quantità di latte prodotto. Numerose analisi effettuate utilizzando approcci Life Cycle Assessment (LCA) e il chilogrammo di latte come “unità funzionale” portano infatti a questo risultato evidentemente fuorviante. L’LCA è una metodologia che permette di valutare l’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio lungo tutto il suo ciclo produttivo, considerando input e output in un sistema dai confini ben definiti. Nell’applicare questa metodologia alla produzione di latte in zone di montagna, è necessario considerare che le aziende tradizionali a piccola scala forniscono, oltre al co-prodotto carne, anche importanti servizi ecosistemici (SE) alla comunità - come ad esempio la tutela dell’agro-biodiversità, il mantenimento di prati e pascoli, la prevenzione da incendi o dal dissesto idrogeologico - ai quali sembra opportuno riconoscere un costo anche in termini di emissioni. Scopo di questa tesi è quello di valutare l’impatto ambientale di aziende da latte a piccola scala che operano in area alpina attraverso un approccio LCA, tenendo in considerazione il loro carattere multifunzionale. La presente tesi si articola in tre lavori. Il primo lavoro è una review e vuole descrivere l’evoluzione e le caratteristiche del settore zootecnico nelle Alpi italiane analizzando i fattori più importanti che ne influenzano la sostenibiltà ambientale. Viene qui discussa l’importanza di adottare la metodologia LCA nella valutazione dell’impatto ambientale dei sistemi zootecnici alpini e la necessità di condividere un metodo multicriteria per non escludere i SE forniti dalle aziende tradizionali basate sull’utilizzo di prati e pascoli. Nel secondo lavoro vengono stimati gli impatti ambientali di aziende da latte a piccola scala, biologiche e convenzionali, situate nelle Alpi Orientali italiane. Le aziende oggetto dello studio vengono valutate, applicando la metodologia LCA, per il potenziale di riscaldamento globale, l’acidificazione e l’eutrofizzazione, in due scenari: lo Scenario “Baseline”, basato sui dati reali rilevati in azienda, e lo Scenario “Milk-Beef production system”, in cui si assume che i vitelli eccedenti la rimonta vengano ingrassati direttamente in azienda. In questo lavoro le emissioni totali finali vengono allocate in diversi modi per tenere in considerazione anche il co-prodotto carne (allocazione fisica) e i SE (allocazione economica) forniti dalle aziende. Nel caso in cui non venga effettuata alcuna allocazione, i valori medi registrati per il potenziale di riscaldamento globale, l’acidificazione e l’eutrofizzazione, per kg di FPCM (Fat Protein Corrected Milk), risultano essere rispettivamente 1.43 kg CO2-eq, 25.84 g SO2-eq e 3.99 g PO43--eq all’interno dello Scenario “Baseline”, e 1.64 kg CO2-eq, 29.67 g SO2-eq e 4.10 g PO43--eq all’interno dello Scenario “Milk-Beef production system”. Nello Scenario “Baseline”, considerando 1 kg di FPCM come unità funzionale, la riduzione media dei gas serra emessi dalle aziende risulta essere del 34.1%, passando da nessuna allocazione all’applicazione dell’allocazione economica, e del 21.3% passando dall’allocazione fisica a quella economica. Questo lavoro vuole fornire una duplice chiave di lettura sottolineando innanzi tutto l’importanza di considerare anche i SE nella valutazione della sostenibilità ambientale delle aziende da latte tradizionali di montagna, e dimostrando come il rafforzamento della produzione di carne in aziende che già allevano razze a duplice attitudine, può portare a ridurre le emissioni attribuibili al latte. Scopo del terzo lavoro è quello di considerare nell’applicazione del LCA anche il potenziale di sequestro del carbonio del suolo. In questo studio vengono identificati due gruppi di aziende sulla base delle UBA: aziende TRADIZIONALI (< 30 UBA), e aziende MODERNE (> 30 UBA). Senza considerare l’effetto del sequestro del carbonio, non applicando alcuna allocazione e per kg di FPCM, il valore registrato per le aziende TRADIZIONALI tende ad essere più alto rispetto all’altro gruppo (1.94 vs. 1.59 kg CO2-eq/kg FPCM, P ≤ 0.10), mentre nel momento in cui viene applicata l’allocazione fisica, la differenza tra i due gruppi diventa meno significativa in quanto le aziende TRADIZIONALI vendono in media più carne rispetto alle MODERNE riuscendo in questo modo a sfruttare maggiormente il carattere di duplice attitudine tipico della zootecnia alpina. Considerando nel calcolo del LCA anche il contributo del sequestro del carbonio da parte del suolo, il potenziale di riscaldamento globale viene ridotto in media del 29.6% non applicando allocazioni, e del 45.8% nel caso in cui venga applicata l’allocazione fisica. In questo lavoro viene inoltre simulato l’incremento dell’autosufficienza foraggera delle aziende per mettere in luce come la presenza di prati e pascoli sia cruciale per la valutazione della sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici a piccola scala. Per produrre foraggio sufficiente per alimentare gli animali allevati, si registra un incremento medio aziendale di prati e pascoli di 3.64 ha: dato che avrebbe ricadute importanti non solo nel conteggio delle emissioni dei gas serra finali, ma anche nel mantenimento del paesaggio e della biodiversità montana. Questa tesi, in definitiva, vuole sottolineare come sia necessario applicare sistemi olistici per catturare in modo efficace le dinamiche che regolano i sistemi zootecnici tradizionali di montagna, basati sulla produzione di latte, ma anche di carne, e importanti per la comunità in quanto forniscono molteplici SE, per evitare una loro scorretta valutazione
Environmental sustainability of alpine dairy farms / Sara Salvador - Udine. , 2016 Apr 07. 28. ciclo
Environmental sustainability of alpine dairy farms
Salvador, Sara
2016-04-07
Abstract
La zootecnia da latte ha un imprescindibile ruolo economico, sociale e ambientale in territorio montano. Tuttavia le aziende zootecniche estensive di montagna, a causa di numerosi e diversi vincoli, appaiono poco sostenibili dal punto di vista ambientale qualora le emissioni totali di inquinanti vengano ripartite solo sulla quantità di latte prodotto. Numerose analisi effettuate utilizzando approcci Life Cycle Assessment (LCA) e il chilogrammo di latte come “unità funzionale” portano infatti a questo risultato evidentemente fuorviante. L’LCA è una metodologia che permette di valutare l’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio lungo tutto il suo ciclo produttivo, considerando input e output in un sistema dai confini ben definiti. Nell’applicare questa metodologia alla produzione di latte in zone di montagna, è necessario considerare che le aziende tradizionali a piccola scala forniscono, oltre al co-prodotto carne, anche importanti servizi ecosistemici (SE) alla comunità - come ad esempio la tutela dell’agro-biodiversità, il mantenimento di prati e pascoli, la prevenzione da incendi o dal dissesto idrogeologico - ai quali sembra opportuno riconoscere un costo anche in termini di emissioni. Scopo di questa tesi è quello di valutare l’impatto ambientale di aziende da latte a piccola scala che operano in area alpina attraverso un approccio LCA, tenendo in considerazione il loro carattere multifunzionale. La presente tesi si articola in tre lavori. Il primo lavoro è una review e vuole descrivere l’evoluzione e le caratteristiche del settore zootecnico nelle Alpi italiane analizzando i fattori più importanti che ne influenzano la sostenibiltà ambientale. Viene qui discussa l’importanza di adottare la metodologia LCA nella valutazione dell’impatto ambientale dei sistemi zootecnici alpini e la necessità di condividere un metodo multicriteria per non escludere i SE forniti dalle aziende tradizionali basate sull’utilizzo di prati e pascoli. Nel secondo lavoro vengono stimati gli impatti ambientali di aziende da latte a piccola scala, biologiche e convenzionali, situate nelle Alpi Orientali italiane. Le aziende oggetto dello studio vengono valutate, applicando la metodologia LCA, per il potenziale di riscaldamento globale, l’acidificazione e l’eutrofizzazione, in due scenari: lo Scenario “Baseline”, basato sui dati reali rilevati in azienda, e lo Scenario “Milk-Beef production system”, in cui si assume che i vitelli eccedenti la rimonta vengano ingrassati direttamente in azienda. In questo lavoro le emissioni totali finali vengono allocate in diversi modi per tenere in considerazione anche il co-prodotto carne (allocazione fisica) e i SE (allocazione economica) forniti dalle aziende. Nel caso in cui non venga effettuata alcuna allocazione, i valori medi registrati per il potenziale di riscaldamento globale, l’acidificazione e l’eutrofizzazione, per kg di FPCM (Fat Protein Corrected Milk), risultano essere rispettivamente 1.43 kg CO2-eq, 25.84 g SO2-eq e 3.99 g PO43--eq all’interno dello Scenario “Baseline”, e 1.64 kg CO2-eq, 29.67 g SO2-eq e 4.10 g PO43--eq all’interno dello Scenario “Milk-Beef production system”. Nello Scenario “Baseline”, considerando 1 kg di FPCM come unità funzionale, la riduzione media dei gas serra emessi dalle aziende risulta essere del 34.1%, passando da nessuna allocazione all’applicazione dell’allocazione economica, e del 21.3% passando dall’allocazione fisica a quella economica. Questo lavoro vuole fornire una duplice chiave di lettura sottolineando innanzi tutto l’importanza di considerare anche i SE nella valutazione della sostenibilità ambientale delle aziende da latte tradizionali di montagna, e dimostrando come il rafforzamento della produzione di carne in aziende che già allevano razze a duplice attitudine, può portare a ridurre le emissioni attribuibili al latte. Scopo del terzo lavoro è quello di considerare nell’applicazione del LCA anche il potenziale di sequestro del carbonio del suolo. In questo studio vengono identificati due gruppi di aziende sulla base delle UBA: aziende TRADIZIONALI (< 30 UBA), e aziende MODERNE (> 30 UBA). Senza considerare l’effetto del sequestro del carbonio, non applicando alcuna allocazione e per kg di FPCM, il valore registrato per le aziende TRADIZIONALI tende ad essere più alto rispetto all’altro gruppo (1.94 vs. 1.59 kg CO2-eq/kg FPCM, P ≤ 0.10), mentre nel momento in cui viene applicata l’allocazione fisica, la differenza tra i due gruppi diventa meno significativa in quanto le aziende TRADIZIONALI vendono in media più carne rispetto alle MODERNE riuscendo in questo modo a sfruttare maggiormente il carattere di duplice attitudine tipico della zootecnia alpina. Considerando nel calcolo del LCA anche il contributo del sequestro del carbonio da parte del suolo, il potenziale di riscaldamento globale viene ridotto in media del 29.6% non applicando allocazioni, e del 45.8% nel caso in cui venga applicata l’allocazione fisica. In questo lavoro viene inoltre simulato l’incremento dell’autosufficienza foraggera delle aziende per mettere in luce come la presenza di prati e pascoli sia cruciale per la valutazione della sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici a piccola scala. Per produrre foraggio sufficiente per alimentare gli animali allevati, si registra un incremento medio aziendale di prati e pascoli di 3.64 ha: dato che avrebbe ricadute importanti non solo nel conteggio delle emissioni dei gas serra finali, ma anche nel mantenimento del paesaggio e della biodiversità montana. Questa tesi, in definitiva, vuole sottolineare come sia necessario applicare sistemi olistici per catturare in modo efficace le dinamiche che regolano i sistemi zootecnici tradizionali di montagna, basati sulla produzione di latte, ma anche di carne, e importanti per la comunità in quanto forniscono molteplici SE, per evitare una loro scorretta valutazioneFile | Dimensione | Formato | |
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