Il tema della vigilanza e dell’ispezione del lavoro è stato poco dibattuto dalla dottrina giuslavorista, così come quello inerente all’apparato sanzionatorio a presidio delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale, in quanto la produzione dottrinale si è sempre concentrata sulla dignità della persona che lavora dal lato delle tutele. Sollecitato dagli spunti che emergono dal d.lgs. n. 149/2015 e dal d.lgs. n. 8/2016, l’obiettivo della presente ricerca è quello di verificare – a distanza di poco più di un lustro – se l’attuale stato del c.d. “diritto sanzionatorio del lavoro” sia idoneo o meno alla tutela della dignità della persona che lavora. Per un verso, ci si chiede se con il d.lgs. n. 149/2015, che ha rivisitato in modo sostanziale il precedente assetto ispettivo delineato dal d.lgs. n. 124/2004 con la creazione di un unico organo, l’Ispettorato del lavoro (INL), a cui è stata affidata l’attività di vigilanza sul lavoro prima scorporata tra gli ispettori del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL, sia riuscito a superare l’annoso problema dell’inefficienza delle ispezioni nelle aziende e delle loro duplicazioni e sovrapposizioni. Per altro verso, dopo aver confrontato i due strumenti principali alla lotta al lavoro irregolare (da un lato, la c.d. maxisanzione contro il lavoro sommerso di natura amministrativa, e dall’altro lato l’illecito penale di “intermediazione illecita e sfruttamento del la-voro” di cui all’art. 603-bis c.p.), si riflette se, sotto il profilo sanzionatorio, la tutela della persona che lavora sia meglio raggiunta con la minaccia di sanzioni penali o di sanzioni amministrative. Conclusivamente, tenuto conto che la sanzione amministrativa non soggiace a tutti i rigidi vincoli e garanzie proprie del procedimento penale e ai consentanei strumenti che sviliscono l’efficacia deterrente e punitiva della pena, nonché del sostanzioso inasprimento della sanzione amministrativa pecuniaria rispetto alle previgenti multe e ammende realizzatosi con la depenalizzazione in materia di lavoro di cui al d.lgs. n. 8/2016, si può vedere come la sostituzione dello strumento penale con quello amministrativo non sia corrisposto ad un arretramento dello scopo e dell’effetto punitivo e deterrente da parte del nostro ordinamento nella tutela della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici.
La vigilanza sul lavoro tra prevenzione e repressione. Strategie, tecniche e problemi di effettività / Gianluca Picco , 2022 Mar 11. 34. ciclo, Anno Accademico 2020/2021.
La vigilanza sul lavoro tra prevenzione e repressione. Strategie, tecniche e problemi di effettività.
PICCO, GIANLUCA
2022-03-11
Abstract
Il tema della vigilanza e dell’ispezione del lavoro è stato poco dibattuto dalla dottrina giuslavorista, così come quello inerente all’apparato sanzionatorio a presidio delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale, in quanto la produzione dottrinale si è sempre concentrata sulla dignità della persona che lavora dal lato delle tutele. Sollecitato dagli spunti che emergono dal d.lgs. n. 149/2015 e dal d.lgs. n. 8/2016, l’obiettivo della presente ricerca è quello di verificare – a distanza di poco più di un lustro – se l’attuale stato del c.d. “diritto sanzionatorio del lavoro” sia idoneo o meno alla tutela della dignità della persona che lavora. Per un verso, ci si chiede se con il d.lgs. n. 149/2015, che ha rivisitato in modo sostanziale il precedente assetto ispettivo delineato dal d.lgs. n. 124/2004 con la creazione di un unico organo, l’Ispettorato del lavoro (INL), a cui è stata affidata l’attività di vigilanza sul lavoro prima scorporata tra gli ispettori del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL, sia riuscito a superare l’annoso problema dell’inefficienza delle ispezioni nelle aziende e delle loro duplicazioni e sovrapposizioni. Per altro verso, dopo aver confrontato i due strumenti principali alla lotta al lavoro irregolare (da un lato, la c.d. maxisanzione contro il lavoro sommerso di natura amministrativa, e dall’altro lato l’illecito penale di “intermediazione illecita e sfruttamento del la-voro” di cui all’art. 603-bis c.p.), si riflette se, sotto il profilo sanzionatorio, la tutela della persona che lavora sia meglio raggiunta con la minaccia di sanzioni penali o di sanzioni amministrative. Conclusivamente, tenuto conto che la sanzione amministrativa non soggiace a tutti i rigidi vincoli e garanzie proprie del procedimento penale e ai consentanei strumenti che sviliscono l’efficacia deterrente e punitiva della pena, nonché del sostanzioso inasprimento della sanzione amministrativa pecuniaria rispetto alle previgenti multe e ammende realizzatosi con la depenalizzazione in materia di lavoro di cui al d.lgs. n. 8/2016, si può vedere come la sostituzione dello strumento penale con quello amministrativo non sia corrisposto ad un arretramento dello scopo e dell’effetto punitivo e deterrente da parte del nostro ordinamento nella tutela della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici.File | Dimensione | Formato | |
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