L’articolo propone un nuovo modello analitico per l’interpretazione tecnico-estetica di Déserts di Edgard Varèse, basato su un approccio diacronico al testo secondo i metodi della filologia d’autore. Le fonti autografe e idiografe di Déserts offrono infatti informazioni preziose non solo sulla genesi dell’opera, ma anche sulle logiche strutturali che ne hanno guidato la composizione. Lo studio delle fonti d’autore mostra che il processo compositivo di Déserts si articolò su due piani: nei primi schizzi dell’opera Varèse si concentrò sulla strutturazione delle altezze mediante procedimenti dodecafonici; in seguito, come testimoniano le diverse redazioni della partitura, il compositore lavorò instancabilmente all’affinamento delle soluzioni timbriche. La presenza di elaborazioni formali dodecafoniche nella partitura strumentale di Déserts getta nuova luce sulla tecnica compositiva dell’ultimo Varèse. La serie dodecafonica in Déserts è utilizzata anzitutto per creare coerenza nella struttura intervallare delle parti strumentali, mediante il principio di invarianza. L’accostamento di forme seriali diverse, caratterizzate dalla medesima segmentazione in sottoinsiemi bi- e tricordali, crea cellule intervallari invarianti timbricamente caratterizzate. Per divenire realmente “masse sonore”, le strutture che reggono la composizione devono però essere calate nel mezzo strumentale che ne determina il timbro reale. L’affinamento del timbro e della dinamica nelle diverse redazioni dell’opera mostra un’attenzione del compositore alla costruzione del suono che va ben oltre la definizione timbrica degli invarianti seriali. Il timbro in Déserts non è un’entità statica, ma è dotato di una struttura interna in continua evoluzione. La portata del pensiero varèsiano espresso in Déserts va dunque indagata nel connubio tra l’astrattezza dei rapporti intervallari e la materialità del suono concreto, tra la serie dodecafonica e la sottile scrittura timbrica che le dà corpo.

Trasformazioni dodecafoniche ed elaborazioni timbriche nel processo compositivo di ‘‘Déserts’’ di Edgard Varèse

VERNOOIJ, Eveline
2013-01-01

Abstract

L’articolo propone un nuovo modello analitico per l’interpretazione tecnico-estetica di Déserts di Edgard Varèse, basato su un approccio diacronico al testo secondo i metodi della filologia d’autore. Le fonti autografe e idiografe di Déserts offrono infatti informazioni preziose non solo sulla genesi dell’opera, ma anche sulle logiche strutturali che ne hanno guidato la composizione. Lo studio delle fonti d’autore mostra che il processo compositivo di Déserts si articolò su due piani: nei primi schizzi dell’opera Varèse si concentrò sulla strutturazione delle altezze mediante procedimenti dodecafonici; in seguito, come testimoniano le diverse redazioni della partitura, il compositore lavorò instancabilmente all’affinamento delle soluzioni timbriche. La presenza di elaborazioni formali dodecafoniche nella partitura strumentale di Déserts getta nuova luce sulla tecnica compositiva dell’ultimo Varèse. La serie dodecafonica in Déserts è utilizzata anzitutto per creare coerenza nella struttura intervallare delle parti strumentali, mediante il principio di invarianza. L’accostamento di forme seriali diverse, caratterizzate dalla medesima segmentazione in sottoinsiemi bi- e tricordali, crea cellule intervallari invarianti timbricamente caratterizzate. Per divenire realmente “masse sonore”, le strutture che reggono la composizione devono però essere calate nel mezzo strumentale che ne determina il timbro reale. L’affinamento del timbro e della dinamica nelle diverse redazioni dell’opera mostra un’attenzione del compositore alla costruzione del suono che va ben oltre la definizione timbrica degli invarianti seriali. Il timbro in Déserts non è un’entità statica, ma è dotato di una struttura interna in continua evoluzione. La portata del pensiero varèsiano espresso in Déserts va dunque indagata nel connubio tra l’astrattezza dei rapporti intervallari e la materialità del suono concreto, tra la serie dodecafonica e la sottile scrittura timbrica che le dà corpo.
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