La stratopatia è un sovrapporsi di aspettative disattese che vengono dilazionate nel tempo fino al deteriorarsi dell'esperienza medesima, è una sofferenza stratificata che deriva da enfasi realizzatrici. In queste realizzazioni c'è una partenza, nel loro ultimo deteriorarsi i punti di svolta. Questi aspetti si rincorrono, con differenti tempismi, travolgente e prometeico il nefas argonautico del primo, meditativo, estenuante e melanconico il secondo. La contemplazione della cultura dominante che descrive i paesaggi noti, rassicuranti e strutturalmente ritenuti stabili fa sì che per molti sia importante aprirsi all'esperienza progettuale senza voler manipolare il sistema. Altri invece, tentando di forzare il blocco culturale che in qualche modo li opprime, tendono al rinnovamento, poiché ritengono che la stabilità del sistema sia venuta o stia per venire meno. Il più delle volte ciò produce fenomeni alla moda, agendo sulla pelle del sistema dominante, senza scalfirne la macrostruttura. Solo saltuariamente, quando i momenti di crisi divengono conclamati, si ottengono modificazioni strutturali, vincendo la naturale entalpia del sistema. E' il caso delle distruzioni creative, delle guerre, delle catene di invenzioni. Il sistema rinnovato continua generalmente a vivere, stratificando esperienze di successive generazioni. Ma anche quando dovesse cedere, come nel caso dell'Impero romano, esso rivelerebbe, nei sistemi successivi, fenomeni di recupero di parti preesistenti. Le antiche viae romane hanno segnato allineamenti e insediamenti che bene o male riemergeranno nel collegamento stradale e ferroviario delle città contemporanee. Poiché le reti costano e ancor di più costerebbe spostare i nodi che collegano, risulta conveniente adeguarvisi finché possibile, finché cioè non si presentassero soglie allo sviluppo tali da richiederne il superamento e la radicale modifica, pena terribile decadenza. Rimangono così lacerti, frammenti, rovine, che rimandano a condizioni preesistenti divenendo citazioni di un poema perduto nel tessuto paesaggistico. Dove le esperienze sono più carenti, manca però anche sostrato per ricominciare. Come sosteneva T. S. Eliot “con questi frammenti io ho puntellato le mie rovine”. Noi costruiamo partendo da ciò che abbiamo distrutto o da ciò che, giunto al punto di non ritorno, ha comunque sufficiente flessibilità, resistenza, utilità, forza, adattabilità, fluidità per essere recuperato e riutilizzato. E' ovvio che i vincoli guidino il progettista. E il vincolo dell'esistente è il più importante dei vincoli della pianificazione. Ma talora esso diventa freno di carattere entropico anziché motore di rinascita. Per avere rinascimento occorre allora declinare strategicamente gli oggetti edilizi, le infrastrutture, i progetti che ci derivano dal passato. E per farlo serve una pianificazione continua, sistemica e dinamica che sappia produrre nuove aspettative in grado di vincere le opposizioni del sistema. Ma questa avrà effetti tanto più resilienti quanto più sinergico sarà l'uso delle vecchie aree, dei vecchi edifici, delle vecchie strutture, dismessi dal sistema precedente, con le nuove previsioni. Quali sono dunque i legami tra queste nuove e vecchie strutture, aree, forme che dovremmo manipolare ed orientare per ottenere risultati duraturi, flessibili e resistenti nello spazio e nel tempo, atti a qualificare il nostro sistema migliorandolo? Proprio a questa domanda il contributo tenterà di fornire una risposta, in sintesi, che si spera degna di essere approfondita ed indagata in ricerche future. I legami sistemici diventano così essenza stessa, materiale ed immateriale, della sinergia che si può attuare tra questi elementi per la rinascita resiliente del sistema.

Stratopatie sinergiche per una pianificazione sistemica resiliente (Synergic strata-pathies for a resilient systemic planning)

PEDROCCO, Piero
2017-01-01

Abstract

La stratopatia è un sovrapporsi di aspettative disattese che vengono dilazionate nel tempo fino al deteriorarsi dell'esperienza medesima, è una sofferenza stratificata che deriva da enfasi realizzatrici. In queste realizzazioni c'è una partenza, nel loro ultimo deteriorarsi i punti di svolta. Questi aspetti si rincorrono, con differenti tempismi, travolgente e prometeico il nefas argonautico del primo, meditativo, estenuante e melanconico il secondo. La contemplazione della cultura dominante che descrive i paesaggi noti, rassicuranti e strutturalmente ritenuti stabili fa sì che per molti sia importante aprirsi all'esperienza progettuale senza voler manipolare il sistema. Altri invece, tentando di forzare il blocco culturale che in qualche modo li opprime, tendono al rinnovamento, poiché ritengono che la stabilità del sistema sia venuta o stia per venire meno. Il più delle volte ciò produce fenomeni alla moda, agendo sulla pelle del sistema dominante, senza scalfirne la macrostruttura. Solo saltuariamente, quando i momenti di crisi divengono conclamati, si ottengono modificazioni strutturali, vincendo la naturale entalpia del sistema. E' il caso delle distruzioni creative, delle guerre, delle catene di invenzioni. Il sistema rinnovato continua generalmente a vivere, stratificando esperienze di successive generazioni. Ma anche quando dovesse cedere, come nel caso dell'Impero romano, esso rivelerebbe, nei sistemi successivi, fenomeni di recupero di parti preesistenti. Le antiche viae romane hanno segnato allineamenti e insediamenti che bene o male riemergeranno nel collegamento stradale e ferroviario delle città contemporanee. Poiché le reti costano e ancor di più costerebbe spostare i nodi che collegano, risulta conveniente adeguarvisi finché possibile, finché cioè non si presentassero soglie allo sviluppo tali da richiederne il superamento e la radicale modifica, pena terribile decadenza. Rimangono così lacerti, frammenti, rovine, che rimandano a condizioni preesistenti divenendo citazioni di un poema perduto nel tessuto paesaggistico. Dove le esperienze sono più carenti, manca però anche sostrato per ricominciare. Come sosteneva T. S. Eliot “con questi frammenti io ho puntellato le mie rovine”. Noi costruiamo partendo da ciò che abbiamo distrutto o da ciò che, giunto al punto di non ritorno, ha comunque sufficiente flessibilità, resistenza, utilità, forza, adattabilità, fluidità per essere recuperato e riutilizzato. E' ovvio che i vincoli guidino il progettista. E il vincolo dell'esistente è il più importante dei vincoli della pianificazione. Ma talora esso diventa freno di carattere entropico anziché motore di rinascita. Per avere rinascimento occorre allora declinare strategicamente gli oggetti edilizi, le infrastrutture, i progetti che ci derivano dal passato. E per farlo serve una pianificazione continua, sistemica e dinamica che sappia produrre nuove aspettative in grado di vincere le opposizioni del sistema. Ma questa avrà effetti tanto più resilienti quanto più sinergico sarà l'uso delle vecchie aree, dei vecchi edifici, delle vecchie strutture, dismessi dal sistema precedente, con le nuove previsioni. Quali sono dunque i legami tra queste nuove e vecchie strutture, aree, forme che dovremmo manipolare ed orientare per ottenere risultati duraturi, flessibili e resistenti nello spazio e nel tempo, atti a qualificare il nostro sistema migliorandolo? Proprio a questa domanda il contributo tenterà di fornire una risposta, in sintesi, che si spera degna di essere approfondita ed indagata in ricerche future. I legami sistemici diventano così essenza stessa, materiale ed immateriale, della sinergia che si può attuare tra questi elementi per la rinascita resiliente del sistema.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
2017 Stratopatie sinergiche per una pianificazione sistemica resiliente.pdf

non disponibili

Descrizione: Articolo principale
Tipologia: Versione Editoriale (PDF)
Licenza: Non pubblico
Dimensione 1.47 MB
Formato Adobe PDF
1.47 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1088410
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact