Nella letteratura e nel cinema tedeschi immediatamente successivi al 1945, la fine di un testo o di un film diventa parte di un esercizio collettivo dove la questione della catarsi non è mai innocente, ma aggravata dal peso di una colpa che va oltre alla richiesta di perdono. L’articolo prende le mosse da uno dei testi che trattano il motivo della fine in modo più programmatico: il Doctor Faustus di Thomas Mann, scritto tra gli anni della Guerra e quelli immediatamente successivi, è un romanzo che tratta i temi dell’apocalissi e della fine soprattutto anche attraverso la descrizione delle opere musicali del suo protagonista Adrian Leverkühn, in particolare due tra le ultime: Apocalipsis cum figuris e Lamentatio Doctoris Fausti. Apparentemente, non potrebbe esserci forse distanza maggiore che tra questa opera tarda del grande romanziere tedesco e la cinematografia tedesca immediatamente successiva alla fine del nazionalsocialismo. Eppure, quest’ultima può fornire esempi di un’altra modalità attraverso cui leggere il ‘senso della fine’ in Germania. La cinematografia della Germania Ovest mostra in questi anni, in alcuni casi, strategie non banali per rielaborare la fine all’interno della dimensione spettacolare e collettiva del film. Il genere principe è il melodramma, come avviene del resto nella cinematografia internazionale di quegli anni. Pur obbedendo alle regole che questo genere impone, il melodramma cinematografico può dare interpretazioni diverse del trauma della fine: secondo una modalità diretta e realistica, come ad esempio in In quei giorni (1947) di Helmut Käutner oppure attraverso filtri psicoanalitici, come ne La peccatrice (1951) di Willy Forst. La parte finale del saggio è dedicata all'analisi del tema della fine e della Apocalissi in una delle poesie più note del tardo Benn, Teils Teils

Alfa e omega. Il senso della fine nella letteratura e nel cinema tedeschi dopo il 1945

Simone Costagli
2017-01-01

Abstract

Nella letteratura e nel cinema tedeschi immediatamente successivi al 1945, la fine di un testo o di un film diventa parte di un esercizio collettivo dove la questione della catarsi non è mai innocente, ma aggravata dal peso di una colpa che va oltre alla richiesta di perdono. L’articolo prende le mosse da uno dei testi che trattano il motivo della fine in modo più programmatico: il Doctor Faustus di Thomas Mann, scritto tra gli anni della Guerra e quelli immediatamente successivi, è un romanzo che tratta i temi dell’apocalissi e della fine soprattutto anche attraverso la descrizione delle opere musicali del suo protagonista Adrian Leverkühn, in particolare due tra le ultime: Apocalipsis cum figuris e Lamentatio Doctoris Fausti. Apparentemente, non potrebbe esserci forse distanza maggiore che tra questa opera tarda del grande romanziere tedesco e la cinematografia tedesca immediatamente successiva alla fine del nazionalsocialismo. Eppure, quest’ultima può fornire esempi di un’altra modalità attraverso cui leggere il ‘senso della fine’ in Germania. La cinematografia della Germania Ovest mostra in questi anni, in alcuni casi, strategie non banali per rielaborare la fine all’interno della dimensione spettacolare e collettiva del film. Il genere principe è il melodramma, come avviene del resto nella cinematografia internazionale di quegli anni. Pur obbedendo alle regole che questo genere impone, il melodramma cinematografico può dare interpretazioni diverse del trauma della fine: secondo una modalità diretta e realistica, come ad esempio in In quei giorni (1947) di Helmut Käutner oppure attraverso filtri psicoanalitici, come ne La peccatrice (1951) di Willy Forst. La parte finale del saggio è dedicata all'analisi del tema della fine e della Apocalissi in una delle poesie più note del tardo Benn, Teils Teils
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