Quasi trent’anni di globalizzazione spinta e dieci anni di crisi hanno impoverito i territori italiani e reso più fragili e vulnerabili le strutture fisiche. Diversi segni lo dimostrano. Non solo la consistente perdita dei Pil regionali (anche in regioni del nord come Piemonte e Friuli VG) ma anche il susseguirsi di disastri -naturali e non- dagli effetti sempre troppo catastrofici, mostrano che il territorio è il vero perdente di questa fase. Questo è ciò che possiamo chiamare processo di “deterritorializzazione”. Agli urbanisti, prima di altri, spetta il compito di riconoscere questo processo e, conseguentemente, di contrastarlo riscoprendo le basi di uno sviluppo territoriale sicuro, efficiente ed equo. Un “capitale territoriale” adeguato è la base di ogni rilancio perché, senza un capitale territoriale rinnovato (appunto: sicuro, efficiente ed equo), non possono esservi nuovi modelli di sviluppo regionale e locale! Tutto questo implica massicci investimenti pubblici nel territorio traguardati, fin d’ora, a obiettivi a lungo termine di riqualificazione, nell’interesse pubblico, dell’intero capitale territoriale italiano. E magari anche un atteggiamento più critico verso l’esistente assieme a rinnovate politiche urbane e regionali (pensate anche fuori dal mito obsoleto di politiche europee spesso troppo lontane dalle esigenze dei territori reali). Corollario di tutto ciò è anche la riscoperta della funzione direttiva del piano urbanistico. Tutte le citate problematiche vengono presentate alla luce di una proposta organica a partire dal caso rappresentato dalla regione Friuli Venezia Giulia.

Per una strategia nazionale di "riterritorializzazione" ecologicamente orientata

Sandro Fabbro
2018-01-01

Abstract

Quasi trent’anni di globalizzazione spinta e dieci anni di crisi hanno impoverito i territori italiani e reso più fragili e vulnerabili le strutture fisiche. Diversi segni lo dimostrano. Non solo la consistente perdita dei Pil regionali (anche in regioni del nord come Piemonte e Friuli VG) ma anche il susseguirsi di disastri -naturali e non- dagli effetti sempre troppo catastrofici, mostrano che il territorio è il vero perdente di questa fase. Questo è ciò che possiamo chiamare processo di “deterritorializzazione”. Agli urbanisti, prima di altri, spetta il compito di riconoscere questo processo e, conseguentemente, di contrastarlo riscoprendo le basi di uno sviluppo territoriale sicuro, efficiente ed equo. Un “capitale territoriale” adeguato è la base di ogni rilancio perché, senza un capitale territoriale rinnovato (appunto: sicuro, efficiente ed equo), non possono esservi nuovi modelli di sviluppo regionale e locale! Tutto questo implica massicci investimenti pubblici nel territorio traguardati, fin d’ora, a obiettivi a lungo termine di riqualificazione, nell’interesse pubblico, dell’intero capitale territoriale italiano. E magari anche un atteggiamento più critico verso l’esistente assieme a rinnovate politiche urbane e regionali (pensate anche fuori dal mito obsoleto di politiche europee spesso troppo lontane dalle esigenze dei territori reali). Corollario di tutto ciò è anche la riscoperta della funzione direttiva del piano urbanistico. Tutte le citate problematiche vengono presentate alla luce di una proposta organica a partire dal caso rappresentato dalla regione Friuli Venezia Giulia.
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