Il saggio analizza il ruolo assunto dagli organi di giustizia costituzionale, attraverso l’esercizio della funzione arbitrale loro riconosciuta negli ordinamenti decentrati, nella concreta conformazione del modello dello Stato regionale, con particolare riferimento alle esperienze italiana e spagnola. L’analisi trae spunto dall’incremento della conflittualità tra centro e autonomie determinata dalla crisi economico-finanziaria e dalle conseguenti risposte centralizzatrici dei Governi e dei Parlamenti nazionali. La disamina si concentra innanzitutto sulle peculiarità della funzione arbitrale che, più di tutte le altre prerogative attribuite alle Corti, dissimula la doppia anima – giurisdizionale e politica – della giustizia costituzionale e pone quindi specifici problemi relativi all’individuazione dei limiti al tasso di creatività esprimibile della giurisprudenza, difficilmente individuabili secondo uno schema generale e astratto. Su questo terreno, infatti, la mobilità dell’equilibrio dei rapporti tra giudice e decisore politico è direttamente proporzionale al carattere aperto del modello costituzionale e all’intensità prescrittiva delle disposizioni costituzionali. La riflessione si sofferma quindi sull’influenza che la funzione arbitrale ha avuto, in generale, sulla configurazione dello Stato regionale in Italia e in Spagna, attraverso alcune esemplificazioni e, successivamente, più in particolare, si concentra sull’impatto della giurisprudenza costituzionale sull’assetto delle relazioni finanziarie tra Stato centrale e Regioni/Comunità autonome, partendo dal presupposto che l’autonomia finanziaria regionale è da ritenersi la pietra angolare del sistema regionale. Vengono così individuati alcuni filoni che paiono offrire spunti particolarmente significativi al riguardo, riflettendosi sulle tecniche e gli strumenti di giudizio, nonché sulle motivazioni rinvenibili nelle sentenze del Giudice costituzionale: il principio di connessione tra risorse e funzioni; la funzione di coordinamento della finanza pubblica; il metodo negoziale nei rapporti finanziari tra Stato ed enti sub-statali. Al termine della disamina, emerge come la “giurisprudenza della crisi” evidenzi alcuni elementi comuni alle due esperienze di Stato regionale. Da un lato, la carenza di tecniche decisorie che rendano compiutamente giustiziabili i rapporti finanziari, con un utilizzo a geometria variabile della dottrina della political question e un’applicazione funzionale degli istituti processuali. Dall’altro, la relatività del limite delle strutture linguistiche (incidendo la giurisprudenza sul riparto di competenze) e la creazione, di fatto, di nuovi criteri ordinatori, attraverso tecniche di validazione che hanno, tra l’altro, un effetto omologante la posizione degli enti sub-statali nei confronti dello Stato centrale. Il saggio si chiude con la considerazione che se l’analisi compiuta conferma in modo chiaro il ruolo determinante che le Corti giocano nella concreta conformazione delle relazioni centro-periferia, è auspicabile che tale ruolo sia interpretato con l’obiettivo di dare un contributo alla responsabilizzazione complessiva del sistema, che ne consenta un’evoluzione non conflittuale e, al tempo stesso, confermi, proprio attraverso le sentenze, la legittimazione delle Corti nell’esercizio della funzione arbitrale loro riconosciuta.

Corti costituzionali, crisi economico-finanziaria e forma di Stato regionale

Elena D'Orlando
2019-01-01

Abstract

Il saggio analizza il ruolo assunto dagli organi di giustizia costituzionale, attraverso l’esercizio della funzione arbitrale loro riconosciuta negli ordinamenti decentrati, nella concreta conformazione del modello dello Stato regionale, con particolare riferimento alle esperienze italiana e spagnola. L’analisi trae spunto dall’incremento della conflittualità tra centro e autonomie determinata dalla crisi economico-finanziaria e dalle conseguenti risposte centralizzatrici dei Governi e dei Parlamenti nazionali. La disamina si concentra innanzitutto sulle peculiarità della funzione arbitrale che, più di tutte le altre prerogative attribuite alle Corti, dissimula la doppia anima – giurisdizionale e politica – della giustizia costituzionale e pone quindi specifici problemi relativi all’individuazione dei limiti al tasso di creatività esprimibile della giurisprudenza, difficilmente individuabili secondo uno schema generale e astratto. Su questo terreno, infatti, la mobilità dell’equilibrio dei rapporti tra giudice e decisore politico è direttamente proporzionale al carattere aperto del modello costituzionale e all’intensità prescrittiva delle disposizioni costituzionali. La riflessione si sofferma quindi sull’influenza che la funzione arbitrale ha avuto, in generale, sulla configurazione dello Stato regionale in Italia e in Spagna, attraverso alcune esemplificazioni e, successivamente, più in particolare, si concentra sull’impatto della giurisprudenza costituzionale sull’assetto delle relazioni finanziarie tra Stato centrale e Regioni/Comunità autonome, partendo dal presupposto che l’autonomia finanziaria regionale è da ritenersi la pietra angolare del sistema regionale. Vengono così individuati alcuni filoni che paiono offrire spunti particolarmente significativi al riguardo, riflettendosi sulle tecniche e gli strumenti di giudizio, nonché sulle motivazioni rinvenibili nelle sentenze del Giudice costituzionale: il principio di connessione tra risorse e funzioni; la funzione di coordinamento della finanza pubblica; il metodo negoziale nei rapporti finanziari tra Stato ed enti sub-statali. Al termine della disamina, emerge come la “giurisprudenza della crisi” evidenzi alcuni elementi comuni alle due esperienze di Stato regionale. Da un lato, la carenza di tecniche decisorie che rendano compiutamente giustiziabili i rapporti finanziari, con un utilizzo a geometria variabile della dottrina della political question e un’applicazione funzionale degli istituti processuali. Dall’altro, la relatività del limite delle strutture linguistiche (incidendo la giurisprudenza sul riparto di competenze) e la creazione, di fatto, di nuovi criteri ordinatori, attraverso tecniche di validazione che hanno, tra l’altro, un effetto omologante la posizione degli enti sub-statali nei confronti dello Stato centrale. Il saggio si chiude con la considerazione che se l’analisi compiuta conferma in modo chiaro il ruolo determinante che le Corti giocano nella concreta conformazione delle relazioni centro-periferia, è auspicabile che tale ruolo sia interpretato con l’obiettivo di dare un contributo alla responsabilizzazione complessiva del sistema, che ne consenta un’evoluzione non conflittuale e, al tempo stesso, confermi, proprio attraverso le sentenze, la legittimazione delle Corti nell’esercizio della funzione arbitrale loro riconosciuta.
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