Pur essendo collocabile tra gli autori occasionali della formula episodica, proprio sotto il suo segno Carlo Lizzani (Roma, 1922-2013) si trovò a iniziare e concludere la sua lunga carriera cinematografica. Si avvicinò infatti al film a episodi già nel 1953 - a due soli anni dall’esordio alla regia e nell’anno del premio a Cannes per “Cronache di poveri amanti” - nel contesto del primo dei “film-lampo” proposti da Cesare Zavattini: “L’amore in città”. Film che aveva per il regista «soprattutto un interesse sperimentale. Intendeva sancire, anche nella fase del vagheggiato passaggio dal neorealismo al realismo, la legittimità di un “laboratorio neorealistico”, fornire degli appunti di prima mano diretti e impressionanti, curiosi o drammatici, sulla prostituzione, sui suicidi per amore, sulle mediazioni matrimoniali, sulle sale da ballo popolari. E ricordare - intanto - che la cronaca, la vita quotidiana erano pur sempre la fonte di ispirazione più suggestiva anche per chi volesse scalare le vette, del resto ancora lontane, del realismo “puro”». Quasi sessant’anni dopo Lizzani chiuse la sua carriera partecipando al film collettivo “Scossa” (2011), in un momento in cui - come ebbe a dire lo sceneggiatore Giorgio Arlorio, promotore dell’iniziativa - quel modello produttivo e narrativo «era un’idea morta, ma non avrebbe dovuto esserlo». Nell’episodio “Speranza”, che è anche l’ultima, accorata regia di Lizzani per un film a soggetto, il regista pone al centro, per l’ennesima volta, una figura femminile (la “madre coraggio” del titolo) negli attimi immediatamente successivi alla prima disastrosa scossa del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908. Tutte le altre esperienze significative di Lizzani nel campo del film a episodi sono circoscrivibili nell’arco di una manciata di anni - tra il 1964 e il 1969, quindi in piena “epoca d’oro” della formula - e costituirono per il regista altrettante occasioni “evasive” nelle quali sperimentare nuovi linguaggi ed esplorare con profitto generi inconsueti (grand-guignol, thriller, commedia). Scritto a quattro mani con Franco Brusati adattando una pièce di Robert Francheville, l’episodio “La ronda” per “Amori pericolosi” (1964) si muove, per temi e atmosfere, sul crinale tra il melodramma di fine Ottocento e il “realismo poetico” francese degli anni Trenta. Con “L’Autostrada del Sole”, scritto da Rodolfo Sonego, Lizzani partecipò all’antologico “Thrilling” (1965), un tentativo (rimasto isolato) di ibridare la commedia all’italiana con moduli mutuati dal thriller, dal noir, dal grottesco. E Lizzani, in quella che è senza dubbio la sua migliore prova episodica, spalanca una commedia degli equivoci (in bianco e nero, e con musiche di Ennio Morricone) all’intrusione del brivido. Nel 1968 il regista prese parte al film a episodi italo-francese “Vangelo ’70” - rilettura in chiave politico-sociale di parabole e passi evangelici operata da cineasti laici - nella duplice veste di autore e produttore. Nel corto “L’indifferenza” non perse l’occasione per sfruttare lo “specifico” della forma breve (11’ circa, un rullo di 35 mm) quale luogo deputato della sperimentazione linguistica, imbastendo un esperimento virtuosistico di montaggio alternato che traduce sorprendentemente il tema dell’episodio sul piano formale. Ma il suo ruolo non si esaurì qui. A seguito della defezione di Zurlini, il “produttore” Lizzani decise di sostituirgli Bellocchio, il cui episodio militante sulla contestazione studentesca risultò però estraneo a ogni possibilità di lettura in chiave evangelica. Lizzani riorganizzò allora il progetto del film sulla base di indicazioni contenutistiche più generalizzabili e meno costrittive, modificandone il titolo in “Amore e rabbia”. Almeno in questa circostanza, il famigerato condizionamento produttivo della “formula”, solitamente a vantaggio dei produttori e sfavorevole ai registi, non solo si affievolì, ma si tramutò nell’audace incentivo ad assecondare vocazioni autoriali “eversive”.

Nel laboratorio delle forme brevi. Carlo Lizzani e il film a episodi

Rossitti Marco
2020-01-01

Abstract

Pur essendo collocabile tra gli autori occasionali della formula episodica, proprio sotto il suo segno Carlo Lizzani (Roma, 1922-2013) si trovò a iniziare e concludere la sua lunga carriera cinematografica. Si avvicinò infatti al film a episodi già nel 1953 - a due soli anni dall’esordio alla regia e nell’anno del premio a Cannes per “Cronache di poveri amanti” - nel contesto del primo dei “film-lampo” proposti da Cesare Zavattini: “L’amore in città”. Film che aveva per il regista «soprattutto un interesse sperimentale. Intendeva sancire, anche nella fase del vagheggiato passaggio dal neorealismo al realismo, la legittimità di un “laboratorio neorealistico”, fornire degli appunti di prima mano diretti e impressionanti, curiosi o drammatici, sulla prostituzione, sui suicidi per amore, sulle mediazioni matrimoniali, sulle sale da ballo popolari. E ricordare - intanto - che la cronaca, la vita quotidiana erano pur sempre la fonte di ispirazione più suggestiva anche per chi volesse scalare le vette, del resto ancora lontane, del realismo “puro”». Quasi sessant’anni dopo Lizzani chiuse la sua carriera partecipando al film collettivo “Scossa” (2011), in un momento in cui - come ebbe a dire lo sceneggiatore Giorgio Arlorio, promotore dell’iniziativa - quel modello produttivo e narrativo «era un’idea morta, ma non avrebbe dovuto esserlo». Nell’episodio “Speranza”, che è anche l’ultima, accorata regia di Lizzani per un film a soggetto, il regista pone al centro, per l’ennesima volta, una figura femminile (la “madre coraggio” del titolo) negli attimi immediatamente successivi alla prima disastrosa scossa del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908. Tutte le altre esperienze significative di Lizzani nel campo del film a episodi sono circoscrivibili nell’arco di una manciata di anni - tra il 1964 e il 1969, quindi in piena “epoca d’oro” della formula - e costituirono per il regista altrettante occasioni “evasive” nelle quali sperimentare nuovi linguaggi ed esplorare con profitto generi inconsueti (grand-guignol, thriller, commedia). Scritto a quattro mani con Franco Brusati adattando una pièce di Robert Francheville, l’episodio “La ronda” per “Amori pericolosi” (1964) si muove, per temi e atmosfere, sul crinale tra il melodramma di fine Ottocento e il “realismo poetico” francese degli anni Trenta. Con “L’Autostrada del Sole”, scritto da Rodolfo Sonego, Lizzani partecipò all’antologico “Thrilling” (1965), un tentativo (rimasto isolato) di ibridare la commedia all’italiana con moduli mutuati dal thriller, dal noir, dal grottesco. E Lizzani, in quella che è senza dubbio la sua migliore prova episodica, spalanca una commedia degli equivoci (in bianco e nero, e con musiche di Ennio Morricone) all’intrusione del brivido. Nel 1968 il regista prese parte al film a episodi italo-francese “Vangelo ’70” - rilettura in chiave politico-sociale di parabole e passi evangelici operata da cineasti laici - nella duplice veste di autore e produttore. Nel corto “L’indifferenza” non perse l’occasione per sfruttare lo “specifico” della forma breve (11’ circa, un rullo di 35 mm) quale luogo deputato della sperimentazione linguistica, imbastendo un esperimento virtuosistico di montaggio alternato che traduce sorprendentemente il tema dell’episodio sul piano formale. Ma il suo ruolo non si esaurì qui. A seguito della defezione di Zurlini, il “produttore” Lizzani decise di sostituirgli Bellocchio, il cui episodio militante sulla contestazione studentesca risultò però estraneo a ogni possibilità di lettura in chiave evangelica. Lizzani riorganizzò allora il progetto del film sulla base di indicazioni contenutistiche più generalizzabili e meno costrittive, modificandone il titolo in “Amore e rabbia”. Almeno in questa circostanza, il famigerato condizionamento produttivo della “formula”, solitamente a vantaggio dei produttori e sfavorevole ai registi, non solo si affievolì, ma si tramutò nell’audace incentivo ad assecondare vocazioni autoriali “eversive”.
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