Ogni rischio implica la sua specifica resilienza: c’è una resilienza degli edifici agli eventi sismici, degli insediamenti alle alluvioni, dei sistemi sanitari alle epidemie, dei sistemi sociali alle crisi economiche o alle ondate migratorie ecc. Dopo l’epidemia da coronavirus non si potrà però continuare procedere a pezzi perché non ha senso attrezzarsi per una resilienza alle epidemie, dimenticandosi della vulnerabilità agli eventi sismici o ai rischi da inondazione o da troppo caldo o da contrazione demografica. Ci vorrebbe una “resilienza delle resilienze”. Ma esiste un “meta-modello” atto ad organizzare i diversi artefatti umani e sociali in modo che siano predisposti ad una maggiore “resilienza integrata”? Nel paper si cerca di identificare questo meta-modello di resilienza -concreto e perseguibile- concentrandosi sui territori “non metropolitani”. Si utilizza, per scopi essenzialmente critico-dialettici, la contrapposizione tra i due concetti astratti di Metropolis e di Ecopolis (Fabbro, 2020): il primo per indicare quell’insieme di grandi regioni metropolitane globali che oggi controllano e determinano le condizioni finanziarie, tecnologiche, informative (Rosés e Wolf, 2019) ma anche ambientali del resto del mondo. Il secondo per riferirsi, invece, ad una rivalorizzazione degli spazi regionali e urbani locali -e, in particolare, di quelli non metropolitani-, che implichi una maggiore resilienza integrata attraverso la ricostituita interazione tra un potere legittimo -distribuito e riconoscibile-, le comunità insediate e la natura. Si tratta, cioè, di definire quel “meta-modello ecosistemico” capace di: a. produrre risultati rilevanti nei potenziali (più resistenza, più durabilità, più autosufficienza); b. costruire un ordine capace di adattamento autonomo e creativo; c. attivare un proprio efficace sistema interno di controllo (decisioni politiche e tecniche) (Folke, 2010). In contrapposizione al meta-modello metropolitano spinto e in coerenza con la teoria dell’evoluzione ecosistemica cui si fa riferimento (Holling, 2001; Galderisi, 2013, Olazabal e al., 2012), il meta-modello di resilienza integrato (dal punto di vista fisico, ecologico, sociale e politico-istituzionale) del territorio regionale viene chiamato, appunto, “Ecopolis”.

Ecopolis. un approccio integrato alla resilienza dei sistemi territoriali non metropolitani

Sandro Fabbro
2020-01-01

Abstract

Ogni rischio implica la sua specifica resilienza: c’è una resilienza degli edifici agli eventi sismici, degli insediamenti alle alluvioni, dei sistemi sanitari alle epidemie, dei sistemi sociali alle crisi economiche o alle ondate migratorie ecc. Dopo l’epidemia da coronavirus non si potrà però continuare procedere a pezzi perché non ha senso attrezzarsi per una resilienza alle epidemie, dimenticandosi della vulnerabilità agli eventi sismici o ai rischi da inondazione o da troppo caldo o da contrazione demografica. Ci vorrebbe una “resilienza delle resilienze”. Ma esiste un “meta-modello” atto ad organizzare i diversi artefatti umani e sociali in modo che siano predisposti ad una maggiore “resilienza integrata”? Nel paper si cerca di identificare questo meta-modello di resilienza -concreto e perseguibile- concentrandosi sui territori “non metropolitani”. Si utilizza, per scopi essenzialmente critico-dialettici, la contrapposizione tra i due concetti astratti di Metropolis e di Ecopolis (Fabbro, 2020): il primo per indicare quell’insieme di grandi regioni metropolitane globali che oggi controllano e determinano le condizioni finanziarie, tecnologiche, informative (Rosés e Wolf, 2019) ma anche ambientali del resto del mondo. Il secondo per riferirsi, invece, ad una rivalorizzazione degli spazi regionali e urbani locali -e, in particolare, di quelli non metropolitani-, che implichi una maggiore resilienza integrata attraverso la ricostituita interazione tra un potere legittimo -distribuito e riconoscibile-, le comunità insediate e la natura. Si tratta, cioè, di definire quel “meta-modello ecosistemico” capace di: a. produrre risultati rilevanti nei potenziali (più resistenza, più durabilità, più autosufficienza); b. costruire un ordine capace di adattamento autonomo e creativo; c. attivare un proprio efficace sistema interno di controllo (decisioni politiche e tecniche) (Folke, 2010). In contrapposizione al meta-modello metropolitano spinto e in coerenza con la teoria dell’evoluzione ecosistemica cui si fa riferimento (Holling, 2001; Galderisi, 2013, Olazabal e al., 2012), il meta-modello di resilienza integrato (dal punto di vista fisico, ecologico, sociale e politico-istituzionale) del territorio regionale viene chiamato, appunto, “Ecopolis”.
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