L’emergenza sanitaria che si è abbattuta sul nostro Paese sta letteralmente devastando il tessuto socio-economico che, all’indomani della crisi del 2008, si stava lentamente riprendendo. L’epidemia da Covid-19 produrrà i suoi effetti nel medio-lungo termine come nell’immediato dopoguerra, a cui peraltro si è fatto spesso richiamo durante questo periodo, per cui “contati i danni” sarà necessario recuperare quanto è andato perso. Le previsioni del Governo italiano indicano per il nostro Paese una flessione del PIL reale per il 2020 del -9,0 % rispetto a -8,0 % della previsione del DEF . Gli effetti della crisi non sono però circoscritti a un determinato Stato, ma si stanno ripercuotendo sull’ economia mondiale e dell’Unione europea nel suo complesso, come subito prospettato dai principali istituti internazionali . Per aiutare l’economia dell’UE e le iniziative dei diversi Stati membri nell’attuale situazione, la Commissione europea ha adottato, il 19 marzo 2020, il “Quadro di riferimento temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid-19” volto a consentire agli Stati membri di approntare misure di sostegno alle imprese duramente colpite dalla crisi, sfruttando la flessibilità massima prevista dalle norme sugli aiuti di Stato. Il Temporary Framework, originariamente, individuava cinque categorie di Aiuti di Stato compatibili, per un periodo limitato, con il mercato comune ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b), TFUE: a) gli aiuti sotto forma di contributi diretti, sgravi fiscali o anticipi rimborsabili fino a 800.000 euro per impresa beneficiaria; b) gli aiuti in forma di garanzie sui prestiti; c) gli aiuti sotto forma di tasso di interesse agevolato; d) gli aiuti sotto forma di garanzie e prestiti erogati attraverso istituti di credito o altri intermediari finanziari; e) gli aiuti sotto forma di assicurazione del credito all’esportazione a breve termine. Ulteriori misure temporanee di aiuti di Stato sono state poi individuate dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final, ulteriormente modificata ed estesa l’8 maggio, con la Comunicazione C(2020) 3156 final e il 29 giugno, con la Comunicazione C(2020) 4509. Con specifico riferimento al sostegno all’occupazione sono stati ritenuti compatibili, nella misura in cui non attribuiscono un vantaggio selettivo solo ad alcune imprese, gli Aiuti sotto forma di differimento delle imposte e/o dei contributi previdenziali nonché gli Aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia Covid-19 a specifiche condizioni. In questo contesto eurounitario si inseriscono le misure di sostegno alle imprese finalizzate a ridurre o sospendere, temporaneamente, il costo del lavoro adottate dal Governo italiano a partire dal d.l. n. 18/2020 conv. in l. n. 27/2020 (c.d. Decreto “Cura Italia”) per arrivare sino all’ultimo d.l. n. 149/2020, in attesa di conversione (c.d. Decreto “Ristori bis”). Dall’analisi della stratificata decretazione emergenziale innumerevoli sono gli strumenti messi in campo dal Governo per ridurre il costo del lavoro, utilizzando gli “spazi di manovra” concessi a livello europeo. Si possono, ad esempio, citare le seguenti misure: l’esonero contributivo per le aziende che non richiedono, dopo averne già fruito, un’estensione dei trattamenti di cassa integrazione; l’agevolazione contributiva per le aree svantaggiate; gli sgravi per le imprese del Mezzogiorno; la possibilità concessa alle Regioni, Provincie autonome, altri enti territoriali e Camere di commercio di prevedere sovvenzioni a favore delle imprese e lavoratori autonomi per contribuire al pagamento degli stipendi dei dipendenti, al fine di evitare i licenziamenti durante il periodo di emergenza Covid-19. La peculiarità di tale tipologia di interventi è quella di tendere al recupero dei posti di lavoro persi o al mantenimento di quelli esistenti, ponendosi in netta antitesi con le “classiche” misure di politica per l’occupazione che, invece, si prefiggono l’obiettivo di incrementare i livelli occupazionali di determinati soggetti “svantaggiati”, con un esponenziale allargamento, se non proprio una generalizzazione, dell’area dello svantaggio occupazionale. Il presente studio mira, perciò, nell’ottica della prefigurata prospettiva di indagine e attraverso un’analisi multilivello delle fonti normative, a rintracciare le risposte formulate dal nostro Paese per affrontare la crisi socio-economica e occupazionale che la pandemia e le misure adottate per il suo contenimento stanno provocando, onde evitare l’emersione di una nuova “questione sociale” fatta di nuove povertà e tensioni sociali e che si fa particolarmente pesante se riferita ai soggetti più “fragili” nella società e nel mercato del lavoro.

Emergenza COVID-19, riduzione del costo del lavoro e intervento statale

Carmela Garofalo
Primo
2021-01-01

Abstract

L’emergenza sanitaria che si è abbattuta sul nostro Paese sta letteralmente devastando il tessuto socio-economico che, all’indomani della crisi del 2008, si stava lentamente riprendendo. L’epidemia da Covid-19 produrrà i suoi effetti nel medio-lungo termine come nell’immediato dopoguerra, a cui peraltro si è fatto spesso richiamo durante questo periodo, per cui “contati i danni” sarà necessario recuperare quanto è andato perso. Le previsioni del Governo italiano indicano per il nostro Paese una flessione del PIL reale per il 2020 del -9,0 % rispetto a -8,0 % della previsione del DEF . Gli effetti della crisi non sono però circoscritti a un determinato Stato, ma si stanno ripercuotendo sull’ economia mondiale e dell’Unione europea nel suo complesso, come subito prospettato dai principali istituti internazionali . Per aiutare l’economia dell’UE e le iniziative dei diversi Stati membri nell’attuale situazione, la Commissione europea ha adottato, il 19 marzo 2020, il “Quadro di riferimento temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid-19” volto a consentire agli Stati membri di approntare misure di sostegno alle imprese duramente colpite dalla crisi, sfruttando la flessibilità massima prevista dalle norme sugli aiuti di Stato. Il Temporary Framework, originariamente, individuava cinque categorie di Aiuti di Stato compatibili, per un periodo limitato, con il mercato comune ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b), TFUE: a) gli aiuti sotto forma di contributi diretti, sgravi fiscali o anticipi rimborsabili fino a 800.000 euro per impresa beneficiaria; b) gli aiuti in forma di garanzie sui prestiti; c) gli aiuti sotto forma di tasso di interesse agevolato; d) gli aiuti sotto forma di garanzie e prestiti erogati attraverso istituti di credito o altri intermediari finanziari; e) gli aiuti sotto forma di assicurazione del credito all’esportazione a breve termine. Ulteriori misure temporanee di aiuti di Stato sono state poi individuate dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final, ulteriormente modificata ed estesa l’8 maggio, con la Comunicazione C(2020) 3156 final e il 29 giugno, con la Comunicazione C(2020) 4509. Con specifico riferimento al sostegno all’occupazione sono stati ritenuti compatibili, nella misura in cui non attribuiscono un vantaggio selettivo solo ad alcune imprese, gli Aiuti sotto forma di differimento delle imposte e/o dei contributi previdenziali nonché gli Aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia Covid-19 a specifiche condizioni. In questo contesto eurounitario si inseriscono le misure di sostegno alle imprese finalizzate a ridurre o sospendere, temporaneamente, il costo del lavoro adottate dal Governo italiano a partire dal d.l. n. 18/2020 conv. in l. n. 27/2020 (c.d. Decreto “Cura Italia”) per arrivare sino all’ultimo d.l. n. 149/2020, in attesa di conversione (c.d. Decreto “Ristori bis”). Dall’analisi della stratificata decretazione emergenziale innumerevoli sono gli strumenti messi in campo dal Governo per ridurre il costo del lavoro, utilizzando gli “spazi di manovra” concessi a livello europeo. Si possono, ad esempio, citare le seguenti misure: l’esonero contributivo per le aziende che non richiedono, dopo averne già fruito, un’estensione dei trattamenti di cassa integrazione; l’agevolazione contributiva per le aree svantaggiate; gli sgravi per le imprese del Mezzogiorno; la possibilità concessa alle Regioni, Provincie autonome, altri enti territoriali e Camere di commercio di prevedere sovvenzioni a favore delle imprese e lavoratori autonomi per contribuire al pagamento degli stipendi dei dipendenti, al fine di evitare i licenziamenti durante il periodo di emergenza Covid-19. La peculiarità di tale tipologia di interventi è quella di tendere al recupero dei posti di lavoro persi o al mantenimento di quelli esistenti, ponendosi in netta antitesi con le “classiche” misure di politica per l’occupazione che, invece, si prefiggono l’obiettivo di incrementare i livelli occupazionali di determinati soggetti “svantaggiati”, con un esponenziale allargamento, se non proprio una generalizzazione, dell’area dello svantaggio occupazionale. Il presente studio mira, perciò, nell’ottica della prefigurata prospettiva di indagine e attraverso un’analisi multilivello delle fonti normative, a rintracciare le risposte formulate dal nostro Paese per affrontare la crisi socio-economica e occupazionale che la pandemia e le misure adottate per il suo contenimento stanno provocando, onde evitare l’emersione di una nuova “questione sociale” fatta di nuove povertà e tensioni sociali e che si fa particolarmente pesante se riferita ai soggetti più “fragili” nella società e nel mercato del lavoro.
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