n sentenza n. 10428/2017, la Corte di cassazione ha stabilito che gli sgravi contributivi previsti dall'art. 8, L. n. 223/1991 non spettano per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità che siano stati assunti da un'impresa che ha acquisito, da una procedura fallimentare, l'azienda nella quale gli stessi lavoratori erano impiegati prima della cessione. A tale conclusione la Corte giunge dopo avere ribadito che la finalità delle agevolazioni dell'art. 8 citato è di favorire l'occupazione dei lavoratori effettivamente espulsi dal mercato del lavoro e che, pertanto, il riconoscimento degli sgravi presuppone che siano creati nuovi posti di lavoro, in assenza di un obbligo di assunzione. Ciò posto, se tra due imprese interviene un trasferimento d'azienda, tale finalità non sussiste perché, ai sensi dell'art. 2112 c.c., i rapporti di lavoro continuano con l'acquirente. Afferma, infatti, la Corte che, ove l'azienda - intesa come complesso organizzato non solo di mezzi ma anche di lavoratori stabilmente addetti ad essa - abbia continuato o riprenda ad operare, la prosecuzione o riattivazione del rapporto di lavoro presso il nuovo datore di lavoro costituisce non manifestazione di una libera opzione, ma l'effetto di un preciso obbligo previsto dall'art. 2112 c.c. Gli stessi principi si applicano anche nel caso in cui sia la procedura fallimentare a cedere l'azienda. Come precisato dalla Corte, infatti, il fallimento non determina il venir meno del bene giuridico azienda inteso come complesso di elementi materiali e giuridici organizzati al fine dell'esercizio dell'impresa. In senso contrario non può, inoltre, invocarsi l'art. 47, comma 5, L. n. 428/1990, che, pur escludendo l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. alle aziende assoggettate a procedure concorsuali, non legittima il riconoscimento degli sgravi contributivi in violazione della ratio dell'art. 8 citato.
Effetto incrementale e benefici contributivi
Garofalo C
2017-01-01
Abstract
n sentenza n. 10428/2017, la Corte di cassazione ha stabilito che gli sgravi contributivi previsti dall'art. 8, L. n. 223/1991 non spettano per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità che siano stati assunti da un'impresa che ha acquisito, da una procedura fallimentare, l'azienda nella quale gli stessi lavoratori erano impiegati prima della cessione. A tale conclusione la Corte giunge dopo avere ribadito che la finalità delle agevolazioni dell'art. 8 citato è di favorire l'occupazione dei lavoratori effettivamente espulsi dal mercato del lavoro e che, pertanto, il riconoscimento degli sgravi presuppone che siano creati nuovi posti di lavoro, in assenza di un obbligo di assunzione. Ciò posto, se tra due imprese interviene un trasferimento d'azienda, tale finalità non sussiste perché, ai sensi dell'art. 2112 c.c., i rapporti di lavoro continuano con l'acquirente. Afferma, infatti, la Corte che, ove l'azienda - intesa come complesso organizzato non solo di mezzi ma anche di lavoratori stabilmente addetti ad essa - abbia continuato o riprenda ad operare, la prosecuzione o riattivazione del rapporto di lavoro presso il nuovo datore di lavoro costituisce non manifestazione di una libera opzione, ma l'effetto di un preciso obbligo previsto dall'art. 2112 c.c. Gli stessi principi si applicano anche nel caso in cui sia la procedura fallimentare a cedere l'azienda. Come precisato dalla Corte, infatti, il fallimento non determina il venir meno del bene giuridico azienda inteso come complesso di elementi materiali e giuridici organizzati al fine dell'esercizio dell'impresa. In senso contrario non può, inoltre, invocarsi l'art. 47, comma 5, L. n. 428/1990, che, pur escludendo l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. alle aziende assoggettate a procedure concorsuali, non legittima il riconoscimento degli sgravi contributivi in violazione della ratio dell'art. 8 citato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.