Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attualmente in corso, sulla base di alcuni spunti tratti dal procedimento di revisione costituzionale svolto in Francia tra il 2003 e il 2005, che ha condotto all’adozione di una Carta dell’ambiente cui rinvia il Preambolo della Costituzione del 1958. Anche la riforma francese, come l’attuale riforma italiana, nasceva dall’esigenza di introdurre norme di protezione ambientale nel parametro costituzionale che ne era privo. Il contributo si struttura in due parti. Nella prima, vengono sintetizzati alcuni aspetti della revisione costituzionale italiana sulla base dei lavori preparatori . Nel momento in cui si scrive, la proposta di legge di revisione costituzionale è stata approvata in seconda lettura al Senato ed è stata trasmessa per l’ultima lettura alla Camera, sicché vi è la ragionevole probabilità che il procedimento vada a buon fine. Il contributo prosegue analizzando l’origine e i contenuti della Carta dell’ambiente del 2004 per proporre alcuni spunti di comparazione relativi sia all’iter procedimentale che ai contenuti. Questi spunti possono essere sintetizzati nell’origine parlamentare della revisione italiana, mentre quella francese era frutto di una iniziativa governativa; nella articolazione ampia e strutturata della Carta francese, in quanto testo esterno al corpo della Costituzione e, tuttavia, proprio in ragione della sua autonomia, nella sua specializzazione, riferita solo alla disciplina ambientale. La revisione italiana, invece, integrando gli artt. 9 e 41 Cost., affianca nuovi principi, l’ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità, la tutela degli animali, ai principi già presenti nel testo costituzionale vigente, la cultura, la ricerca scientifica e tecnica, il paesaggio, il patrimonio culturale, e integra i limiti già esistenti all’iniziativa economica privata, consentendo tra loro contiguità e reciproca contaminazione secondo dinamiche già messe in luce dalla giurisprudenza costituzionale, per di più arricchite dal nuovo parametro introdotto dalla revisione, l’interesse delle future generazioni. Nella seconda parte del contributo, la comparazione si concentra su due profili che costituiscono il filo conduttore dell’analisi. In primo luogo, ci si sofferma sulla previa esistenza di un diritto costituzionale per l’ambiente nell’ordinamento italiano, antecedente alla revisione, che invece mancava nell’ordinamento francese, per il rifiuto del Conseil Constitutionnel di trarre norme implicite in materia ambientale in assenza di un esplicito riferimento costituzionale. In secondo luogo, si analizza la conformazione dei beni e interessi ricondotti all’ambiente, se fonti di diritti soggettivi o di principi oggettivi. Nel dibattito costituzionale francese si è particolarmente insistito, sia nei lavori preparatori, che nella dottrina, sul fatto che la Carta dell’ambiente doveva essere fonte di obiettivi per il legislatore e non di nuovi diritti soggettivi direttamente azionabili in giudizio, ad eccezione del principio di precauzione. A questo risultato mirava la descrizione di numerose norme della Carta come obiettivi di valore costituzionale, categoria da tempo enunciata dal Conseil Constitutionnel per indicare interessi di rilievo costituzionale che non possono dare origine a situazioni soggettive in assenza di intermediazione legislativa. Nella dottrina italiana antecedente alla riforma, di cui si ripercorreranno alcuni orientamenti, sono stati raggiunti esiti analoghi, pur senza le dottrine proprie dell’esperienza costituzionale francese. È da tempo acquisita, infatti, l’opinione per cui l’ambiente non è l’oggetto di un diritto soggettivo di portata generale e natura incerta, ma un principio oggettivo, o meglio un valore, da cui derivano anche posizioni soggettive specifiche per oggetto, destinatari e forme di tutela, ma la cui realizzazione passa essenzialmente per le politiche, sia settoriali in materia ambientale, sia trasversali, integrando valutazioni ambientali nei più diversi ambiti del vivere collettivo. Vi è, sin qui, una coincidenza tra la marcata attenzione del legislatore costituente francese per una riserva alla discrezionalità legislativa e gli orientamenti maggioritari della dottrina italiana. Tuttavia, tra i d.d.l. di revisione costituzionale alla base della attuale riforma, molti hanno ripresentato la connotazione dell’ambiente come diritto, diritto fondamentale della persona o diritto collettivo, riproponendo una contrapposizione, che si sarebbe immaginata desueta, tra diritto soggettivo e principio oggettivo. Questa contrapposizione è ritenuta da chi scrive impropria, poiché i principi sono generatori di norme in potenza, tra cui diritti soggettivi, e questa loro capacità generativa ne costituisce il tratto fondamentale . Nell’ultima parte del lavoro, tuttavia, ci si sofferma sulle ragioni del riemergere di questa distinzione. La rinnovata attenzione per la dimensione soggettiva dell’ambiente non appare un fenomeno isolato, se si pensa a recenti decisioni di corti europee ed extraeuropee, compresi giudici francesi, che hanno avuto particolare risonanza sulla stampa per aver riconosciuto veri e propri diritti soggettivi connessi all’ambiente, e più in generale all’emergere di un filone giurisprudenziale sintetizzato nell’espressione «giustizia climatica». Il contributo si conclude osservando che, sebbene certamente l’ambiente costituisca un concetto polidimensionale il cui inveramento, nelle sue componenti, richiede innanzitutto ed essenzialmente politiche pubbliche, vi è una radice incomprimibile nella tradizione del costituzionalismo, che periodicamente si propone nei più diversi ambiti, rappresentata dalla rivendicazione di diritti giustiziabili. Questa rivendicazione, come è già stato dimostrato in dottrina, ha una funzione principalmente sanzionatoria nei confronti della inerzia o della carenza del potere costituito.

La modifica degli artt. 9 e 41 Cost. in tema di ambiente: spunti dal dibattito francese sulla Carta dell'ambiente del 2004 tra diritti e principi

A. O. Cozzi
2021-01-01

Abstract

Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attualmente in corso, sulla base di alcuni spunti tratti dal procedimento di revisione costituzionale svolto in Francia tra il 2003 e il 2005, che ha condotto all’adozione di una Carta dell’ambiente cui rinvia il Preambolo della Costituzione del 1958. Anche la riforma francese, come l’attuale riforma italiana, nasceva dall’esigenza di introdurre norme di protezione ambientale nel parametro costituzionale che ne era privo. Il contributo si struttura in due parti. Nella prima, vengono sintetizzati alcuni aspetti della revisione costituzionale italiana sulla base dei lavori preparatori . Nel momento in cui si scrive, la proposta di legge di revisione costituzionale è stata approvata in seconda lettura al Senato ed è stata trasmessa per l’ultima lettura alla Camera, sicché vi è la ragionevole probabilità che il procedimento vada a buon fine. Il contributo prosegue analizzando l’origine e i contenuti della Carta dell’ambiente del 2004 per proporre alcuni spunti di comparazione relativi sia all’iter procedimentale che ai contenuti. Questi spunti possono essere sintetizzati nell’origine parlamentare della revisione italiana, mentre quella francese era frutto di una iniziativa governativa; nella articolazione ampia e strutturata della Carta francese, in quanto testo esterno al corpo della Costituzione e, tuttavia, proprio in ragione della sua autonomia, nella sua specializzazione, riferita solo alla disciplina ambientale. La revisione italiana, invece, integrando gli artt. 9 e 41 Cost., affianca nuovi principi, l’ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità, la tutela degli animali, ai principi già presenti nel testo costituzionale vigente, la cultura, la ricerca scientifica e tecnica, il paesaggio, il patrimonio culturale, e integra i limiti già esistenti all’iniziativa economica privata, consentendo tra loro contiguità e reciproca contaminazione secondo dinamiche già messe in luce dalla giurisprudenza costituzionale, per di più arricchite dal nuovo parametro introdotto dalla revisione, l’interesse delle future generazioni. Nella seconda parte del contributo, la comparazione si concentra su due profili che costituiscono il filo conduttore dell’analisi. In primo luogo, ci si sofferma sulla previa esistenza di un diritto costituzionale per l’ambiente nell’ordinamento italiano, antecedente alla revisione, che invece mancava nell’ordinamento francese, per il rifiuto del Conseil Constitutionnel di trarre norme implicite in materia ambientale in assenza di un esplicito riferimento costituzionale. In secondo luogo, si analizza la conformazione dei beni e interessi ricondotti all’ambiente, se fonti di diritti soggettivi o di principi oggettivi. Nel dibattito costituzionale francese si è particolarmente insistito, sia nei lavori preparatori, che nella dottrina, sul fatto che la Carta dell’ambiente doveva essere fonte di obiettivi per il legislatore e non di nuovi diritti soggettivi direttamente azionabili in giudizio, ad eccezione del principio di precauzione. A questo risultato mirava la descrizione di numerose norme della Carta come obiettivi di valore costituzionale, categoria da tempo enunciata dal Conseil Constitutionnel per indicare interessi di rilievo costituzionale che non possono dare origine a situazioni soggettive in assenza di intermediazione legislativa. Nella dottrina italiana antecedente alla riforma, di cui si ripercorreranno alcuni orientamenti, sono stati raggiunti esiti analoghi, pur senza le dottrine proprie dell’esperienza costituzionale francese. È da tempo acquisita, infatti, l’opinione per cui l’ambiente non è l’oggetto di un diritto soggettivo di portata generale e natura incerta, ma un principio oggettivo, o meglio un valore, da cui derivano anche posizioni soggettive specifiche per oggetto, destinatari e forme di tutela, ma la cui realizzazione passa essenzialmente per le politiche, sia settoriali in materia ambientale, sia trasversali, integrando valutazioni ambientali nei più diversi ambiti del vivere collettivo. Vi è, sin qui, una coincidenza tra la marcata attenzione del legislatore costituente francese per una riserva alla discrezionalità legislativa e gli orientamenti maggioritari della dottrina italiana. Tuttavia, tra i d.d.l. di revisione costituzionale alla base della attuale riforma, molti hanno ripresentato la connotazione dell’ambiente come diritto, diritto fondamentale della persona o diritto collettivo, riproponendo una contrapposizione, che si sarebbe immaginata desueta, tra diritto soggettivo e principio oggettivo. Questa contrapposizione è ritenuta da chi scrive impropria, poiché i principi sono generatori di norme in potenza, tra cui diritti soggettivi, e questa loro capacità generativa ne costituisce il tratto fondamentale . Nell’ultima parte del lavoro, tuttavia, ci si sofferma sulle ragioni del riemergere di questa distinzione. La rinnovata attenzione per la dimensione soggettiva dell’ambiente non appare un fenomeno isolato, se si pensa a recenti decisioni di corti europee ed extraeuropee, compresi giudici francesi, che hanno avuto particolare risonanza sulla stampa per aver riconosciuto veri e propri diritti soggettivi connessi all’ambiente, e più in generale all’emergere di un filone giurisprudenziale sintetizzato nell’espressione «giustizia climatica». Il contributo si conclude osservando che, sebbene certamente l’ambiente costituisca un concetto polidimensionale il cui inveramento, nelle sue componenti, richiede innanzitutto ed essenzialmente politiche pubbliche, vi è una radice incomprimibile nella tradizione del costituzionalismo, che periodicamente si propone nei più diversi ambiti, rappresentata dalla rivendicazione di diritti giustiziabili. Questa rivendicazione, come è già stato dimostrato in dottrina, ha una funzione principalmente sanzionatoria nei confronti della inerzia o della carenza del potere costituito.
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