Il presente contributo intende prendere in esame i rapporti esistenti fra il reg. Ue n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, e la dir. 2005/29/Ce in materia di pratiche commerciali sleali business to consumer. Prendendo le mosse dal rapporto di specialità fra il reg. Ue n. 1169/2011 e la dir. 2005/29/Ce, tale per cui, come affermato dal 5° considerando del regolamento, quest’ultimo è destinato ad integrare i precetti generali contenuti nella direttiva, è opportuno interrogarsi su come il coordinamento fra le due discipline operi nel concreto. In particolare, posto che le violazioni delle norme contenute nel reg. Ue n. 1169/2011 sembrano destinate a configurare tipologie specifiche di pratiche commerciali ingannevoli business to consumer, ci si chiede se, ai fini del giudizio di slealtà, tali violazioni integrino l’elenco di pratiche commerciali in ogni caso sleali, di cui all’allegato I della dir. 2005/29/Ce, oppure se sia necessario dimostrare la sussistenza dei requisiti generali di cui agli artt. 6 e 7 di quest’ultima, con particolare riferimento all’idoneità della pratica a falsare il comportamento economico del consumatore, tenuto conto delle circostanze del caso concreto. Tale questione assume particolare rilievo anche perché si presta ad incidere sul livello di tutela effettivamente accordato ai consumatori finali di alimenti. Nei casi in cui le violazioni del reg. Ue n. 1169/2011 si prestino ad essere inquadrate come specificazioni delle condotte ingannevoli di cui agli artt. 6 e 7 della dir. 2005/29/Ce, si pone, altresì, la necessità di individuare le caratteristiche percettive del consumatore finale di alimenti: non risulta chiaro, infatti, se tale figura vada identificata nel solo consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, ovvero se si debba considerare, in talune ipotesi, anche lo standard del c.d. consumatore vulnerabile, contemplato dalla dir. 2005/29/Ce.

La lealtà delle informazioni fornite ai consumatori sugli alimenti nel quadro della disciplina europea sulle pratiche commerciali sleali business to consumer. Alcuni profili di incertezza

Giulia De Luca
2021-01-01

Abstract

Il presente contributo intende prendere in esame i rapporti esistenti fra il reg. Ue n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, e la dir. 2005/29/Ce in materia di pratiche commerciali sleali business to consumer. Prendendo le mosse dal rapporto di specialità fra il reg. Ue n. 1169/2011 e la dir. 2005/29/Ce, tale per cui, come affermato dal 5° considerando del regolamento, quest’ultimo è destinato ad integrare i precetti generali contenuti nella direttiva, è opportuno interrogarsi su come il coordinamento fra le due discipline operi nel concreto. In particolare, posto che le violazioni delle norme contenute nel reg. Ue n. 1169/2011 sembrano destinate a configurare tipologie specifiche di pratiche commerciali ingannevoli business to consumer, ci si chiede se, ai fini del giudizio di slealtà, tali violazioni integrino l’elenco di pratiche commerciali in ogni caso sleali, di cui all’allegato I della dir. 2005/29/Ce, oppure se sia necessario dimostrare la sussistenza dei requisiti generali di cui agli artt. 6 e 7 di quest’ultima, con particolare riferimento all’idoneità della pratica a falsare il comportamento economico del consumatore, tenuto conto delle circostanze del caso concreto. Tale questione assume particolare rilievo anche perché si presta ad incidere sul livello di tutela effettivamente accordato ai consumatori finali di alimenti. Nei casi in cui le violazioni del reg. Ue n. 1169/2011 si prestino ad essere inquadrate come specificazioni delle condotte ingannevoli di cui agli artt. 6 e 7 della dir. 2005/29/Ce, si pone, altresì, la necessità di individuare le caratteristiche percettive del consumatore finale di alimenti: non risulta chiaro, infatti, se tale figura vada identificata nel solo consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, ovvero se si debba considerare, in talune ipotesi, anche lo standard del c.d. consumatore vulnerabile, contemplato dalla dir. 2005/29/Ce.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11390/1235408
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