Lo studio percorre l’opera del pied-noir algerino Jean Pélégri attraverso la lettura critica della sua ricezione italiana, sostanzialmente espressa dai lavori di una specialista prematuramente scomparsa, Anna Zoppellari. Ma il percorso fra questi studi, in dialogo con le non numerose benché approfondite indagini internazionali, è l’occasione per una rilettura del romanzo Le Maboul, e per l’elaborazione di nuove suggestioni di sviluppo critico. Con un’attenzione centrata sulla materialità della parola, in una prospettiva che, oltre che estetica, è etica e assiologica, l’analisi fa emergere, fra risonanze fonetiche e analogie, anacoluti, ex abrupto, sincopi sintattiche e giri di frase, la teatralizzazione di un ‘pensiero parlato’ che traduce la complessità del labirinto interiore della mente e diventa veicolo di una riflessione intima complessa sul destino e l’imponderabilità delle azioni umane. Costruito attorno al desiderio, alluso o dichiarato, di un luogo dall’impossibile approdo - metafora dell’irrealizzato sogno di una convivenza “solidaire et fraternelle” fra Francesi e Algerini, all’alba della guerra che porterà all’Indipendenza dell’Algeria -, il romanzo è riletto anche come racconto dello svanire delle utopie: il saggio individua nell’eterotopia disforica dell’ambiguità e della disillusione un’altra chiave di lettura del percorso esistenziale del protagonista di questo “livre de la tabula rasa”, insistentemente percorso dall’intonazione, autoreferenziale e dialogica ad un tempo, del ‘questionnement’.

"L'écriture comme transformation du sujet" : la réception italienne de l’œuvre de Jean Pélégri et nouvelles suggestions critiques

Francesca Todesco
2024-01-01

Abstract

Lo studio percorre l’opera del pied-noir algerino Jean Pélégri attraverso la lettura critica della sua ricezione italiana, sostanzialmente espressa dai lavori di una specialista prematuramente scomparsa, Anna Zoppellari. Ma il percorso fra questi studi, in dialogo con le non numerose benché approfondite indagini internazionali, è l’occasione per una rilettura del romanzo Le Maboul, e per l’elaborazione di nuove suggestioni di sviluppo critico. Con un’attenzione centrata sulla materialità della parola, in una prospettiva che, oltre che estetica, è etica e assiologica, l’analisi fa emergere, fra risonanze fonetiche e analogie, anacoluti, ex abrupto, sincopi sintattiche e giri di frase, la teatralizzazione di un ‘pensiero parlato’ che traduce la complessità del labirinto interiore della mente e diventa veicolo di una riflessione intima complessa sul destino e l’imponderabilità delle azioni umane. Costruito attorno al desiderio, alluso o dichiarato, di un luogo dall’impossibile approdo - metafora dell’irrealizzato sogno di una convivenza “solidaire et fraternelle” fra Francesi e Algerini, all’alba della guerra che porterà all’Indipendenza dell’Algeria -, il romanzo è riletto anche come racconto dello svanire delle utopie: il saggio individua nell’eterotopia disforica dell’ambiguità e della disillusione un’altra chiave di lettura del percorso esistenziale del protagonista di questo “livre de la tabula rasa”, insistentemente percorso dall’intonazione, autoreferenziale e dialogica ad un tempo, del ‘questionnement’.
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