Nel primo episodio di Call my agent Italia (SKY Italia, 2023), l’attrice Paola Cortellesi, nei panni di sé stessa, è al centro di una complicata negoziazione per aggiudicarsi il ruolo di protagonista femminile nella “Game of thrones proto-etrusca” che sta per essere girata a Tarquinia. La produzione americana, dopo un primo interessamento, decide di non ingaggiare Cortellesi perché “troppo vecchia” rispetto al protagonista maschile, il divo Brad Pitt. Inutili le proteste dell’agente di Cortellesi, che sottolinea come l’attrice sia anagraficamente più giovane del divo americano di ben dieci anni. Alla fine, le parti raggiungono un compromesso, che prevede che l’interprete italiana si sottoponga a un intervento estetico al viso per ringiovanirne l’aspetto. L’episodio, che traspone nello stardom italiano la trama dell’originale francese Dix pour cent (France 2, 2015-2020) con protagonista Cécile de France, illustra con affilata ironia il «doppio standard» (Sontag, 1972) cui sono soggetti donne e uomini nel corso del processo di invecchiamento. Questo è tanto più vero per la professione di attrice il cui «lavoro estetico» (aesthetic labour, cfr. Warhurst et al., 2000) è da sempre modellato su un canone di attrattività (etero)sessuale per lo più improntato alla giovinezza (Masecchia, 2017). Eppure, i dati sul progressivo invecchiamento della popolazione – più 3% di cittadini over 65 in Italia e nella media EU tra 2011 e 2021 (EUROSTAT) – invitano a una riflessione sempre più urgente (come sottolineato da De Rosa, Mandelli, Re, 2021) su come l’industria audiovisiva si relaziona con l’aging inteso come fenomeno socioculturale e come processo biologico riguardante non solo i propri consumatori, ma anche i professionisti. Nel cinema statunitense, per esempio, l’età media degli interpreti principali è salita da 39,9 nel 2006 a 45 nel 2015 con un divario di sei anni fra attori (età media 42.8 nel 2016) e attrici (36.7 anni) (Follows, novembre 2016). In che misura questo fenomeno demografico gioca un ruolo nelle decisioni strategico-industriali dei player del settore e nelle politiche audiovisive pubbliche? Quanti e come sono i ruoli scritti per interpreti di età avanzata e come si differenziano in base al gender, ai generi, alle piattaforme? E ancora: quali sono le prospettive di sostenibilità nel tempo di una carriera attoriale per i giovani talenti? Come viene articolato il discorso pubblico intorno alla star persona (Dyer, 1979) delle dive e dei divi che invecchiano, anche e soprattutto in relazione alle proprie co-star più giovani? Muovendo dalla cornice teorica della gerontologia culturale applicata alle industrie audiovisive, e combinando strumenti di analisi testuale e di production studies, questo contributo si propone di esplorare queste domande e di avanzare alcune proposte metodologiche facendo riferimento a casi di studio tratti dalla serialità italiana e internazionale contemporanea. Il contributo si inserisce nell’ambito del progetto di ricerca transnazionale AGE-C Ageing and Gender in European Cinema, avviato nel settembre 2022 (PL Prof. Vinzenz Hediger UNI Frankfurt, PI per l’unità italiana Prof. Francesco Pitassio UNIUD).

"Aging / Emerging. Rappresentazione, politica e rapporti intergenerazionali nell’attorialità italiana contemporanea" relazione presentata al convegno "Ma faccio anche teatro!" Attorialità italiana e televisione (March 27-28, 2023), Università degli studi di Bologna, 27-28 marzo 2023.

Gloria Dagnino
2023-01-01

Abstract

Nel primo episodio di Call my agent Italia (SKY Italia, 2023), l’attrice Paola Cortellesi, nei panni di sé stessa, è al centro di una complicata negoziazione per aggiudicarsi il ruolo di protagonista femminile nella “Game of thrones proto-etrusca” che sta per essere girata a Tarquinia. La produzione americana, dopo un primo interessamento, decide di non ingaggiare Cortellesi perché “troppo vecchia” rispetto al protagonista maschile, il divo Brad Pitt. Inutili le proteste dell’agente di Cortellesi, che sottolinea come l’attrice sia anagraficamente più giovane del divo americano di ben dieci anni. Alla fine, le parti raggiungono un compromesso, che prevede che l’interprete italiana si sottoponga a un intervento estetico al viso per ringiovanirne l’aspetto. L’episodio, che traspone nello stardom italiano la trama dell’originale francese Dix pour cent (France 2, 2015-2020) con protagonista Cécile de France, illustra con affilata ironia il «doppio standard» (Sontag, 1972) cui sono soggetti donne e uomini nel corso del processo di invecchiamento. Questo è tanto più vero per la professione di attrice il cui «lavoro estetico» (aesthetic labour, cfr. Warhurst et al., 2000) è da sempre modellato su un canone di attrattività (etero)sessuale per lo più improntato alla giovinezza (Masecchia, 2017). Eppure, i dati sul progressivo invecchiamento della popolazione – più 3% di cittadini over 65 in Italia e nella media EU tra 2011 e 2021 (EUROSTAT) – invitano a una riflessione sempre più urgente (come sottolineato da De Rosa, Mandelli, Re, 2021) su come l’industria audiovisiva si relaziona con l’aging inteso come fenomeno socioculturale e come processo biologico riguardante non solo i propri consumatori, ma anche i professionisti. Nel cinema statunitense, per esempio, l’età media degli interpreti principali è salita da 39,9 nel 2006 a 45 nel 2015 con un divario di sei anni fra attori (età media 42.8 nel 2016) e attrici (36.7 anni) (Follows, novembre 2016). In che misura questo fenomeno demografico gioca un ruolo nelle decisioni strategico-industriali dei player del settore e nelle politiche audiovisive pubbliche? Quanti e come sono i ruoli scritti per interpreti di età avanzata e come si differenziano in base al gender, ai generi, alle piattaforme? E ancora: quali sono le prospettive di sostenibilità nel tempo di una carriera attoriale per i giovani talenti? Come viene articolato il discorso pubblico intorno alla star persona (Dyer, 1979) delle dive e dei divi che invecchiano, anche e soprattutto in relazione alle proprie co-star più giovani? Muovendo dalla cornice teorica della gerontologia culturale applicata alle industrie audiovisive, e combinando strumenti di analisi testuale e di production studies, questo contributo si propone di esplorare queste domande e di avanzare alcune proposte metodologiche facendo riferimento a casi di studio tratti dalla serialità italiana e internazionale contemporanea. Il contributo si inserisce nell’ambito del progetto di ricerca transnazionale AGE-C Ageing and Gender in European Cinema, avviato nel settembre 2022 (PL Prof. Vinzenz Hediger UNI Frankfurt, PI per l’unità italiana Prof. Francesco Pitassio UNIUD).
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