Nell’ottica medievale, attraverso i lasciti pro anima elargiti per via testamentaria i fedeli avrebbero potuto trarre giovamento nella prospettiva della salvezza eterna grazie all’impiego del denaro accumulato in vita nella realizzazione di opere pie. Come è stato dimostrato a proposito di molte realtà urbane, tra le varie forme di espressione della devozione talvolta possono comparire le richieste relative all’ornamento di altari o sepolture, secondo le precise volontà dichiarate dai devoti laici nei propri testamenti o in base alle necessità degli enti religiosi. In questa indagine sulla committenza nell’ambito dell’Ordine dei Minori a Venezia, contesto finora scarsamente considerato dagli studi, l’esame di un nutrito campione di atti testamentari redatti nel corso del Trecento ha permesso di offrire uno spaccato delle manifestazioni della fede della società veneziana dell’epoca e dell’attaccamento nei confronti dei religiosi da parte dei laici, che si estese senza conoscere confini sociali, incontrando il favore sia dei ceti nobiliari sia di quelli di più bassa estrazione. L’edificazione dell’attuale chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari, principiata agli inizi del quarto decennio del XIV secolo, costituì per svariati benefattori un’occasione per poter contribuire finanziariamente alla costruzione e alla decorazione della nuova chiesa. Dopo aver richiamato le principali fasi costruttive note della chiesa, si sono dunque delineate le maggiori tendenze dei testatori individuando le varie tipologie delle elemosine emerse nel corso della ricerca, mettendo inoltre in rilievo le scelte relative ai vari spazi destinati all’inumazione. I numerosi dati raccolti hanno infatti messo in luce la grande quantità di richieste di sepoltura presso varie zone dell’insediamento, che da un lato offre degli spunti di riflessione in merito all’andamento dei lavori dell’ecclesia nova, e dall’altro permette anche di attestare la presenza di monumenti funebri e altari privati in contesti più insoliti. A questo proposito è stato individuato l’interessante caso, finora inedito, di un altare posto nell’infermeria del convento dinanzi al quale il suo patrono Pietro Badoer aveva predisposto la collocazione della propria arca. Fin dove la documentazione lo ha consentito, si sono inoltre approfondite le vicende di monumenti tuttora esistenti come le tombe di Simonetto e Francesco Dandolo, e si sono rinvenute informazioni su committenze di opere andate perdute, di cui altrimenti non si avrebbe avuto notizia. Infine, è stato proposto per alcuni frati, i cui nomi ricorrono spesso negli atti testamentari, l’eventualità di un coinvolgimento attivo nella gestione delle elemosine pro anima.

Lasciti pro anima, espressioni devozionali e committenza artistica ai Frari: una prima indagine sui testamenti veneziani del Trecento

Elena Khalaf
2023-01-01

Abstract

Nell’ottica medievale, attraverso i lasciti pro anima elargiti per via testamentaria i fedeli avrebbero potuto trarre giovamento nella prospettiva della salvezza eterna grazie all’impiego del denaro accumulato in vita nella realizzazione di opere pie. Come è stato dimostrato a proposito di molte realtà urbane, tra le varie forme di espressione della devozione talvolta possono comparire le richieste relative all’ornamento di altari o sepolture, secondo le precise volontà dichiarate dai devoti laici nei propri testamenti o in base alle necessità degli enti religiosi. In questa indagine sulla committenza nell’ambito dell’Ordine dei Minori a Venezia, contesto finora scarsamente considerato dagli studi, l’esame di un nutrito campione di atti testamentari redatti nel corso del Trecento ha permesso di offrire uno spaccato delle manifestazioni della fede della società veneziana dell’epoca e dell’attaccamento nei confronti dei religiosi da parte dei laici, che si estese senza conoscere confini sociali, incontrando il favore sia dei ceti nobiliari sia di quelli di più bassa estrazione. L’edificazione dell’attuale chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari, principiata agli inizi del quarto decennio del XIV secolo, costituì per svariati benefattori un’occasione per poter contribuire finanziariamente alla costruzione e alla decorazione della nuova chiesa. Dopo aver richiamato le principali fasi costruttive note della chiesa, si sono dunque delineate le maggiori tendenze dei testatori individuando le varie tipologie delle elemosine emerse nel corso della ricerca, mettendo inoltre in rilievo le scelte relative ai vari spazi destinati all’inumazione. I numerosi dati raccolti hanno infatti messo in luce la grande quantità di richieste di sepoltura presso varie zone dell’insediamento, che da un lato offre degli spunti di riflessione in merito all’andamento dei lavori dell’ecclesia nova, e dall’altro permette anche di attestare la presenza di monumenti funebri e altari privati in contesti più insoliti. A questo proposito è stato individuato l’interessante caso, finora inedito, di un altare posto nell’infermeria del convento dinanzi al quale il suo patrono Pietro Badoer aveva predisposto la collocazione della propria arca. Fin dove la documentazione lo ha consentito, si sono inoltre approfondite le vicende di monumenti tuttora esistenti come le tombe di Simonetto e Francesco Dandolo, e si sono rinvenute informazioni su committenze di opere andate perdute, di cui altrimenti non si avrebbe avuto notizia. Infine, è stato proposto per alcuni frati, i cui nomi ricorrono spesso negli atti testamentari, l’eventualità di un coinvolgimento attivo nella gestione delle elemosine pro anima.
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