Nonostante la Strategia Farm to Fork assegni un ruolo centrale alle scelte d'acquisto dei consumatori finali per promuovere la sostenibilità nel settore alimentare, l'assenza di una definizione di alimento sostenibile e l'incertezza in merito agli indicatori ai quali ricondurre le diverse dimensioni di cui si compone tale concetto finiscono per favorire la diffusione di strategie di marketing opache, di cui non sempre è facile stabilire la lealtà. Nell'indagare la comunicazione di sostenibilità nel settore alimentare, sembra opportuno, quindi, riconsiderare il complesso rapporto fra il reg. UE n. 1169/2011 e la dir. 2005/29/CE, chiedendosi in quali termini la mancanza di indici di riferimento per la valutazione della sostenibilità dei prodotti alimentari possa incidere sull'applicazione dei parametri sui quali si struttura il divieto di realizzare pratiche sleali business to consumer. A tal proposito, risultano di particolare interesse le novità introdotte dalle dir. UE 2024/825, che, nel modificare le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE, ha inteso "responsabilizzare" i consumatori nella transizione verde. In particolare, alla luce delle ambiziose finalità del Green Deal si pone la necessità di comprendere se le disposizioni di cui alla dir. UE 2024/825 possano avere un'incidenza positiva sul profilo della tutela dei consumatori finali di alimenti rispetto alla diffusione di pratiche di greenwashing e di fairwashing, oppure se vi sia l'esigenza di apprestare soluzioni normative in parte diverse, che tengano conto della specificità del settore alimentare.

Sostenibilità e pratiche leali di informazione

Giulia De Luca
2025-01-01

Abstract

Nonostante la Strategia Farm to Fork assegni un ruolo centrale alle scelte d'acquisto dei consumatori finali per promuovere la sostenibilità nel settore alimentare, l'assenza di una definizione di alimento sostenibile e l'incertezza in merito agli indicatori ai quali ricondurre le diverse dimensioni di cui si compone tale concetto finiscono per favorire la diffusione di strategie di marketing opache, di cui non sempre è facile stabilire la lealtà. Nell'indagare la comunicazione di sostenibilità nel settore alimentare, sembra opportuno, quindi, riconsiderare il complesso rapporto fra il reg. UE n. 1169/2011 e la dir. 2005/29/CE, chiedendosi in quali termini la mancanza di indici di riferimento per la valutazione della sostenibilità dei prodotti alimentari possa incidere sull'applicazione dei parametri sui quali si struttura il divieto di realizzare pratiche sleali business to consumer. A tal proposito, risultano di particolare interesse le novità introdotte dalle dir. UE 2024/825, che, nel modificare le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE, ha inteso "responsabilizzare" i consumatori nella transizione verde. In particolare, alla luce delle ambiziose finalità del Green Deal si pone la necessità di comprendere se le disposizioni di cui alla dir. UE 2024/825 possano avere un'incidenza positiva sul profilo della tutela dei consumatori finali di alimenti rispetto alla diffusione di pratiche di greenwashing e di fairwashing, oppure se vi sia l'esigenza di apprestare soluzioni normative in parte diverse, che tengano conto della specificità del settore alimentare.
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