Questo scritto riguarda gli accordi processuali, tema che non ha goduto di particolare attenzione nella dottrina italiana, a causa inter alia del rifiuto da parte di questa – a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo – della categoria del negozio processuale, di cui l’accordo processuale costituisce una species. Indicate le ragioni per cui risultano superabili le critiche mosse al negozio processuale, lo scritto prosegue rilevando che gli accordi processuali sono soltanto quelli muniti di efficacia dispositiva, che producono effetti immediati e diretti su situazioni giuridiche processuali, non anche quelli con efficacia obbligatoria, che obbligano le parti a tenere od omettere una determinata condotta nel giudizio. Questi ultimi – nonostante l’opinione della maggioritaria dottrina tedesca – vanno più congruamente ricondotti entro il diritto sostanziale, essendo dei veri e propri contratti, il cui inadempimento non determinerà conseguenze processuali, ma solo l’obbligazione di risarcire il danno ex art. 1218 c.c. Sulla base di tale premessa, si compie una ricognizione dei principali accordi processuali riconosciuti nel nostro ordinamento, per poi interrogarsi sul se siano ammessi altresì accordi atipici, confrontandosi col dibattito sviluppatosi al riguardo in Germania e, in misura assai più limitata, in Italia. La risposta positiva si fonda sul rilievo che i due principali orientamenti liberali sul punto – quello che consente accordi atipici, a fronte di norme di diritto processuale dispositivo, e quello che reputa l’autonomia privata capace di esplicarsi pienamente anche in campo processuale, salvo il limite delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume – conducono a risultati identici, una volta che si concordi sul carattere (imperativo o dispositivo) di una determinata norma processuale. Lo scritto si conclude esaminando il regime giuridico cui sono soggetti gli accordi processuali, il quale, a fronte delle lacune di disciplina ravvisabili nella legge processuale con riguardo ai differenti accordi, dovrà essere ricavato mediante il ricorso all’analogia legis. In primis dovrà vagliarsi se le norme dettate per alcuni accordi tipici possano trovare applicazione analogica ad altri accordi, tanto tipici (per i quali la legge prevede un regime più scarno), quanto atipici; in subordine si dovrà verificare l’operatività, sempre in via analogica, delle norme sugli atti processuali in senso stretto; da ultimo, in via residuale, potranno venire in rilevo le norme stabilite dal codice civile per i contratti in generale.
Gli accordi processuali nell'ordinamento italiano
Luca Penasa
2025-01-01
Abstract
Questo scritto riguarda gli accordi processuali, tema che non ha goduto di particolare attenzione nella dottrina italiana, a causa inter alia del rifiuto da parte di questa – a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo – della categoria del negozio processuale, di cui l’accordo processuale costituisce una species. Indicate le ragioni per cui risultano superabili le critiche mosse al negozio processuale, lo scritto prosegue rilevando che gli accordi processuali sono soltanto quelli muniti di efficacia dispositiva, che producono effetti immediati e diretti su situazioni giuridiche processuali, non anche quelli con efficacia obbligatoria, che obbligano le parti a tenere od omettere una determinata condotta nel giudizio. Questi ultimi – nonostante l’opinione della maggioritaria dottrina tedesca – vanno più congruamente ricondotti entro il diritto sostanziale, essendo dei veri e propri contratti, il cui inadempimento non determinerà conseguenze processuali, ma solo l’obbligazione di risarcire il danno ex art. 1218 c.c. Sulla base di tale premessa, si compie una ricognizione dei principali accordi processuali riconosciuti nel nostro ordinamento, per poi interrogarsi sul se siano ammessi altresì accordi atipici, confrontandosi col dibattito sviluppatosi al riguardo in Germania e, in misura assai più limitata, in Italia. La risposta positiva si fonda sul rilievo che i due principali orientamenti liberali sul punto – quello che consente accordi atipici, a fronte di norme di diritto processuale dispositivo, e quello che reputa l’autonomia privata capace di esplicarsi pienamente anche in campo processuale, salvo il limite delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume – conducono a risultati identici, una volta che si concordi sul carattere (imperativo o dispositivo) di una determinata norma processuale. Lo scritto si conclude esaminando il regime giuridico cui sono soggetti gli accordi processuali, il quale, a fronte delle lacune di disciplina ravvisabili nella legge processuale con riguardo ai differenti accordi, dovrà essere ricavato mediante il ricorso all’analogia legis. In primis dovrà vagliarsi se le norme dettate per alcuni accordi tipici possano trovare applicazione analogica ad altri accordi, tanto tipici (per i quali la legge prevede un regime più scarno), quanto atipici; in subordine si dovrà verificare l’operatività, sempre in via analogica, delle norme sugli atti processuali in senso stretto; da ultimo, in via residuale, potranno venire in rilevo le norme stabilite dal codice civile per i contratti in generale.| File | Dimensione | Formato | |
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L. Penasa, in Riv. dir. proc., 2025, 502 ss.pdf
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