La nota alle sentenze del Tribunale di Trieste, analizza entrambe le decisioni sottolineando alcuni profili di concreto interesse. Viene infatti evidenziata in modo critico la grossolana imprecisione cui sono incorsi i giudicanti nella determinazione della disciplina applicabile. Sebbene abbiano correttamente qualificato le azioni svolte come attività di soccorso hanno commesso un incredibile errore in tema di legge applicabile, ricorrendo alla disciplina codicistica in luogo della convenzione di Londra del 1989, entrata in vigore in Italia nel 1997. Tale errore ripercuote i suoi effetti principalmente sulla determinazione del compenso dovuto per l’attività svolta. Se da una lato quindi si dà atto dell’accortezza del Giudice nell’individuare la fattispecie applicabile e nel determinare i corretti presupposti per l’individuazione del discrimine tra la diversa configurazione delle attività succedutesi, in particolare in uno dei casi giudicati, dall’altro non ci si può esimere dal criticare un’applicazione assolutamente errata delle normative che l’ordinamento pone proprio a disciplina delle fattispecie, precedentemente correttamente identificate, con considerevole pregiudizio per la parte soccorritrice. Tale pregiudizio risulta peraltro ulteriormente aggravato dal successivo errore che ha causato la non corretta applicazione della norma individuata. Secondo il diritto vigente infatti, contrariamente alla decisione del Giudice, oggetto del soccorso avrebbe dovuto essere sia la nave che carico. Concludendo, la sentenza in riferimento può essere valorizzata come momento significativo della svalutazione del concetto di spedizione marittima, individuando, quale oggetto del soccorso i singoli beni della spedizione, ovvero la nave, estendendo la nozione ai beni collocati al di fuori dell’ambiente acqueo.

In tema di soccorso in mare: disciplina normativa applicabile; individuazione dei soggetti debitori; esigenza di diffusione della conoscenza del diritto della navigazione. Nota a Trib. Trieste 19 e 20 marzo 2009

LOBIANCO, Rocco
2009-01-01

Abstract

La nota alle sentenze del Tribunale di Trieste, analizza entrambe le decisioni sottolineando alcuni profili di concreto interesse. Viene infatti evidenziata in modo critico la grossolana imprecisione cui sono incorsi i giudicanti nella determinazione della disciplina applicabile. Sebbene abbiano correttamente qualificato le azioni svolte come attività di soccorso hanno commesso un incredibile errore in tema di legge applicabile, ricorrendo alla disciplina codicistica in luogo della convenzione di Londra del 1989, entrata in vigore in Italia nel 1997. Tale errore ripercuote i suoi effetti principalmente sulla determinazione del compenso dovuto per l’attività svolta. Se da una lato quindi si dà atto dell’accortezza del Giudice nell’individuare la fattispecie applicabile e nel determinare i corretti presupposti per l’individuazione del discrimine tra la diversa configurazione delle attività succedutesi, in particolare in uno dei casi giudicati, dall’altro non ci si può esimere dal criticare un’applicazione assolutamente errata delle normative che l’ordinamento pone proprio a disciplina delle fattispecie, precedentemente correttamente identificate, con considerevole pregiudizio per la parte soccorritrice. Tale pregiudizio risulta peraltro ulteriormente aggravato dal successivo errore che ha causato la non corretta applicazione della norma individuata. Secondo il diritto vigente infatti, contrariamente alla decisione del Giudice, oggetto del soccorso avrebbe dovuto essere sia la nave che carico. Concludendo, la sentenza in riferimento può essere valorizzata come momento significativo della svalutazione del concetto di spedizione marittima, individuando, quale oggetto del soccorso i singoli beni della spedizione, ovvero la nave, estendendo la nozione ai beni collocati al di fuori dell’ambiente acqueo.
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