Si sta ormai consolidando l’orientamento interpretativo, in seno alla Corte di Giustizia UE, nel senso di enfatizzare la rilevanza, e quindi il relativo ambito di tutela, dei diritti fondamentali stabiliti dal Trattato UE, con particolare riferimento, per quanto qui interessa, a quelli che mirano ad evitare discriminazioni fondate sulla residenza. Peraltro, nel corso degli anni, si è assistito ad un mutamento di prospettiva nelle eccezioni di illegittimità comunitaria delle norme di diritto interno sospettate di condurre a irragionevoli disuguaglianze; in particolare, è stato via via abbandonato il riferimento al divieto di discriminazione, per le difficoltà connesse alla individuazione del necessario, in tal senso, tertium comparationis. Così, come accaduto nella fattispecie oggetto del presente commento, l’attenzione è stata rivolta ai più diretti principi di divieto di limitazione alla circolazione di capitali, beni e persone; a questo punto, l’esame si sposta sul bilanciamento tra la illegittimità della differenza di disciplina fondata sulla residenza (ciò che, nelle imposte dirette, rappresenta la assoluta regola strutturale) e la sua giustificabilità in termini di coerenza del sistema di diritto interno. E la Corte di Giustizia, con il tempo, sta sempre più attribuendo maggior peso alla prima rispetto alla seconda, continuando travolgere molte delle norme di diritto tributario del singolo Stato

Interessi “in uscita” al vaglio della Corte di Giustizia tra (non) discriminazione e libera circolazione dei capitali

PORCARO, Gianpiero
2010-01-01

Abstract

Si sta ormai consolidando l’orientamento interpretativo, in seno alla Corte di Giustizia UE, nel senso di enfatizzare la rilevanza, e quindi il relativo ambito di tutela, dei diritti fondamentali stabiliti dal Trattato UE, con particolare riferimento, per quanto qui interessa, a quelli che mirano ad evitare discriminazioni fondate sulla residenza. Peraltro, nel corso degli anni, si è assistito ad un mutamento di prospettiva nelle eccezioni di illegittimità comunitaria delle norme di diritto interno sospettate di condurre a irragionevoli disuguaglianze; in particolare, è stato via via abbandonato il riferimento al divieto di discriminazione, per le difficoltà connesse alla individuazione del necessario, in tal senso, tertium comparationis. Così, come accaduto nella fattispecie oggetto del presente commento, l’attenzione è stata rivolta ai più diretti principi di divieto di limitazione alla circolazione di capitali, beni e persone; a questo punto, l’esame si sposta sul bilanciamento tra la illegittimità della differenza di disciplina fondata sulla residenza (ciò che, nelle imposte dirette, rappresenta la assoluta regola strutturale) e la sua giustificabilità in termini di coerenza del sistema di diritto interno. E la Corte di Giustizia, con il tempo, sta sempre più attribuendo maggior peso alla prima rispetto alla seconda, continuando travolgere molte delle norme di diritto tributario del singolo Stato
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