I sistemi di allevamento “innovativi” imposti dalla direttiva emanata nel 1999 dal Consiglio dell’Unione Europea (Dir. 1999/74/CE) mirano ad un miglioramento della “qualità della vita” delle galline, assicurando loro la possibilità di esprimere comportamenti “naturali” attraverso una minor intensità di allevamento, la possibilità di razzolare per la presenza di lettiera e la possibilità di deporre le uova in nidi appartati. Recenti ricerche, tuttavia, hanno evidenziato come, alle positive considerazioni sull’aspetto comportamentale, possano accompagnarsi alcuni aspetti negativi. In particolare, alcuni studi condotti sui sistemi di allevamento a “gabbie arricchite” hanno evidenziato un aumento dei casi di rottura del guscio e/o peggiori caratteristiche qualitative in seguito all’elevata incidenza di uova sporche, conseguenti alla deposizione fuori nido ed in particolare sulla lettiera (Alvey et al. 1996). Il Dipartimento di Scienze agrarie ed ambientali dell’Università di Udine, nell’ambito di un progetto di ricerca co-finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, ha svolto numerosi rilievi sperimentali in allevamenti alternativi “al suolo”, finalizzati principalmente alla verifica della loro sostenibilità ambientale. I risultati della ricerca hanno confermato livelli produttivi accettabili, accompagnati, però, ad una serie di problematiche igieniche, gestionali ed ambientali. In particolare, nei sistemi di allevamento al suolo sono state evidenziate più elevate concentrazioni di ammoniaca e polveri nell’ambiente di stabulazione, con riflessi negativi sugli animali, sulle condizioni di lavoro degli operatori e sull’ambiente. L’applicazione di un modello sulla diffusione delle emissioni inquinanti in atmosfera ha permesso di stimare l’effetto dei rilasci di ammoniaca in funzione di diverse situazioni atmosferiche, diverse tecniche di allevamento e diversi sistemi di ventilazione. Le emissioni di ammoniaca sono risultate comprese tra 0,333 e 0,372 kg NH3/capo.anno. Tali risultati sono lievemente superiori a quanto recentemente pubblicato dalla EU nel Bref (Best Available Techniques Reference manual) redatto nell’ambito della Direttiva 1996/61/CE, meglio nota come IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) e confermano come, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, i sistemi di allevamento al suolo non possano essere considerati come migliori tecniche disponibili.

Sostenibilità ambientale degli allevamenti di galline ovaiole

DA BORSO, Francesco;CHIUMENTI, Alessandro;
2004-01-01

Abstract

I sistemi di allevamento “innovativi” imposti dalla direttiva emanata nel 1999 dal Consiglio dell’Unione Europea (Dir. 1999/74/CE) mirano ad un miglioramento della “qualità della vita” delle galline, assicurando loro la possibilità di esprimere comportamenti “naturali” attraverso una minor intensità di allevamento, la possibilità di razzolare per la presenza di lettiera e la possibilità di deporre le uova in nidi appartati. Recenti ricerche, tuttavia, hanno evidenziato come, alle positive considerazioni sull’aspetto comportamentale, possano accompagnarsi alcuni aspetti negativi. In particolare, alcuni studi condotti sui sistemi di allevamento a “gabbie arricchite” hanno evidenziato un aumento dei casi di rottura del guscio e/o peggiori caratteristiche qualitative in seguito all’elevata incidenza di uova sporche, conseguenti alla deposizione fuori nido ed in particolare sulla lettiera (Alvey et al. 1996). Il Dipartimento di Scienze agrarie ed ambientali dell’Università di Udine, nell’ambito di un progetto di ricerca co-finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, ha svolto numerosi rilievi sperimentali in allevamenti alternativi “al suolo”, finalizzati principalmente alla verifica della loro sostenibilità ambientale. I risultati della ricerca hanno confermato livelli produttivi accettabili, accompagnati, però, ad una serie di problematiche igieniche, gestionali ed ambientali. In particolare, nei sistemi di allevamento al suolo sono state evidenziate più elevate concentrazioni di ammoniaca e polveri nell’ambiente di stabulazione, con riflessi negativi sugli animali, sulle condizioni di lavoro degli operatori e sull’ambiente. L’applicazione di un modello sulla diffusione delle emissioni inquinanti in atmosfera ha permesso di stimare l’effetto dei rilasci di ammoniaca in funzione di diverse situazioni atmosferiche, diverse tecniche di allevamento e diversi sistemi di ventilazione. Le emissioni di ammoniaca sono risultate comprese tra 0,333 e 0,372 kg NH3/capo.anno. Tali risultati sono lievemente superiori a quanto recentemente pubblicato dalla EU nel Bref (Best Available Techniques Reference manual) redatto nell’ambito della Direttiva 1996/61/CE, meglio nota come IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) e confermano come, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, i sistemi di allevamento al suolo non possano essere considerati come migliori tecniche disponibili.
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